Parola di De Chiesa – «Se quello era vento faremmo meglio andar al mare»
La discesa di Santa Caterina, allestita sulla Deborah Compagnoni e magistralmente rimodellata per l’esordio maschile, mi ha fatto, se non ricredere, quantomeno soffermare sul nuovo corso della specialità, volto alla spettacolarizzazione della disciplina regina. Inizio dall’abbassamento della partenza, stabilito un’ora prima dello start causa vento, quando il giudice arbitro Markus Waldner mi aveva garantito, incontratolo in cima un’ora prima della decisione, che non si sarebbe spostata. C’ero e se quello era vento faremmo meglio ad andare al mare…. magari troveremmo calma piatta! Come detto in telecronaca, mi sforzo di credere che sia stata una scelta improntata sulla sicurezza, visto che era stata disputata solo una prova e la parte alta, quella puntualmente cassata, era risultata impegnativa, anche se la caduta di un apripista locale non dovrebbe condizionare chi deve stabilire i coefficienti standard di rischio. Kitzbhuel, allora, adottando gli stessi parametri di pericolosità, dovrebbe essere sbarrata con i sigilli della polizia! Lasciamo stare, lungi da me insinuare le solite logiche di potere… Passiamo al canalino, privato inspiegabilmente del salto d’entrata, bellissimo e sicuro considerata la pendenza d’atterraggio: non capisco perché alle gobbe del cammello, in Val Gardena, si volasse per 70 metri con planata non proprio sul ripido! Tornando alla rampa di lancio del piano di Santa Caterina, sapete quanti ex atleti mi hanno scritto sms in telecronaca dicendomi che, quand’erano ragazzini, quel canale era molto più veloce? Non mi si dica che a Wengen, nell’Hannegg Schuss, dove si vola a oltre 160 orari piombando su una curva a gomito e non su un rettilineo, la visibilità sia migliore. Ho lanciato un sassolino nello stagno, in attesa di conferme o smentite dalle discese di gennaio. Ah… naturalmente spero di essermi sbagliato.