Salvadori, game over…

Devid: 'Sembro l'unico colpevole di un sistema nato male'

Game over, fine della trasmissioni, festa finita. Dopo Claudio Ravetto, Alessandro Serra e Jacques Theolier, un altro addio pesante: dopo un’avventura durata due stagioni, non c’è più spazio per Devid Salvadori. Un anno sicuramente difficile, un inverno complicato per il coach valtromplino, oggi di casa sulle rive del lago d’Iseo.

DUE INVERNI OPPOSTI – Due anni strani quelli di Devid nella Federsci. Strano e paradossale è stato soprattutto l’atteggiamento di tanti, vertici compresi, nei suoi confronti. Osannato e glorificato per i suoi trionfi da allenatore di club e per la prima gestione in C, grazie a 35 medaglie tricolore con il Rongai Pisogne e al dominio nel circuito GPI e alla medaglia iridata di Zingerle, poi messo nell’angolo, attaccato, estromesso, come se le colpe della mal gestione del progetto C&B fossero solo sue. Prima ‘sugli scudi’, poi accantonato, prima sull’altare e poi nella polvere. Ieri con una telefonata è arrivata l’ufficialità che il bresciano non rientra più nei piani di via Piranesi. «Finisce qua, me lo aspettavo dopo il silenzio degli ultimi giorni. Siamo a fine maggio, forse averlo saputo prima mi avrebbe dato più possibilità d’azione, di manovra». Questione di correttezza?. Forse.

UNICO COLPEVOLE? – Quali sono state le colpe di Devid? «Premesso, io mi prendo le mie responsabilità tecniche. Potevamo fare meglio in Coppa Europa, non c’è dubbio, anche se abbiamo sfiorato tre posti fissi con Ronci, Borsotti e Casse. Si può sempre fare meglio, ma quello che è inconcepibile è stato il fatto che mi hanno lasciato a casa in quanto mi hanno accomunato ad un progetto diventato poi fallimentare. Peccato però che quel progetto non è stato voluto da me ma imposto dall’alto, calato sulla decisione dei tecnici. Avevo sostenuto le mie perplessità su numeri così elevati, forse è stata colpa mia a non essere stato più deciso nell’oppormi a quell’indirizzo».

QUARTI COME TEAM AI MONDIALINI – Salvadori sa prendersi le proprie responsabilità, ma è anche il momento, nel congedarsi, di dare qualche numero: «Ai Mondiali di Jasna non parlo solo delle due medaglie di De Vettori, ma osservo che nella classifica a squadre siamo quarti e abbiamo fatto meglio del passato. Questo è un risultato che non tutti sanno, ma invece mi si parla di progettualità. Ma se mi hanno imposto numeri e linee guida!». Per Devid un inverno difficile, in particolare per la gestione degli atleti. «Mi dispiace non avere trovato quel giusto feeling con tutti, ma purtroppo in inverno abbiamo seguito il circuito continentale. Ma questa cosa si sapeva fin da maggio che in inverno chi non partecipava alla Coppa Europa doveva rientrare con i Comitati ed arrangiarsi».

RAMMARICO – Devid è dispiaciuto, rammaricato, anche abbattuto. Ma guarda ai giovani che ha allenato. «Possono crescere, hanno margine. Ma bisogna dare loro più possibilità ed occasioni. Avrei voluto essere più presente, ma non c’erano spazi e condizioni». Un anno con problemi organizzativi e logistici ed un inverno con risultati non esaltanti, nonostante qualche zampata, non possono però cancellare il valore di un tecnico che in quattro anni di fila ha accompagnato Ravelli, Sabrina Fanchini, Goggia e Giardini in squadra nazionale ed è sempre stato fra i più stimati nell’ambiente della neve. Fra polvere e altare, non ci sarà insomma una via di mezzo?
 

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