Sicurezza: ora non devono essere gli sci club a pagare il conto

Pubblicato il:

Le vicende drammatiche che hanno coinvolto Lorenzi, Franzoso e Degli Uomini negli ultimi 12 mesi sono state la causa scatenante di un dibattito sempre più insistente sulla sicurezza nello sci alpino agonistico.

Da un certo punto di vista questo è positivo, più se ne parla, prima si arriva a soluzioni per il bene comune.

Ma l’Italia non è sempre il Paese in cui le cose seguono il percorso più logico. Si tende piuttosto a vietare per avere paura delle conseguenze, per scaricarsi le responsabilità. Le leggi, oppure i regolamenti, sono spesso pensati per fare sì che chi offre un servizio debba essere completamente al sicuro da possibili conseguenze. Non si prova a risolvere il problema, non si analizzano rischi e benefici, si vieta. E dunque c’è sempre qualcuno che, per dirla in modo volgare, ci rimane sotto. Vi ricordate le normative nel periodo del Covid-19 in cui erano spesso i più deboli – i bambini e i ragazzi in età scolastica – a pagare le conseguenze peggiori? O, per stare in ambito di montagna invernale, i regolamenti a macchia di leopardo, senza coerenza, per scaricare la responsabilità in caso di incidenti fuoripista?

Ecco, in questo caso specifico non vorremmo proprio che a rimanerci sotto fossero gli sci club, che sono la vera anima del movimento agonistico, la base esponenzialmente più ampia di quel vertice di atleti che vediamo in squadra nazionale e di cui facevano parte i compianti Matilde e Matteo.

Qualche settimana fa avevo scritto un testo su Facebook per sottolineare come in tanti casi ci sia superficialità da parte degli sci club nella gestione della sicurezza dei giovani atleti.

Naturalmente questo pensiero va interpretato, va letto tra le righe. Potrebbe sembrare un J’accuse forte verso la categoria, ma non lo è. Lo è verso chi trascura dettagli fondamentali. Ce ne sono di sci club così, anche tanti, ma ce ne sono almeno altrettanti seri, coscienziosi e attenti, che operano con una missione, al di là del business.

Vivo da sempre in questo ambiente, prima da atleta, poi da allenatore e maestro di sci, poi da giornalista, ho anche avuto una breve parentesi da genitore di giovane atleta, prima che mia figlia si dedicasse al basket. Conosco ogni piega di questo mondo e le cose che dico le ho vissute, le ho anche fatte in prima persona, e sfido tante persone che hanno storto il naso leggendo queste parole a smentirmi a ragion veduta.

Ma il discorso è un altro, e mi ricollego all’attacco di questo articolo: in Italia in queste situazioni qualcuno deve pagare il conto e qui si rischia che un problema che coinvolge località sciistiche, federazioni (FIS e FISI) e aziende produttrici, finisca per tramutarsi in una serie di divieti e aggravio dei costi che possono interferire con l’attività degli sci club.

Negli ultimi anni molti comprensori hanno chiuso le porte o messo il bastone tra le ruote a chi si occupa di fare svolgere attività agonistica. I club sono vissuti come un male necessario, un problema da gestire, una rottura di scatole. È così che si finisce a dover tracciare a filo dei boschi, su fazzoletti di neve, su piste poco attrezzate per la sicurezza perché l’onere di mettere a norma i tracciati ricade quasi solo sulle casse e sulle ore lavoro dei club. Anche qui ci sono i distinguo, non è così sempre né dappertutto, però succede con frequenza.

Tracciati di allenamento
Tracciati di allenamento

Gli sci club sono un collante importante della vita delle località sciistiche. Le famiglie dei ragazzi che indossano la divisa sono mediamente alto spendenti, acquistano o affittano seconde case, frequentano negozi, ristoranti e rifugi e soprattutto lo fanno con regolarità, tutti i weekend e in tutte le festività. Acquistano stagionali per sciare mentre i ragazzi sono in pista ad allenarsi. Insomma, sono un motore fondamentale per l’economia e la vita delle località, nonostante il numero dei passaggi ai tornelli in un weekend penda ovviamente dalla parte del turista che acquista lo skipass giornaliero.

Per cui la strategia di privilegiare sempre il numero assoluto rispetto alla tipologia di consumatore in questo caso mi pare miope e poco avveduta. Ma anche qui sto andando fuori tema.

Si finisce per ragionare così: ci sono rischi durante gli allenamenti e le gare? Qualcuno potrebbe rimetterci la vita e farsi male davvero, potrebbero esserci delle conseguenze legali? Potrebbero esserci responsabilità? Allora si vieta un certo tipo di attività: non si può tracciare, non ci sono piste. O se si fa, devono essere i club a occuparsi di tutto, scaricando dalla responsabilità e costi la località sciistica.

A questo si aggiunga che, al di là di frasi di circostanza dettate dal clamore mediatico delle disgrazie e di promesse di cui attenderemo attuazione, le Federazioni fanno ben poco. 

