Tempo di bilanci dopo il Mondiale di sci alpino n.48 della storia, in chiave italiana e non solo, e quasi al termine della Coppa del Mondo 2024-2025. Ma tempo anche di guardare al futuro. Ne abbiamo parlato in un piccolo forum con tre addetti ai lavori, con ex sciatori di alto livello, maestri, preparatori. È la seconda puntata di una breve inchiesta iniziata con interlocutrici femminili. Oggi ne discutiamo, in questa prima parte, con Silvano Varettoni, Matteo Marsaglia, ex discesisti azzurri, e Federico Colli, maestro, allenatore e preparatore atletico di Federica Brignone, dal 2015.
Serve un progetto per il futuro dello sci alpino italiano, guardando anche a modelli diversi, come quello norvegese, dove per esempio fino a 14 anni lo sci alpino è soprattutto divertimento e campo libero, meno stress, meno gare e meno pali? Se sì, quali i punti cardini del progetto?
SILVANO VARETTONI – «È evidente che ci sia un problema con gli atleti della categoria Giovani, che non riescono a effettuale il salto di qualità definitivo per essere poi protagonisti in Coppa del Mondo. Tra i children l’Italia spesso domina, poi però questi ragazzi si perdono tutti o quasi per strada: sicuramente sono trattati dai club già come atleti del circuito maggiore quando hanno 10 anni e arrivano a 16 che sono ormai all’apice della carriera, o quasi. Peccato che quello sia in realtà il momento in cui dovrebbe iniziare la loro vera carriera. Qualcosa da cambiare c’è sicuramente, a partire dalla cima, dalla Federazione: bisognerebbe cambiare mentalità e modo di vedere lo sport a livello giovanile, per trasferire la filosofia ai Club e agli allenatori dei ragazzini. Da tanto sento dire che dobbiamo copiare i modelli stranieri: io penso che sia il caso di trovare il sistema “nostro”; però l’input al cambiamento credo debba venire dalla Federazione e dagli allenatori dei Club, altrimenti si tratta solo di parole al vento. Si dice di cambiare, cambiare, ma in 15 anni non è cambiato nulla: poi è facile lamentarsi che le cose non vadano bene. Ma la volontà di cambiare c’è veramente?».

MATTEO MARSAGLIA – «La situazione è chiara anche a livello federale, le problematiche si conoscono. Due anni fa abbiamo sviluppato un progetto in maniera congiunta con la STF (Scuola Tecnici Federali, NdR), la Commissione Giovani dello sci alpino e i direttori tecnici giovanili. Un progetto che va proprio a toccare la situazione relativa a bambini e adolescenti e riguarda un tema ormai arcinoto: come arrivare ad avere meno stress, facendo magari meno pali, meno gare, soprattutto per i bambini, anche se non è quest’ultimo il problema principale. Abbiamo pensato a questo progetto guardandoci in giro, guardando un po’ ai vari modelli, tipo quello norvegese, sì, ma anche austriaco o svizzero, che sono le realtà sicuramente meglio funzionanti. Attenzione però: quando ti guardi in giro devi anche prestare molta cautela e contestualizzare ciò che vedi. Sicuramente i norvegesi hanno un modello fantastico, ma non li puoi paragonare ai latini fisicamente e culturalmente, come stile di vita, come numeri. La grande fortuna italiana, che però a volte diventa un problema, è che abbiamo un bacino enorme e per questo motivo è più difficile gestire il movimento. Per come sono strutturate società, cultura e il nostro modo di intendere gli sport invernali, per contrastare questa esasperazione e specializzazione precoce che c’è, non solo da noi, ma direi in generale, l’unico modo, dicevo, è cercare di inserire nuove tipologie e nuovi format di gara. E l’abbiamo fatto proprio con questo progetto, Fisi per il Futuro, attraverso il quale sono stati implementati otto nuovi format di gara e, conseguentemente, abbiamo “obbligato” le province a inserirle in calendario. Almeno due gare di questo tipo per i Pulcini, una almeno per i Children. Questo perché? Perché per come funziona il nostro sistema in questo momento, l’unico modo per fare cose diverse è avere un obiettivo diverso. Non volevamo mettere gare in più, ma semplicemente mettere delle gare che richiedano stili un po’ diversi dalle classiche, ovvero gigante, slalom, superG, con le quali ci si stava eccessivamente specializzando. La speranza è che, di conseguenza, in allenamento si inizino a fare cose un po’ diverse, esercitazioni diverse. Anzi, in realtà che si… torni a fare qualcosa di diverso, perché una volta era già così».

