Ci sono ventiquattresimi posti e ventiquattresimi posti. Quello conquistato nel gigante di Coppa del Mondo di Santa Caterina Valfurva ha un significato particolare ricco di valori, è un messaggio preciso, è per certi versi ancora più grande di quello che poi nella realtà rappresenta. Stefano Baruffaldi, lecchese di Dervio classe 1992, ne ha vissute di tutti i colori. Fuori dal giro azzurro, questa primavera è stato escluso dal gruppo sportivo delle Fiamme Gialle. Forte della sua top 80 al mondo della disciplina, la federazione lo ha convocato per l’opening di Soelden e per il doppio appuntamento valtellinese. Sulla pista di Santa intitolata a Deborah Compagnoni Baru ha riscattato momenti bui, si è riabilitato con chi lo dava per decrepito e ossessionato dalla voglia di dimostrare l’indimostrabile, ha fatto capire che si può sempre risorgere. Lottare, anche soli. Ma devi averlo dentro come Baru, quel fuoco che anima la voglia di riscatto. La sua qualifica è una favola a lieto fine e come le favole, anche i dettagli sono rilevanti. Per l’inezia di un solo centesimo è dentro, si qualifica per la seconda frazione. La ventiquattresima piazza di Baruffaldi è anche una scossa al sistema. Aggregato in extremis alla Fisi, fuori dalle logiche dei corpi militari. Se c’è chi fa il diavolo a quattro per farsi tesserare da un gruppo sportivo miliare appena Aspirante (senza risultati e scimmiottando una consuetudine), c’è chi come Baru ha dimostrato che ci sono altre vie per emergere. Certo, bisogna avere il coraggio di intraprendere un viaggio alternativo. Sì è accasato ad una società privata, ossia lo sci club Drusciè Cortina, si allena con una struttura privata, ovvero il Global Racing che gestisce diversi ragazzi delle più svariate nazionalità e che si cimentano fra Coppa del Mondo e Coppa Europa. Si è affidato a strutture che in Italia possono essere marginali, ma che invece rappresentano il futuro. Anche nello sci. E le ondate di atleti vincenti dell’Est, le esperienze non solo dei paesi scandinavi ma anche di realtà come Belgio e Olanda, sono lì a dimostrarlo. Deriso sui ghiacciai, ostacolato nel suo cammino tecnico, Baru ha dimostrato che la ragione è dalla sua parte lasciando il segno. E questo risultato è anche di quei coetanei che stanno facendo il suo percorso agonistico o hanno preso un’altra strada nella vita. Ma questo ventiquattresimo posto è anche loro. Anzi, è un po’ di tutti. Questo risultato deve essere un viatico contro l’abbandono all’agonismo, uno stimolo a non abbandonare il mondo delle gare. Perché quelli come Baru, che per fortuna non è l’unico, hanno una passione smisurata, infinita, eterna. Vivono in un equilibrio instabile, vivono nell’incertezza totale, vivono in balia di una convocazione acciuffata all’ultimo momento. Vivono di agonismo.
ECCO BARU – Baru esulta, eccolo il Leone di Dervio: «Semplicemente ho dimostrato di non essere finito, nessuno ci credeva più, tranne me. Ho trovato nell’ambiente ostilità ma non nego che ho sempre guardato avanti perché ero consapevole delle mie capacità. Mi sentivo solo, ho trovato nel Global Racing una guida tecnica grazie a cui ho continuato il mio cammino agonistico. Certo, è un impegno economico, ma è stato un investimento per quel che mi riguarda. Oggi è un giorno bestiale, ho sfruttato una delle pochissime occasioni che mi hanno concesso. Lo scorso febbraio ero vicino a lasciare tutto, ad abbandonare quello che amo. Subito, come sempre, non avevo certezze dal mio mondo, ma ho stretto i denti perchè sapevo di avere i punti per poter essere preso in considerazione in Coppa del Mondo. Questa prima qualifica è tutta mia, l’ho cercata allo sfinimento ed è arrivata. Domani sarà tempo di programmi e di pensare alla gara in Alta Badia, ma domani. Adesso voglio solo godermi questo momento». Ed esulta anche Flavio Alberti, il presidente dello Sci Club Drusciè Cortina con cui il ragazzo lombardo è iscritto: «Una grande giornata per Stefano ma anche per il nostro sodalizio. Siamo fieri di te, la tua determinazione ti ha premiato. Sei uno stimolo per i nostri ragazzi del club. E ora…tutti in Alta Badia».