Ci sono momenti in cui fai fatica a realizzare, a comprendere, a renderti conto. Ci sono attimi che fotografano la storia, la riscrivono, la esaltano. Ci sono ragazzi come Pietro che crescono con dentro un sogno che diventa prima un obiettivo, quindi favolosa realtà, infine definitiva consacrazione. E ci sono traguardi che segnano che sei il numero uno, il più veloce, il più forte. E non ci sono mezzi termini, non ci sono se e ma, non ci sono dubbi. E’ così punto e basta. Peter Fill, dopo la Coppa del Mondo di discesa afferrata a St.Moritz l’anno scorso, si conferma padrone assoluto della velocità e conquista ancora la mitica sfera di cristallo ad Aspen. Una doppietta limpida, nitida, cristallina. Un uno-due che segna una netta superiorità. E’ il più forte discesista della storia italiana. Carta canta. Chi vince la Coppa del Mondo è il più regolare, continuo, maturo, solido. Ci credeva Pietro. Prima di volare in Colorado per l’ultima battaglia era più sereno del solito. Ma una serenità che non era figlia di arrendevolezza, ma che invece trasmetteva sicurezza, prometteva forza e coraggio, consigliava fiducia, destava una voglia paurosa di lottare fino all’ultimo centimetro sulle nevi del Colorado. Era la reale consapevolezza di essere pronto per la battaglia finale dopo una guerra, la seconda guerra mondiale. In trincea sempre contro i vikinghi. Ma Pietro ha trionfato un’altra volta. L’anno scorso ha fulminato Aksel Lund Svindal, quest’anno ha bruciato Kjetil Jansrud. 33 punti lo separavano dal norvegese prima dell’ultimo atto. Tanti, forse troppi. E quella testa che ciondolava all’arrivo in segno di presunta sconfitta dopo aver tagliato il traguardo a 8 centesimi da Dominik Paris, lo aveva spogliato in un attimo di tutte le sue convinzioni, certezze. Dei suoi sogni. E della sua serenità. Invece lo scandinavo non morde, non lascia il segno. Si perde sui curvoni a stelle e strisce, mentre Pietro no. Pietro il leggiadro, il leggero, il fulmineo: semplicemente il grande. Il numero uno dicevamo. Proprio così. E Pietro che esulta, che si commuove, che piange. Che aspetta al traguardo il verdetto finale mordendosi le labbra con gli occhi fissati sul tabellone dei tempi. E che poi esplode di gioia e abbraccia Kjetil, vikingo sconfitto.
E che sostiene: «Incredibile, è splendido ripetersi. Un’altra Coppa del Mondo, un sogno. Sono molto orgoglioso, è stato importante riconfermarsi a questi livelli. Lo scorso anno la vittoria è stata molto sofferta perchè c’erano grandi aspettative, però mi è servita per avere meno pressione in questa stagione, che ho vissuto con molta più leggerezza. Un pensiero caro per la mia famiglia, un grazie a chi mi sostiene, ai miei sponsor, a questo professionale staff tecnico. Davvero grazie a tutti i coach».
E Max Carca, un suo coach, anzi il coach, il direttore tecnico esulta: «Peter si è regalato e ci ha regalato un’altra emozione splendida. Un fantastico atleta davvero. Il più forte di sempre? Forse, non voglio fare classifiche. Ma le sue Coppe parlano da sole…Un grazie allo staff. Non hanno mai mollato, lavorano con passione, qualità e quantità. E poi oggi un applauso anche a Dominik Paris, una favolosa doppietta».