Livio Magoni: 'Colpa mia'

Slalom 'rosa', come ripartire dopo il disastro di Flachau

«Disastro totale, mi prendo tutte le responsabilità. Abbiamo sbagliato completamente l’allenamento, sciando sul barrato cattivo. E anche le americane che avevano lavorato con noi, a parte la Shiffrin, sono andate tutte male a Flachau. Nella seconda manche, comunque, bene almeno Federica, ha inforcato, ci sta. Costazza irriconoscibile e davvero non so spiegarmi perché: vi garantisco che anche solo nel riscaldamento pre-gara faceva paura». Livio Magoni, tecnico della squadra di slalom e gigante femminile, è un allenatore che si è sempre assunto le sue responsabilità, nella buona e nella cattiva sorte, e certo non si tira indietro dopo il disastro dello slalom nel Salisburghese. Nessuna italiana al traguardo della seconda manche. 

ERRORI – Chiaro, non può essere tutta colpa sua, no di sicuro. Non è lui che gareggia. Inoltre, a Zagabria l’Italia femminile, in slalom, aveva piazzato 3 atlete tra le prime 15 della classifica finale, solo il 4 gennaio scorso, non 20 anni fa. Quindi, trattasi anche di una gara andata veramente male, in Austria, un episodio estremamente negativo, ma pur sempre un episodio; generalizzare, in queste situazioni, è sempre un errore. La verità sta nel mezzo, tra Zagabria e Flachau. In ogni caso l’ultimo slalom offre qualche spunto per allargare il discorso alla base e ci proviamo. D’accordo, allenarsi su una pista ripida e per di più ben barrata, come la ‘Alloch’, a Pozza di Fassa, può non essere stata l’idea migliore, dal momento che a casa di Hermann Maier, invece, di pendenze ce ne sono ben poche e il responsabile della Coppa del Mondo femminile, Skaardal, non ama far gareggiare le atlete su neve ghiacciata, perché dice che ne risente lo spettacolo (la pensiamo esattamente al contrario…). E se poi avessero invece preparato un manto molto duro, come a Zagabria, e le azzurre fossero andate bene, come probabile, in quel caso? Staremmo qui a parlare di un ‘Magoni’ genio, magari. In più, non dimentichiamoci che in Val di Fassa, con le azzurre, c’era anche Mikaela Shiffrin ad allenarsi, che poi è salita sul podio ieri… Certo, lei è un fenomeno, ma non può essere tutto ridotto a un problema di allenamenti nelle ultime giornate. Il problema è più ampio.  

ANNO ZERO – La situazione dello slalom femminile è infatti ben nota da anni. Basta un dato. Dal marzo 1997, l’Italia femminile ha saputo vincere solo due volte in Coppa del Mondo: proprio 18 anni fa, poco meno, a Vail, con Lara Magoni (ex aequo con Pernilla Wiberg), e il 29 dicembre 2007, a Lienz, con Chiara Costazza, che nel novembre 2008 si infortunò ad Aspen, in gigante, al Tendine d’Achille, e da allora non è più stata la stessa sciatrice, capace di salire due volte sul podio. Elisabetta ‘Betty’ Biavaschi fu terza il 17 marzo del 2000, nello slalom di Bormio, soli 15 centesimi dietro la vincitrice Koznick, americana. In mezzo la Paerson. Manuela Moelgg (come Nicole Gius, oggi ritirata) vanta due podi nella disciplina, ad Aspen 2004 e Zagabria 2011, Denise Karbon, sì, proprio la ‘fatina del gigante’, ha sfiorato una medaglia iridata a Val d’Isere 2009 tra i ‘rapid gates’, finendo 4a per un centesimo dietro Tanja Poutiainen e davanti, di poco, alla già citata Gius. Negli anni 2000 i risultati principali sono stati questi. Il problema alla radice non lo conosciamo, probabilmente si è investito poco su una disciplina che, ce lo ha ripetuto all’infinito un tecnico bravo e preparato come Giuseppe ‘Beppo’ Zeni, necessita centinaia e centinaia di passaggi, un lavoro a parte. Quasi un altro sport, insomma. Evidentemente andava seguita di più questa specialità con un investimento sulle giovani, ma parecchi anni fa. Ormai, il dado è tratto.

MORALE – Ora, insultare tecnici e atlete come sento fare sui social network, non serve a niente. In questa stagione l’Italia ha dovuto fare a meno dell’unica ragazza relativamente giovane (classe ’91) che prometteva bene nella disciplina, Michela Azzola, ancora ferma per guai alla cartilagine di un ginocchio. E questa si chiama solo sfortuna. Non ci sono giustificazioni, per il resto, sia chiaro. Vogliamo cambiare ancora allenatori, come chiede qualcuno, posto che secondo noi Livio Magoni e il suo staff stanno facendo il massimo possibile? Servirebbe a poco, le slalomiste sono queste, al momento. Costazza, Moelgg, la sfortunata Azzola, Irene Curtoni, Brignone, Agnelli, Pardeller. C’è un’atleta valdostana del 1996 che promette bene, scende sempre senza freni e paure, per il momento sbaglia anche tanto, si chiama Martina Perruchon, ma vanta ancora pettorali alti in Coppa Europa, circuito nel quale finora ha ottenuto il primo vero risultato della carriera, un 17esimo posto, in slalom ovviamente, lo scorso 12 dicembre, a Zinal, con n. 75 di partenza, ma è troppo poco e troppo presto, forse, per pensare di lanciarla tra le grandi (o forse no, dipende dai punti di vista di chi decide). Per il resto, bisogna aspettare che il gruppo FuturSlalom produca risultati, ma serve tempo e pazienza. Sarà il quadriennio post Giochi 2018, non questo, a darci, si spera, i primi frutti di un lavoro sulla disciplina che quanto meno è stato impostato. Non esistono altre ricette: bisogna lavorare, lavorare e ancora lavorare con il gruppo a disposizione, senza trovare scuse e giustificazioni, credendoci e scendendo in pista con l’obiettivo di dare il massimo, dalla prima all’ultima porta, con qualsiasi pettorale e situazione di pista e neve, ma senza nemmeno fare drammi e gridare allo scandalo al primo disastro, perché non serivrebbe a cambiare la situazione. Che in slalom è sicuramente negativa. Ma certo non da ieri. 

 

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