Il 26 febbraio 1985, 40 anni fa, moriva Leonardo David. Quando incappò nella caduta che gli fu quasi fatale, nel febbraio 1979, doveva ancora compiere 19 anni ed era considerato un giovane campione. David era una più che una promessa dello sci italiano: secondo tanti si apprestava a raccogliere il testimone Gustav Thoeni. Sarebbe potuto essere l’anello di congiunzione tra l’epoca della Valanga Azzurra e quella di Alberto Tomba. Maria Rosa “Ninna” Quario, componente della Valanga Rosa e madre di Federica Brignone, è quasi coetanea di David e assicura: «Sarebbe diventato un grandissimo campione, capace di scrivere la storia dello sci italiano come in pochi hanno fatto prima e dopo di lui».
La storia di David è molto conosciuta da chi c’era in quegli anni. Tuttora la breve vita di David è ricordata con affetto e tanta mestizia, specie a causa delle circostanze che lo hanno portato prima in coma e poi alla morte. Ma partiamo dall’inizio.
Nato a Gressoney-Saint-Jean nel 1960, Leonardo David era figlio d’arte. Il padre Davide fu campione italiano di discesa libera nel 1953 e 1957. S’intuisce subito che Leonardo ha stoffa: nel 1977 è sul podio degli Europei juniores in gigante, nel ’78 vince la classifica generale di Coppa Europa. Quando entra in squadra A, nell’estate del ’78, la Valanga Azzurra ha imboccato il viale del tramonto e veterani come Fausto Radici ed Erwin Stricker si sono ritirati. Durante quell’estate alla conduzione tecnica della Nazionale Mario Cotelli viene rimpiazzato da Erich Demetz.
Ricorda Chicco Cotelli, fratello di Mario, che ben presto David si rende «perfettamente conto delle proprie qualità. Pian piano si avvicina ai campioni del momento e capisce che può batterli». Al debutto in Coppa del Mondo, nel gigante di Schladming del 9 dicembre 1978, David centra un incredibile terzo posto nonostante il pettorale 29. Sorridente, ai giornalisti confida che quello Stenmark che ha vinto anche oggi, prima o poi, sportivamente parlando, lo avrebbe «bastonato».
David è sulla cresta dell’onda. Due settimane dopo, nello slalom di Kranjska Gora, va di nuovo sul podio. Nel febbraio 1979 arriva secondo nello slalom di Jasna, tempo due giorni ed ecco la prima vittoria, sempre in slalom, a Oslo. In entrambe le occasioni arriva davanti a Stenmark. Pochi giorni dopo la prima vittoria in Coppa del Mondo, David è a Cortina per i Campionati italiani assoluti. È il favorito per quasi tutte le gare. Il 16 febbraio sull’Olympia delle Tofane va in scena la discesa libera, nonostante il meteo non ideale. Mentre scende velocissimo, David cade e batte la testa.
Quello che segue è un triste calvario fatto di mal di testa sottovalutati, esami medici con esito negativo, tanta voglia di competere e altrettanta di farlo competere a ogni costo, un volo intercontinentale per disputare la discesa pre-olimpica di Lake Placid, dove si sarebbero tenute le Olimpiadi invernali nel 1980. Durante quest’ultima gara, nel tratto finale di pista, cade di nuovo. Sviene poi, come racconta Riccardo Crovetti in Leonardo David. La leggenda del ragazzo campione, sugli sci di Piero Gros, che è il primo a chiamare i soccorsi. A nulla servono diverse operazioni effettuate tra Stati Uniti e Innsbruck. David entra in coma e muore sei anni dopo.
Oggi è dedicata a Leonardo David la pista nera di Gressoney-Saint-Jean, al di sotto della seggiovia Weissmatten. In piazza Tache, invece, a Gressoney, è stata apposta una targa in sua memoria, che recita: «Appena diciottenne suscitò l’entusiasmo internazionale con le sue imprese sciistiche, che tutto il mondo commosso seguì con vana speranza». E poi termina con una frase in walser, idioma locale: «Médensch bésch némme aber én éndsché erénneròng geng». Ovvero: con noi non ci sei più, nei nostri ricordi per sempre.