La salita di Chiara Costazza

S.Stefano Magra live – «Voglio tornare sul podio, rivincere»

Non hai nemmeno il tempo di gustarti la discesa di Riomaggiore che sai che a breve ti troverai davanti due chilometri infiniti di salita.

L’INFERNO SI CHIAMA VOLASTRA – Sono Groppo e Volastra, l’ascesa più dura della strada litoranea delle Cinque Terre. Una colata di asfalto verticale, rampe che ti fanno male, rese ancora più ardue dal caldo cocente. E per una volta non ti accompagnano nemmeno il piacevole odore del salmastro e dei vigneti, e anche questo angolo unico di Liguria, sembra bruciare nemmeno fossimo in un borgo della pianura padana. Chiara Costazza mette il rapporto più agile e attacca la salita in testa. Non parliamo più adesso, tantomeno scherziamo. In salita, ripiegati sul manubrio, cercando quell’agilità che non può più esserci quando le pendenze aumentano in questo modo. E come capita solitamente nelle salite più impervie, il gruppo si sgretola, si sfalda, ognuno sale, o meglio arranca, del suo passo. Chiara ce la mette tutta. Sale sui pedali, testa bassa. Sudata, paonazza, concentratissima. E poi felice quando scollina dopo questi due chilometri infernali. Torna a sorridere, a respirare. E allora si può continuare a parlare, a confrontarsi, ad aprirsi. Determinata, caparbia, forte, anche se quel sorriso così delicato, fine, posato, non te lo trasmette al primo impatto.

ALTARE E POLVERE – Chiara non è una sciatrice qualsiasi. E’ salita sul podio, ha vinto in Coppa del Mondo. Ha raggiunto il massimo, lei si che è arrivata al traguardo. Ha realizzato un sogno, il sogno di tante. Sa cosa vuol dire arrivare in alto, sa cosa significa scollinare. Poi una serie di problemi fisici e di infortuni hanno fermato la sua continua ascesa. E quando è guarita, diverse complicazioni l’hanno anche fatta addirittura riflettere sulla possibilità di abbandonare l’attività agonistica. E allora dal paradiso all’inferno, dall’altare alla polvere. Una maledetta infezione al polpaccio la causa. Se ti metti a ruota te ne accorgi subito. «Non vedi questo polpaccio sinistro? E’ la metà dell’altro. Ormai non tornerà più come prima. Ha perso smalto e resistenza, anche elasticità. Certi esercizi non posso farli, ad esempio salti e balzi. Per fortuna che a sciare riesco a dare continuità all’azione, non mi fa male. Altrimenti avrei smesso». La strada si fa dolce. Allunghiamo e continuiamo a parlare. Sotto di noi si scorge Monterosso. «Anche la cicatrice sembra ancora viva». E’ vero. E’ rosa, forse troppo rosa, come un cicatrice recentissima, anche se non lo è. E così ti viene in mente una delle tante volte che una atleta tira in ballo la condizione fisica, la salute. E ti balza alla testa quando non dai mai forse la giusta importanza alla salute, o a quelle considerazioni che in un parterre di Coppa del Mondo posso rivelarsi noiose, ma che invece danno e spiegano tanto. E capisci davvero che ad alti livelli devi essere non al 100% per esprimerti, ma ancora di più. «Sono stati anni duri. Quando vinci, quando primeggi, e poi dopo arranchi non per colpa tua, è davvero difficile. L’anno scorso per me è stato fondamentale».

RIVINCERE – Mangia un’albicocca, sorseggia acqua, e mi chiede: «Non c’è più salita, vero?». E poi quando capisce che non si sale più, respira forte, sorride e continua: «Aver chiuso tre volte nelle ‘top ten’ mi ha convinto che non dovevo mollare. In inverno ho capito che posso tornare al vertice. Segnali positivi finalmente dopo stagioni difficili. Ora sto lavorando sodo per completare la mia seconda carriera, quella della rinascita. Ho visto la luce, sono uscita dal tunnel. I risultati parlano chiaro, c’è ancora molto da fare certo, ma so che ho preso la strada giusta. Voglio tornare sul podio, questo è il mio grande obiettivo». Chiara sta lavorando per affrontare in inverno un’altra salita, un’altra Volastra. E quella che porta al podio, un’altra volta sul podio. Scendiamo verso Pignone. Poi pianura ‘a tutta’ verso La Spezia, tirati dal suo ‘angelo custode’, l’inesauribile Ruggero Muzzarelli.

 

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