Quando meno te lo aspetti, quando non ci pensi, quando non ci speri. I miracoli arrivano così, all’improvviso, fulminei, fulminanti. Tre settimane di dubbi, di tensioni. Tre settimane anche di malinconia e delusione. L’infortunio di Santa lo aveva abbattuto, proprio mentre nella prova della discesa aveva mostrato a tutti di essere il vero Inner. Poi l’assurda cancellazione della discesa e soprattutto la caduta sulla Compagnoni lo avevano messo ko. Un pugile ferito, suonato, alle corde.
CORAGGIO – Ma Christof Innerhofer è riuscito a riemergere, una resurrezione questo straordinario secondo posto di Kitzbuehel. Ha ragione il direttore tecnico Max Carca quando afferma: «Semplice. Quando bisogna avere coraggio Inner risponde sempre presente. Oggi era davvero difficile. Pista ghiacciata, sbattente, veloce. Quello di Inner è il nono podio della squadra azzurra. Avanti così». Quando lo abbiamo raggiunto al telefono ieri nel primo pomeriggio se ne stava sotto le coperte. E ci ha detto: «Ho sciato poco. In prova, nella prima, le sensazioni erano buone. Oggi non ho partecipato alla prova, ho male, il ginocchio si fa sentire». Ha chiuso gli occhi Inner, come li ha chiusi questa mattina prima di tuffarsi all’attacco del mitico pendio tirolese.
PAZZESCO – Continua Inner: «Non ho da perdere nulla, ci provo», ripeteva. Il secondo posto di Kitz è figlio di una gestione oculata, di un recupero significativo. «Cosa dire? Mi sembra incredibile, pazzesco. Ho sciato davvero poco in questi giorni dopo l’infortunio di Santa Caterina. Ho saltato Wengen, sono rimasto a casa a curarmi e purtroppo, allenarmi poco. Non avevo obiettivi particolari, era già un successo essere qua a Kitz. Questo podio da come è arrivato, ha un doppio valore».
RIENTRO PERFETTO – Fra Gais, Monaco e Speikboden. Ha gestito in maniera perfetta il rientro con la solita capacità di organizzazione e gestione. E’ tornato al momento giusto, senza rischiare a Wengen. Ed è stato un cecchino sulla Streifalm, aveva un colpo in canna e ha centrato subito l’obiettivo. L’urlo di Inner è liberatorio. Durante la preparazione estiva ed autunnale ha sciato più degli altri. Non ha mai smesso. Sempre neve, test, pali, cronometro. Gare FIS, allenamenti da solo o con la compagine azzurra. Sempre in viaggio. Sembrava quasi essere tornato indietro negli anni, quando lo conoscevamo alle prime gare fra Coppa Europa e Coppa del Mondo e sembrava uno scolaro modello sempre attento ad ogni dettaglio. Si è rimesso in gioco dopo un paio di stagioni difficili per il mal di schiena, anche se l’anno scorso sul podio c’era salito sulle nevi olimpiche di Jeongseon. In Val d’Isere e Val Gardena passi avanti, su piste non idonee alle sue caratteristoche. Poi a Santa veloce in prova, velocissimo.
CAMPIONE E PERSONAGGIO – Il podio di Inner lo catapulta nuovamente nei grande palcoscenico. Arriva proprio nel tempio di Kitz, ed è giusto così. Fuoriclasse sugli sci e fuori. Personaggio e campione. Utile a questo sport che non si sa vendere, non sa comunicare, è fermo alla preistoria. Inner è uno di quelli che lo può svecchiare.