Federica Brignone non parla di gara perfetta neppure nel giorno del trionfo strepitoso di Saalbach. «Qualche errorino c’è stato, però sì il risultato è stato perfetto». È una giornata speciale per la campionessa di La Salle che a distanza di 28 anni riporta il titolo iridato di gigante in Italia. Prima di lei solo Deborah Compagnoni, con lo stesso skiman alla partenza. Quel Mauro Sbardelotto che è sparito dopo la prima manche. «Non so dove è andato – racconta Federica – fa effetto questo risultato, lui è una persona fondamentale e stupenda, abbiamo un bel team». Così com’è stato fondamentale l’affiancamento con il fratello Davide, con il quale ha impostato un percorso di crescita per provare a imitare le grandi del Circus, su tutte Mikaela Shiffrin e Lara Gut-Behrami. «È stato lungo, ci ho messo più tempo per raggiungere questa lucidità e tranquillità. Da quando è arrivato mio fratello ho iniziato a lavorare tanto sulla mente, ho conosciuto persone che mi hanno aiutato». Ma c’è anche la squadra, che non si dimentica di ringraziare. «Ci ho lavorato, ho studiato per migliorare me stessa, per essere fredda al momento giusto». Oggi quando ha messo i bastoni fuori dal cancelletto di partenza sapeva benissimo che cosa da lì a poco si sarebbe andata a giocare. «Ho guardato le prime atlete, ho gestito la terza porta perché non ho voluto prendermi rischi – aggiunge – Sapevo anche come affrontare l’ultimo passaggio». Quella blu piede sinistro sull’ultimo dosso che ha scaricato verso il basso diverse atlete. «Avevo margine ed ero molto lucida». Ieri notte ha dormito poco, ha letto un libro spegnendo presto la televisione. Preferisce la lettura a un schermo. Era un po’ agitata, come ha confermato la mamma Ninna Quario che oggi ha fatto la spettatrice in tribuna, prima di scendere nel luogo che ha vissuto con intensità per anni: la zona mista. «Sono stata 1 ora con lei ieri, abbiamo parlato di biathlon e della tracciatura, non certo della gara. Era un po’ tesa».

È un cerchio che si chiude quello di Federica Brignone. Argento a Garmisch 2011, argento a Courchevel 2023, ora quella medaglia d’oro che le permette di coronare un sogno. Perché l’oro della combinata in Francia ha un altro sapore rispetto al titolo nella disciplina regina. «Che è sempre stata amore e odio – racconta -. Mi mettevo talmente tanta pressione da star male, non riuscivo a sciare. Mi bloccavo, come per esempio dopo l’uscita a Kranjska Gora quest’anno. È il massimo essere riuscita a performare nel giorno giusto, nella gara iridata». Non c’è stata storia sulla neve primaverile e trattata alla perfezione con il sale. «Sono le sue condizioni» aggiunge Ninna Quario. Ma non basta certo questo per vincere l’oro. Servono determinazione, talento, sciata veloce e coraggio. Elementi che oggi Federica Brignone è riuscita a mettere in pista con la sua solita classe. In partenza ha sentito l’esultanza dei tecnici americani e aveva capito che Paula Moltzan era andata a medaglia; poi il rispetto del team amico di Alice Robinson, che dopo la strepitosa manche è rimasto in silenzio. «E in fondo li ho ringraziati, sono stati corretti». C’è anche stato uno scambio di vedute tra Enrica Cipriani, che segue la comunicazione di Robinson, e Nina Quario. Un confronto tecnico. Della serie. Dopo la manche di Alice, Brignone si sarebbe dovuta superare. E lo ha fatto, mettendo a segno il miglior tempo anche nella seconda frazione. Nove decimi di distacco, più di due e mezzo alla terza. «Ci ho sciato due giorni con con Alice e andava forte, io ho invece subito faticato a ritrovare il ritmo e ho “ciapato”. Il secondo giorno sono entrata in confidenza». E sulla combinata dice: «Mi è dispiaciuto non farla, è stato veramente un bell’evento, dall’altra sapevo di dover optare per questa scelta, non avrei potuto fare la differenza in discesa».

Tre medaglie olimpiche, cinque mondiali e ora una Coppa del Mondo che riprenderà sulle nevi di Sestriere, con due giganti e uno slalom. E tanti altri obiettivi da raggiungere. «In realtà avevo tante caselline da spuntare e ora lo sono, poi certo l’andamento in Coppa del Mondo è una conseguenza. Ma piedi per terra, anzi scarponi attaccati agli sci». Si gode il successo, con un pizzico di emozione. Squadra azzurra e amici in festa, medal plaza sotto i primi fiocchi di neve, una intervista dietro l’altra. L’ultima alla ORF, con la medaglia d’oro al collo. E lei che ha studiato tedesco e l’altro giorno ha lasciato il segno in diretta televisiva, oggi ha esordito: «Scusate, sono in un vortice di emozione e preferisco parlare inglese».
Quell’emozione che l’ha avvolta una volta tagliato il traguardo, quando sperava solo di intravedere quella luce verde, fregandosene del distacco che solo in un secondo momento ha guardato. «Non sapevo se urlare, esultare o piangere» racconterà dopo. Insieme a qualche altro particolare della lunga attesa: «Sono stata tranquilla, ho parlato con la mia amica di Haiti, ho mangiato, guardato le ultime gigantiste che hanno colorato questo mondiale». Poi musica nelle orecchie, tra Coldplay e Oasis, prima di mettere fuori i bastoni dal cancelletto e andare a prendersi l’oro e la storia.