Ad esempio un piano speciale strutturato di contributi ai club per la messa in sicurezza delle piste di allenamento, visti i fondi che stanno piovendo sul sistema sport invernali con le Olimpiadi del 2026, non mi sembra sia stato attuato, così come non sono state incaricate persone di visitare i principali poli di interesse dell’attività agonistica per capire le reali esigenze degli sci club per contribuire a soddisfarle per la crescita generale del movimento (non è uno dei principi fondanti dello spirito olimpico di De Coubertin?). 

E nemmeno sono state studiate soluzioni alternative, come rivitalizzare località minori, da anni in agonia, trasformandole in poli di riferimento per l’attività agonistica, con stanziamento di fondi speciali per sicurezza e attrezzatura e molto semplicemente con le risorse per poter funzionare anche se a fine anno i conti non dovessero tornare.

Ma forse anche questa volta sono finito fuori tema, per cui meglio tornare sul concreto, analizzando ciò che esiste a livello normativo.

Negli ultimi anni, con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 40 del 2021, la legge ha provato a fare ordine nel mondo dello sci. Ha fissato regole, obblighi, assicurazioni. E ha diviso le responsabilità tra chi gestisce le piste e chi le frequenta. Il problema è che, nel tentativo di proteggersi, alcuni gestori hanno iniziato a chiudere le porte ai club, temendo che un allenamento o un incidente possano trasformarsi in una causa civile.

Eppure la legge non chiede questo: chiede solo chiarezza.

Tracciati di allenamento
Tracciati di allenamento

Cosa dice la legge, in parole semplici?

Il D.Lgs. 40/2021 è, di fatto, la nuova costituzione delle piste italiane.

Il gestore dell’area sciabile deve garantire che la pista sia preparata, battuta, segnalata e assicurata. È lui il custode del terreno di gioco. Ogni sciatore, atleta o turista, deve avere una polizza RC personale e rispettare le regole di condotta: priorità, prudenza, divieto di sciare dopo aver bevuto e casco obbligatorio sotto i 18 anni. (Da questa estate l’obbligo del casco è stato esteso a tutti). Quando entra in campo uno sci club, per una gara o un allenamento, la responsabilità diventa condivisa: il gestore tiene in sicurezza la pista e ne cura la chiusura al pubblico; il club gestisce il tracciato, i pali, le reti, gli atleti e il ripristino finale.

È scritto nero su bianco: la pista di allenamento dev’essere delimitata e chiusa al pubblico dal gestore, ma l’attività sportiva all’interno è competenza del club.

Non una zona grigia, ma un patto operativo.

Perché la paura sta frenando i comprensori

Il nodo, più che giuridico, è culturale.

Molti gestori temono che, se durante un allenamento qualcosa va storto, la responsabilità cada interamente su di loro.

Ma la normativa — e soprattutto la giurisprudenza più recente — dicono altro: se il danno nasce da un difetto di gestione della pista, come un ostacolo non segnalato o un accumulo di neve da innevamento, allora sì, il gestore risponde. Ma se l’incidente deriva da una condotta imprudente o da un errore tecnico durante un’attività organizzata, la responsabilità è in capo all’atleta e a chi quell’attività l’ha diretta: il club, la giuria, i tecnici.

Chiudere le piste per paura, insomma, non serve a proteggere nessuno.

Serve piuttosto stabilire procedure condivise, scritte e trasparenti.

Il patto giusto: co-gestire, non scaricare

L’attività agonistica funziona quando ogni ruolo è chiaro.

Un buon protocollo tra gestore e club dovrebbe prevedere cinque punti semplici:

  1. Una convenzione scritta che definisca la pista riservata, le finestre orarie, la segnaletica “pista chiusa” e le condizioni meteo per la sospensione.
  2. Coperture assicurative distinte: la RC del gestore per la pista, quella del club e degli atleti per l’attività sportiva.
  3. Ruoli precisi: un Direttore di pista (designato dal gestore) e un Tecnico responsabile dell’allenamento (nominato dal club). In gara, si aggiungono Direttore di gara, Giuria e Delegato tecnico secondo i regolamenti FISI.
  4. Ripristino e controllo: il club posa e rimuove pali e reti, sistemando il manto dopo ogni sessione.
  5. Tracciabilità: ordini di servizio, report, fotografie, comunicazioni radio. La burocrazia non è un nemico, se serve a tutelare entrambi.

Sono strumenti semplici, ma fondamentali per lavorare senza paura e senza ambiguità. In alcune località avviene regolarmente, da anni, in altre si tende a trincerarsi dietro a divieti o alla generica priorità da dare a chi paga lo skipass giornaliero e ha diritto di godersi tutto il comprensorio.

Chi paga cosa

Dietro ogni allenamento ci sono ore di lavoro invisibili: reti da posare e rimuovere, delimitazioni, pali, cartelli, preparazione del tracciato, presidio della pista.

Tutto questo ha un costo.

