Brignone: «Sicurezze ed energie mentali si sono trasformate in un punto di forza»

MÉRIBEL – Eterna Federica. Sono passati dodici anni da quell’argento di Garmisch, datato 2011. Ed è ancora lì, sul podio di un gigante mondiale. Ancora a una manciata di centesimi dall’oro. Erano nove quelli presi da Tina Maze, dodici quelli di oggi da una Mikaela Shiffrin che ha fatto la storia (una medaglia d’oro in sei edizioni dei Campionati Mondiali). «Quella volta ero emozionata e non mi rendevo conto, oggi invece sapevo esattamente quello che era successo e non era certo una sorpresa». 

Ancora una volta è andata vicina al grande capolavoro: il doppio oro non era poi così distate. Sapeva che quei tre decimi rimediati al termine della prima manche potevano essere mangiati alla Shiffrin, ma serviva la manche perfetta. Che Federica Brignone ha fatto, perdendosi però per strada il primo tratto. Lì ha lasciato il titolo. «L’ho buttato io, però quell’errore mi ha dato una sveglia – analizza -. Non ho rimpianti, quando gareggi in una gara da medaglie, l’importante è portarne a casa una. E non è facile, perché significa arrivare pronti a quell’appuntamento. È ovvio che mi sarebbe piaciuto conquistare un altro titolo, ma nella parte alta mi sono completamente fermata: ho perso mezzo secondo». Si è accorta di essere partita un po’ dura e si è data una mossa: «”Muoviti” mi sono detta, da lì ho iniziato a menare, poi nella lunga finale quasi non prendo la porta in uscita: sono contenta soprattutto se analizzo come stavo tre giorni fa». 

©Agence Zoom

Ieri, durante le interviste, aveva due occhi più da febbre che da tigre pronta ad attaccare. «Ho preso una brutta bronchite, ho dovuto ricorrere agli antibiotici ed ero un po’ contraria per la paura di essere tagliata di gambe». Ma Federica è così: talentuosa, con la voglia di dare tutto ogni volta che mette i bastoni fuori dal cancelletto. Lo ha dimostrato ancora una volta, certo è che oltre al carico di energia mentale, servivano anche un po’ di gambe. «Sono arrivata stanca in fondo alla prima manche, lunedì avrei voluto andare in pista, in realtà non mi alzavo dal divano. Ho accettato l’idea di non potermi preparare, mi sono presa un giorno in più. Ma di positivo c’erano le sicurezze sul gigante, la sciata, la neve: tutto si è trasformato in un punto di forza». 

Ha rispolverato dal cassetto dei ricordi quelle giornate di allenamento estive in cui si sente stanca e devastata. Ha tenuto duro, sapeva di doverlo fare e ci è riuscita. «Grazie anche alle tante energie mentali». Questo argento ha scacciato via i cattivi pensieri dopo il superG e l’ha resa ancora una volta orgogliosa di quello che è riuscita a fare. «Una medaglia d’oro e una d’argento sono tanta roba». Risultato ancora più prestigioso se si pensa che proprio un anno fa ne aveva altre due al collo. Olimpiche, a Pechino. «Il sogno proibito di questa stagione era quello di tornare a casa con tre medaglie – racconta -. Era fattibile per come mi sono presentata qui, però sono felice così». 

©Pentaphoto

Non sa ancora dove andrà in vacanza e non vuole neppure pensare ai Mondiali di Saalbach del 2025 («Oddio, questa è una domanda trabochetto…» ride). Si vive il momento, si vive la stagione attuale e pensa anno per anno. Come più volte ha detto e ribadito: «Sono stati due anni difficili (il riferimento è alla pandemia) e alla fine della scorsa stagione, dopo le due medaglie olimpiche, un pensiero al ritiro l’ho fatto. Poi avevo ancora voglia di allenarmi e sono qua, con davanti un mese di Coppa del Mondo in posti che mi piacciono moltissimo». 

Lo sci azzurro si colora di rosa, Federica fa il tifo per il settore maschile («speriamo che i nostri ragazzi possano farci sognare») e racconta di essere cresciuta con le immagini di Alberto Tomba, Deborah Compagnoni, Kristian Ghedina e Isolde Kostner. Non ha mai apprezzato troppo Lindsey Vonn, ma ha sempre stimato Alexis Pinturault, Tina Maze, Denise Karbon Manuela Moelgg, Chiara Costazza, Benjamin Raich Marlies Schild. E poi ancora Bode Miller e Ted Ligety. 

Federica si gode questo argento, con tanta voglia ancora di sciare e gareggiare. Perché la Coppa del Mondo non è finita e tante soddisfazioni potrà ancora togliersi. Gli occhi sono ancora un po’ lucidi, ma questa volta per le emozioni e per la dedica alla famiglia Fanchini, nel ricordo di Elena: «Un esempio di generosità, naturalezza e genuinità, con Elena ho trascorso moltissima anni in squadra. Me la ricorderò per sempre, è presente nel mio cuore». 

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