FEDERICO COLLI – «Una cosa che ho notato nel mio mondo, che vivo come allenatore, maestro di sci e preparatore, è che i Club, la base, tendono a prendere i bambini sempre prima, sempre in anticipo rispetto al passato. Un tempo questo lavoro era affidato alle scuole sci, ma oramai non è più così. Tutti i Club prendono i bambini a qualunque età, anche piccolissimi, sin dalla fase di avviamento. Domanda: limitare per regolamento FISI l’iscrizione ai Club agonistici e lasciare alle scuole sci come una volta i bambini? Un altro cambiamento che ho osservato negli ultimi 20 anni è che nelle categorie Baby e Cuccioli, quindi all’inizio del percorso, si è esasperato il concetto di competizione. Tante gare, tanti allenamenti nei pali, e sempre meno tempo per l’esplorazione dei gesti motori sulla neve. In Italia ci sono bravissimi allenatori, ne sono certo. Lo vedo tutti i giorni. Molti vengono chiamati all’estero dove possono esprimersi meglio, con stipendi migliori. Ma è difficile entrare in un sistema dove le continue gare – o comunque un numero eccessivo per quest’età – insieme alle pressioni dei genitori e persino quelle autoimposte dai bambini stessi, riducono il tempo disponibile per fare altro. Sono giornalmente in dialogo con i ragazzi. Sono stressati dai genitori, dall’inseguimento del risultato. Dalle batoste prese a livello nazionale. Arriveranno le sconfitte e le delusioni, ma dovrebbero avvenire più tardi. Non da Baby/Cuccioli. Non voglio togliere l’adrenalina dell’agonismo, assolutamente no! Ma per Baby e Cuccioli 2 gare promozionali sono più che sufficienti. E devono essere, per regolamento FISI, gare di nessuna importanza. Quando si parla di sci in campo libero, spesso si intende semplicemente sciare uno dietro l’altro. Ma c’è molto di più da fare. Gli allenatori lo sanno bene. Esercizi mirati che ho visto fare e applicato io stesso per tanti anni: sci con un solo piede, gobbe, fuoripista, boschetti, migliaia di varianti per sviluppare la sensibilità sugli sci, ecc. ecc. Ecco, si fanno sempre meno. E con rispetto parlando la soluzione non sono le gare di piede veloce…».
Punti chiave di un progetto innovativo: più sci libero e divertimento fino ai 14 anni, riducendo il numero di gare giovanili, ma anche la loro importanza. Di modo che gli allenatori possano concentrarsi sullo sviluppo tecnico e motorio. Una Fisi che segue sul serio la parte giovanile, meno propensa solo al race;
programmi di sviluppo multilaterale con l’integrazione di più sport. Fondo, acrobatica, pattinaggio, salto, gobbe, sport di squadra, ginnastica, atletica, ski cross, ecc. Se ne parla di continuo, ma il sistema non porta a farlo con… continuità;
selezioni meno rigide in età precoce per ridurre il tasso di abbandono. Circuiti alternativi per i Giovani, che non corrono più per fare gli atleti, ma inseguono l’obiettivo di arrivare a 120 Punti FIS (è un esempio, modificabile), in modo da proseguire un lavoro agonistico, anche senza illusioni dell’alto livello;
mantenere un grado più alto per la professione di Maestro di sci;
un focus sulla crescita mentale,
maggiore collaborazione tra Federazione e Club;
utilizzo avanzato della tecnologia per migliorare l’analisi tecnica dalla categoria Allievi/Giovani;
sci meno sciancrati per Baby e Cuccioli in modo da sviluppare capacità di pilotaggio dei piedi maggiori. Con miglioramento di sensibilità e gestione dell’attrezzo. Con gli sci di oggi i bimbi spostano solo la testa e il bacino a destra e sinistra e gli sci girano da soli».
(1- Continua)