Marcel Hirscher, quei pochi istanti in cui l’extraterrestre torna umano

La sua fama te lo fa apparire in ogni aspetto, te lo propone in ogni situazione. In gara a denti stretti mentre abbatte pali, asseconda gobbe, stermina gli avversari. Sul podio che brinda ed esulta fra i flash dei fotografi. I suoi trionfi a ripetizione ci mostrano ogni dettaglio, raccontano di lui anche fuori dagli sci. L’infinita classe e inesauribile potenza, la gestione di una vita programmata minuto per minuto, sono indice di una serenità e di un autocontrollo fenomenali. Ma c’è un momento dove Marcel Hirscher appare meno sicuro, dove il sei volte vincitore della Coppa del Mondo sembra umano. Si parla di minuti, pochi, nel quali però pensa, ha dei dubbi e si pone delle domande. Sono gli attimi che precedono la partenza, quando si accinge a catapultarsi dal cancelletto: qui, l’extraterrestre, ritorna umano. Scortato dai suoi fedelissimi scudieri di Atomic e della squadra nazionale austriaca. Quattro angeli custodi che lo proteggono e lo assecondano: due skiman, un addetto agli scarponi, un allenatore per le ultime indicazioni che arrivano dalla pista. La start area della seconda manche è uno scenario surreale, in Alta Badia lo abbiamo scrutato da vicino, nella sua meticolosa preparazione e fino a pochi secondi prima di attaccare la Gran Risa. Rimane da solo con le sue guardie rosse: gli skiman Thomas Gragabber e Johann Strobel controllano le lamine e puliscono le solette, nemmeno un fiocco di neve sullo sci perché le sciabole rosse di Marcel devono essere immacolate. Hannes Holzmann regola in maniera maniacale i ganci e le viti posteriori degli scarponi, lo strumento di trasmissione della sua potenza.

Un silenzio assordante, un’aria pesante rintuzzata dagli sbuffi del campione che medita, si concentra e memorizza. È l’unico che calcola e programma quando accelerare in gara o tirare il freno, solo lui riesce a fare tattica nello sci. Ognuno ha il suo compito, Marcel che indirizza con un mezzo sguardo le sue necessità immediate: un vetro della maschera da cambiare, la neve dentro la tuta, un sorso d’acqua, l’ultimo check agli attacchi, le indicazioni finali che arrivano via radio.

A differenza degli altri, tutto cambia proprio quando Marcel entra nella casetta di partenza: gli avversari vanno in acido lattico solo a scuotere le gambe e lui, invece, si ritrova in quella consapevolezza disarmante e straordinaria serenità. Quando per gli altri inizia il calvario, per Marcel inizierà l’ennesima cavalcata verso un altro trionfo. Gli altri accusano, lui si erge sicuro e convinto e ritorna ad avere quella sicurezza di essere per davvero il più forte. Ancora una volta. Ha il tempo anche di voltarsi un attimo e abbozzare un sorriso, come senso di gratitudine verso i suoi fedeli scudieri. Il resto lo conosciamo e lo conosce bene anche lui: una danza fra i pali in equilibrio tra una vittoria e l’altra, a caccia di altri record.

Articolo tratto da Race ski magazine 148 di febbraio 2018. Se vuoi acquistare la copia o abbonarti visita il nostro sito.

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