E oggi, sempre più spesso, questi costi ricadono sui club.

Il gestore sostiene le spese strutturali della pista — battitura, innevamento, segnaletica, manutenzione, assicurazione obbligatoria.

Il club, invece, copre i costi operativi: reti mobili, pali, mezzi, carburante per motoslitte, personale tecnico, ore-uomo per montare e smontare ogni giorno.

In un’epoca in cui molti impianti chiedono contributi orari per ogni pista riservata, la somma di queste voci sta diventando insostenibile per tante società dilettantistiche.

Il rischio è che le piste di allenamento diventino un laboratorio chiuso, accessibile solo a chi può permetterselo.

Eppure, come per la responsabilità, anche qui serve un principio di equità: la sicurezza è un investimento condiviso, non una tassa a carico del più debole.

Il gestore può e deve considerare gli sci club come partner, non come clienti a rischio.

Sostenere una parte dei costi di sicurezza — in termini di mezzi, personale o ore pista agevolate — non è una concessione, è una scelta strategica: significa mantenere vivo un tessuto sportivo che, di fatto, porta sulle montagne atleti, tecnici, famiglie e futuri appassionati.

Le gare e la responsabilità condivisa

Nelle competizioni federali, la FISI stabilisce un sistema di controllo rigoroso: la Giuria e il Direttore di gara verificano la sicurezza e possono sospendere o annullare la prova. Anche qui, la distinzione è netta: il gestore garantisce la pista in quanto tale, il club organizzatore risponde della parte sportiva e logistica. Il punto non è trovare un colpevole, ma sapere chi decide cosa, e quando.

Le sentenze degli ultimi anni confermano un principio chiave: la custodia responsabile. Il gestore risponde se il pericolo nasce da un’insidia anomala — un difetto del fondo, un ostacolo non protetto, una carenza di segnaletica. Non se l’incidente deriva da un rischio intrinseco alla pratica o da un errore dell’atleta. In altre parole: lo sport resta uno spazio di rischio consapevole, ma il rischio va governato, non abbandonato.

Non far pagare il conto ai club

Il rischio, oggi, è che la paura trasformi la sicurezza in burocrazia e la burocrazia in divieto.

Quando un comprensorio nega una pista d’allenamento a un club per troppe responsabilità, tradisce lo spirito della legge. Il D.Lgs. 40/2021 non vuole paralizzare le società sportive: vuole solo rendere riconoscibili i confini. Il gestore non può liberarsi delle sue obbligazioni vendendo il rischio ai club con manleve totali. Allo stesso modo, i club devono rispettare standard tecnici e assicurativi elevati, non improvvisare. La sicurezza non è una tassa, è un patto di fiducia reciproca — e un investimento collettivo.

Lo sci non è solo turismo. È formazione, disciplina, educazione alla montagna. Da sempre sottolineiamo l’importanza dell’attività agonistica come scuola di vita per i ragazzi, indipendentemente dal livello che sapranno raggiungere nella loro carriera. È uno sbocco professionale, con il possibile superamento degli esami da Maestro di sci.

Per questo è fondamentale che le località restino luoghi aperti anche a chi si allena, non solo a chi scia in vacanza. Ci deve essere una strategia ben ponderata, non una fredda analisi di numeri.

Se ognuno rispetta il proprio ruolo — gestore, club, atleta — la sicurezza diventa un bene comune, non un ostacolo.

La neve, allora, torna a essere quello che dev’essere: uno spazio condiviso di libertà regolata.

Ultime notizie

La Fiamma Olimpica è in Italia. Passaggio al Quirinale, ora il viaggio che partirà dallo Stadio dei Marmi

È atterrato alle 17.15 all’Aeroporto “Leonardo da Vinci” di Roma Fiumicino il volo ITA...

Ottanta stranieri, dieci nazioni: il Top50 cresce e dà appuntamento a Pila a metà dicembre

Come ogni inizio stagione, la voglia di gareggiare e confrontarsi con i coetanei è...

Odermatt trionfa sulla Birds of Prey mutilata. Paris 6°: «Inizio positivo»

Trionfo di Marco Odermatt nella discesa di Beaver Creek, accorciata per penuria di neve....

Infortunio per Corinne Suter, stop di circa un mese

Ancora un infortunio in questa stagione 2025-2026, proprio quella olimpica. Sembra una maledizione e...

Altro dal mondo neve

D’Antonio, Trocker, Collomb in Nor-Am Cup. Ma come funziona quel circuito?

Un improvviso cambio di strategia che denota però uno studio e un'idea, nel sommerso....

D’Antonio e Trocker in volo per gli States. Correranno le Nor-Am

C’è stato l’aggiornamento dei punti, fondamentale per gli atleti al primo anno che possono...

Apre lo Ski Stadium di Pozza di Fassa. Venti candeline per “Piste Azzurre”

Lo Ski Stadium di Pozza di Fassa inaugurerà ufficialmente la nuova stagione giovedì 4...