Allenatori personali per le migliori atlete: è questo di fatto il cambiamento, Roda dixit, che verrà apportato al team femminile italiano per la stagione olimpica 2017-2018 dopo i Mondiali svizzeri. Per chi? Resta ancora da capire anche se qualche nome abbiamo provato ad abbozzarlo solo pochi giorni fa. Del resto è quanto anche auspicato da Sofia Goggia nell’ultima chiacchierata con i giornalisti italiani a St. Moritz 2017, prima del gigante, e da queste pagine almeno da un paio d’anni: «La squadra va bene così, bisognerebbe solo ottimizzare il lavoro ancora di più nel passaggio da una disciplina all’altra», il pensiero della bergamasca in soldoni.
PASSATO E FUTURO – Dunque si cambierà ancora (o meglio, si aggiungerà probabilmente) nell’estate che porterà poi a PyeongChang 2018. Già, ma intanto che cosa resta della rassegna iridata femminile per l’Italia? Una medaglia di bronzo dall’attesissimo gigante e non è comunque poco ahinoi, perché l’unica conquistata dal team azzurro ai Mondiali nelle ultime 23 gare disputate, cioè dal gigante maschile di Schladming 2013 (bronzo Manfred Moelgg) comprendendo anche Vail 2015 e St. Moritz 2017. E’ poco in realtà, molto poco, rispetto alle attese, soprattutto dopo una stagione da una vittoria (Brignone a Kronplatz in gigante) e 14 podi in Coppa del Mondo. I motivi? Non sono semplici da “scoprire”, ammesso ci debba per forza essere una giustificazione tenendo conto che sulla “gara secca” è molto più difficile fare pronostici. La squadra, slalom a parte come ampiamente previsto, è stata competitiva in tutte le specialità: Elena Curtoni ha sfiorato la medaglia in superG così come Sofia Goggia in discesa, in combinata la stessa bergamasca era in testa a metà gara, in gigante tre azzurre si sono piazzate tra le prime sei, anche se solo una sul podio.
LIVELLO DA ALZARE – Eppure non basta. Perché? Perché in queste grandi rassegne tutte le Nazioni, specie l’Austria, sono in grado di elevare il livello del proprio rendimento, per non parlare di Olimpiadi. L’Italia, ottava nel medagliere storico complessivo dei Mondiali di sci, storicamente non riesce a farlo. Questione di concentrazione? Psicologica? Probabilmente sì. In fondo la Coppa del Mondo è fatta di circa 40 gare a stagione, due (anche tre a volte) a weekend: se ne sbagli una, puoi rimediare il giorno dopo. A Mondiali e Olimpiadi il discorso cambia completamente. Basti pensare al fatto che anche ai tempi di Tomba e Compagnoni ci furono clamorosi flop Mondiali, pur con tutte le giustificazioni del caso, come Vail 1989 (quando certo Deborah aveva solo 18 anni), Morioka ’93 (con Tomba purtroppo ammalato, impossibilitato a gareggiare in gigante, debilitato per lo slalom) e Vail ’99, quando il grande Alberto era già ritirato e Compagnoni meditava di farlo da lì a poco. Qualcuno parla di meno giorni sugli sci dell’Italia rispetto ad altre Nazioni, che tornano a lavorare già tra aprile e maggio con gli attrezzi del mestiere, mentre le azzurre solitamente ripartono da luglio dopo un’intensa preparazione atletica. Un tema già affrontato più volte da queste pagine anche se non vi è la certezza che più giorni sugli sci d’estate significhino automaticamente migliori risultati, il grosso del lavoro si fa comunque in Sudamerica e l’Italia a Ushuaia, in Argentina, ha la priorità sulle altre Nazioni e la massima disponibilità di piste e organizzazione.
FUTURO – E allora? E allora, senza dimenticare che la stagione è andata bene e probabilmente si concluderà in maniera altrettanto positiva, resta da capire come fare per centrare gli obiettivi ai grandi eventi (alle Olimpiadi le ultime medaglie femminili dello sci alpino restano quelle di Ceccarelli-Kostner-Putzer a Salt Lake City 2002), dove la pressione mediatica è tremendamente forte (circa 40 giornalisti italiani a St. Moritz, in una tappa straniera del circuito femminile è già tanto se ne trovate due) e di conseguenza sugli atleti stessi. E attenzione, a fine stagione (come riporta la Gazzetta dello Sport) molte Nazioni torneranno in Corea a testare le piste olimpiche per la seconda volta. Non l’Italia… In queste condizioni Sofia Goggia è stata persino brava a “salvare” la patria prendendosi il bronzo in gigante all’ultima occasione disponibile; Federica Brignone ha lasciato il Canton Grigioni con un 8° posto in superG, un 7° in combinata e un 4° in gigante (essendo poi l’unica italiana in grado di arrivare almeno al traguardo in slalom), piazzamenti che ai Mondiali nessuno ricorda, ma che comunque testimoniano la sua qualità generale; e molto probabilmente, come già scritto, Elena Curtoni andava schierata in discesa, visto il buon stato di forma e la discreta intesa con la pista Engiadina. Non crediamo alla sfortuna, ma certo due quarti posti ci dicono che grande fortuna il team di Guadagnini non l’ha avuta a questo Mondiale. L’Italia complessivamente ha portato in Svizzera 21 atleti sui 24 possibili, maschi e donne compresi: c’è chi si chiede perché non sia stato riempito il contingente completamente, mentre noi saremmo addirittura per l’opzione contraria, portare meno atleti (magari inserendo però qualche giovane e pazienza se non fa risultati, stile Marta Bassino presente già a Vail 2015 a 18 anni), e solo quelli con vere chance da medaglia. Sarebbero pochi, pochissimi? Pazienza. A proposito. Marta Bassino, molto attesa alla vigilia, ha probabilmente subìto una situazione per lei nuova e difficile da maneggiare a 20 anni, cioè quella di essere tra le favorite per le medaglie in gigante. Il futuro è suo, sperando d’ora in poi di vederla sempre in gara anche in superG.
