Della selezione per il master istruttori di sci alpino non mi rimangono impresse solo le lacrime di gioia e gli abbracci dei sette ragazzi che si sono guadagnati l’accesso al corso finale. Ma nella mia testa ci sono ferme le considerazioni di Timothy Bonapace e della Andrea Cailotto dopo la prova del gigante (che poi sicuramente saranno condivise da molti altri ragazzi e ragazze accorsi a Livigno). Ecco il concetto, ecco il messaggio: sentirsi atleta, anche per un solo minuto. Il gigante ha risvegliato quello che i ragazzi hanno impresso dentro: il fuoco dell’agonismo, la voglia di combattere, di confrontarsi fino all’ultimo centimetro di un tracciato. Come qualche anno fa, per qualcuno qualche mese fa, per qualche altro una sensazione che ancora oggi vive e vivrà. Il silenzio della partenza, quell’estraniarsi da tutto e tutti per memorizzare, concentrarsi, ripassare, raccogliere energie. Lo sci è battaglia individuale contro il cronometro, è una guerra dalle mille variabili, è una passione infinita. E’ anche una vocazione innata per qualcuno, ma anche l’essere predestinati se non si è accompagnati da fattori terreni può non farti emergere. Insomma, l’unica consolazione della amarezza odierna è questa. Poter essere ancora atleti. Forse una magra consolazione? Forse…
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