Non può essere certo una sorpresa il fatto che Lara Gut sia praticamente sulle prime pagine di quasi tutti i quotidiani svizzeri, di lingua italiana o tedesca non fa differenza. Una Coppa del Mondo rivinta dalla Nazione rossocrociata dopo 21 anni fa ovviamente notizia in un Paese, come l’Austria, in cui lo sci è tutto. O quasi. Tra i vari articoli dedicati alla ticinese in questi giorni, ci piace sottolineare le parole di chi ha sempre scritto quel che pensava su di lei, nel bene e nel male, e nel celebrarla, oggi, ricorda comunque momenti difficili o scelte sbagliate che sono state effettuate in passato, ma ovviamente in buona fede, con il solo obiettivo finale di vincere. Oggi risulta tutto un po’ più chiaro.
TICINO – Sul Corriere del Ticino, per esempio, a firma Tarcisio Bullo, si parla anche delle lacrime in mondovisione per il bronzo olimpicio di Sochi 2014 in discesa, che forse assumono un significato diverso: «Non è facile per chi osserva dall’esterno le cose, accettare una visione così estrema del risultato sportivo, ma quelle lacrime distillavano a dosi tutt’altro che omeopatiche lo spirito battagliero di Lara, la sua filosofia, tradivano una punta di quel sano egoismo che alberga nell’anima di tutti i campioni dello sport, erano il passaporto esibito della sua voglia di vincere, di affermarsi come la migliore di tutte». Lara «viso d’angelo e carattere d’acciaio» – si legge ancora -. Deve prepararsi da subito a un’altra prova di maturità, da sostenere la prossima stagione, perché nell’anno della sua consacrazione molti osservatori sono pronti a opporre eccezioni, che chiamano in causa assenza giustificate (Fenninger, Vonn, Shiffrin)».
ALLENAMENTO – E poi si parla di etica del lavoro: «Accanto al talento, Lara ha messo sul tavolo un enorme lavoro effettuato con meticolosità e cura del dettaglio. Ore e ore passate in palestra d’estate a curare la condizione fisica, la muscolatura, ad allenare il corpo per sopportare carichi di fatica e sollecitazioni mostruose (…). Se la Gut sopravvive all’ecatombe senza danni significherà pur qualcosa e quel qualcosa è il duro lavoro svolto lontano dalla neve».
GIOVENTU’ – «Non è un segreto per nessuno – in conclusione – che la ragazza, entrata presto in contatto con un mondo più grande di lei, sia stata in un certo senso fagocitata inizialmente dal marketing, dallo sponsoring, dai media. Celebrata come una campionessa quando ancora non lo era, ha dovuto diventare adulta sotto la luce dei riflettori e recitando il ruolo di protagonista di un team che a lei doveva tutto. Ha pagato certe uscite, certi silenzi, un modo tutto nuovo di impostare la relazione son Swiss-Ski. Ha rischiato di essere considerata una bambina viziata, quando in realtà ha forse soltanto sempre cercato di inseguire quello che voleva: il piacere di sciare, di migliorare, con l’obiettivo di poter vincere. “Non sempre abbiamo fatto tutto giusto, ma quando Lara ha avuto i suoi primi successi aveva 17 anni e per noi era tutto nuovo”, ha riconosciuto recentemente anche il papà-allenatore Pauli. Fresca, a volte dissacrante, diventata abilissima a comunicare con o senza sorriso, Lara è sopravvissuta senza danni a tutto questo, è una vincente. Merito anche di una intelligenza fuori dal comune, che le permette di cavalcare le mode, di stare al centro del villaggio globale facendo largo uso dei social. Chi non l’ha ancora fatto, deve imparare a volerle bene».