Verdetto dell’Alta Corte: tempo di riflessioni

«Sei contento ora che non c’è più Morzenti?» mi ha chiesto più di un lettore all’indomani della sentenza dell’Alta Corte del CONI. Inizialmente mi sono trovato senza risposta, dopo averci riflettuto un paio di giorni, la mia risposta è no. Non sono contento affatto. Questa non è una sconfitta personale del signor Morzenti e delle persone che gli sono state fedeli, nemmeno di quelli che l’hanno votato. È una sconfitta di tutto il mondo dello sci. Credo sia opportuno scindere ciò che riguarda la gestione della cosa federale ed il conseguente giudizio sul merito, dalla sentenza dell’Alta Corte del CONI. Qui si parla di Assemblea Federale, che per definizione comprende tutti i tesserati. Non ci sono bravi che possono esultare e cattivi che vanno a casa con la coda tra le gambe. Siamo alle solite: è l’Italia in cui viviamo, a cui, invece di ribellarci, ci stiamo piano piano abituando, l’Italia in cui c’è sempre un furbo che cerca la scorciatoia, c’è sempe l’amico di qualcun altro che mette a posto le cose.

L’ESEMPIO DELLA POLITICA – Funziona tutto così, dalla politica all’economia, e la cosa grave è che non ci si stupisce nemmeno più. Già, la politica. Una specie di piovra che allunga i tentacoli su tutto: che cosa c’entrano le dichiarazioni entusiastiche del Ministro degli Esteri, Franco Frattini, il giorno della sentenza, apparse su più quotidiani? Cosa c’entrano con lo sport e con la montagna? Un ministro della Repubblica può esultare perché un’Assemblea Federale viene invalidata per brogli elettorali? Politica che affonda le sue spire nella dietrologia, nelle situazioni così chiare per chi manovra, sempre oscure per chi le deve valutare: si sta nel campo delle ipotesi, si scrive rigorosamente al condizionale. Vien da chiedersi come mai lo sci club Sai Roma sia stato colto da una voglia irrefrenabile di giustizia, al punto da spingere la questione sempre più avanti, a rischio di trovarsi a pagare somme davvero ingenti in caso di verdetto negativo. Intento nobile, indubbiamente, da qualcuno i segnali di cambiamento devono pur venire. È che siamo talmente abituati al contrario, che a pensare male alla fine si finisce per indovinare. Insomma, spiacerebbe rendersi conto che Morzenti è stato ‘fatto fuori’ per regolamenti di conti, con il solito pesce più grande che mangia quello più piccolo. È vero, lo stesso meccanismo il presidente uscente l’ha messo in atto nei confronti di Claudio Ravetto, giuisto per citare il caso che ha fatto più ‘rumore’ negli ultimi mesi. Ma sarebbe stata preferibile una fine ‘fisiologica’ di questo mandato, viste le spaccature interne sempre più insanabili nel consiglio, i conflitti con i comitati organizzatori della Coppa del Mondo e i mancati introiti legati alla questione Vuarnet.

E ADESSO? – L’avventura di Gianni Morzenti finisce ancora una volta in commissariamento, così come era iniziata: candidato unico alla successione di Gaetano Coppi (che era commissariato), commissariato a sua volta, così come già era avvenuto ai tempi della presidenza del Comitato AOC. Destino strano per un uomo che di professione fa il liquidatore, in un certo senso una versione del ruolo di commissario. La Federazione, ora, tutta quanta, si troverà a pagare le spese processuali, a trascorrere una stagione a regime di sopravvivenza, di fatto congelata nell’amministrazione ordinaria. Qualcuno esulta per un possibile ritorno di Ravetto, ma non è la stessa cosa. È un po’ come quando nei rapporti si rompe qualcosa, la classica ‘minestra riscaldata’. L’unica cosa che potrebbe farci sperare in un futuro migliore è che probabilmente qui si è toccato il fondo in fatto di tensioni, contrapposizioni, veleni: l’esempio della politica ‘vera’ è stato seguito alla perfezione.

LA FISI CHE VERRA’ –
Avanti dunque qualcuno che abbia voglia di cambiare, si auspica, ma chi può essere così ‘pollo’ da cascarci? Qualcuno che abbia voglia di viaggiare in Audi a spese della federazione, di avere trasferte e alberghi pagati, un po’ di fama e notorietà. Perché chi altro potrebbe avere tempo e voglia, nel 2011, di rubare tempo alla propria attività lavorativa, alla famiglia, al poco tempo libero, per fare del volontariato nella Federazione Italiana Sport Invernali? Smettiamola di credere alle favole, alla leggenda dei ‘quattro miliardari’ – che ho sentito troppe volte raccontare nell’ambiente – che sarebbero pronti a mettere in pista un fantomatico manager in grado di gestire la Fisi. Non è un’azienda, il presidente non percepisce stipendio, le persone capaci hanno altro da fare nella vita. Già, perché tirando le somme, il CONI ha sì annullato l’Assemblea Federale e di fatto azzerato i vertici federali, ma questo è un autogoal al sistema. È un po’ come sottolineare che il meccanismo non funziona, è corrotto, clientelare, le deleghe di voto sono il primo male da estirpare. Vogliamo cambiare? Voto telematico a tutti gli associati, elezione diretta del presidente e dei consiglieri, passando dalla base, senza pasticci e papocchi. Stipendio al presidente e ai consiglieri, deleghe a consulenti esterni per la gestione del marketing, dell’ufficio stampa, della contabilità, struttura snella, documentazione trasparente e di libera consultazione per gli associati. Partiamo da questo, non dai sogni, dalle promesse e da un nuovo consiglio federale, in cui uno deve esserci perché è bravo, non perché quel Comitato ha portato tot voti, l’altro perché rappresenta i gruppi sportivi, l’altro perché è nipote di uno che ha i soldi e uno, giusto per fare un po’ di scena, perché ha vinto qualche medaglia in carriera. Un saluto, doveroso, a Giovanni Morzenti, con cui abbiamo intrapreso aspre battaglie su tematiche scottanti, che spesso abbiamo contestato, le cui scelte molto spesso non abbiamo condiviso. Ma a cui va dato l’indubbio merito di essersi speso affinché la FISI tornasse a contare qualcosa.

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