SLALOM – La situazione tra i rapid gates è nota da tempo, figlia di un mancato investimento che risale a parecchi lustri fa e della impostazione italiana che parte a qualsiasi livello dal gigante e non dallo slalom, e non cambierà per PyeongChang 2018 né cambierebbe lasciando improvvisamente a casa Chiara Costazza, Irene Curtoni e Manuela Moelgg, che in ogni caso garantiscono la salvaguardia dei posti nella specialità. Con loro si andrà in Corea, mentre le giovani più promettenti, anche qui Roda Dixit, ovvero Della Mea, Saracco e Lorenzi (e magari qualcun altra) già dalla prossima estate verranno portate in Argentina, intanto per abbassare i punti FIS e poi per lavorare con le compagne. Va però fatto un investimento pesante, in questa specialità, sulle atlete nate negli anni 2000, in ottica prossimo quadriennio olimpico (quindi verso Pechino 2022) e Cortina 2021, la Svizzera femminile insegna: non vince in Coppa del Mondo in slalom dal 2002 con le donne, ma adesso dispone di atlete del calibro di Wendy Holdener, Michelle Gisin e Melanie Meillard, classe ’98, e nel 2011 era messa peggio di noi nella specialità. I frutti eventualmente si potranno raccogliere nelle rassegne a partire dal Mondiale italiano 2021, mentre da qui a un anno la situazione non cambierà radicalmente, perché miracoli non si possono fare in 365 giorni.
GESTIONE – Il caso Brignone-Goggia, di cui si è parlato tanto durante i Mondiali anche, forse, per mancanza di altri argomenti in attesa della prima sospirata medaglia, deve comunque far riflettere in ottica Olimpiadi 2018. Più la FISI che noi. Serve probabilmente un manager che gestisca meglio queste situazioni, manager singolo delle atlete o della Federazione. E’ chiaro che tutta la “bolla” è scoppiata principalmente per la presenza massiccia di giornalisti italiani a St. Moritz, mentre magari di pretesti per parlare di questa rivalità ce ne sarebbero stati anche nel recente passato in Coppa del Mondo, dove però, specie nelle tappe straniere, di giornalisti se ne incontrano pochi. Ma poi, al di là di chi possa avere ragione o torto sulla vicenda, vanno evitati i “punzecchiamenti” diretti o indiretti, le frecciatine anche ironiche tra atlete davanti alla stampa, altrimenti i cronisti ci vanno ovviamente a nozze, su questi argomenti. Manuela Moelgg, vera capitana e grande donna, è dovuta intervenire (così almeno si dice), per richiamare all’appello le due di cui sopra. Conoscendo il soggetto, ci crediamo. In questo caso pare comunque abbia ragione Andrea Massi, che da… buon filosofo per una volta ha sentenziato: «Scannatevi pure in pista, va benissimo, ma a tavola serve un clima cordiale, in squadra». Ha ragione. Poi, le rivalità sono sempre esistite anche in Italia, male non fanno, tutto sommato si è parlato di sci per questo motivo pur senza medaglie nella prima settimana abbondante e lo stesso Fabio Fazio, ospitando Federica Brignone in RAI domenica 19 febbraio, non ha potuto esimersi dal fare una domanda sulla Goggia (che sarà ospite a fine stagione della stessa trasmissione) alla valdostana. La quale ha risposto in maniera diplomatica e corretta: «Siamo rivali, ma solo in pista». Fine della storia. Per questa puntata.
COPPA DEL MONDO – Archiviato il Mondiale, è tempo di pensare alla Coppa del Mondo, con Sofia Goggia che può chiudere sul podio della classifica generale e superare quota 1000 punti nella Overall, impresa riuscita nel passato (e dalla stagione 1991-1992, cioè da quando esiste questo sistema di punteggio) solamente a Karen Putzer, seconda dietro Janica Kostelic con 1100 punti nell’annata 2002-2003.