C’è tanto rumore in questo momento attorno a Federica Brignone, com’è normale che sia. Anche perché rimane la prima candidata al ruolo di portabandiera nelle Cerimonia inaugurale del 6 febbraio per i Giochi di Milano-Cortina 2026. Previa convocazione e partecipazione, ovviamente.
Le ultimissime informazioni raccolte danno un po’ più di speranza, che non sembrava esserci invece anche solo due settimane fa. Il ritorno sulla neve è andato bene, ma ovviamente bisogna cominciare a forzare con i pali e quella è un’altra storia. Qualcuno ha ipotizzato anche un possibile ritorno in Coppa del Mondo magari attorno alla metà di gennaio. Vedremo.
Intanto Federica è stata ospite ieri sera dell’Olimpia Milano, che tra l’altro ha vinto una partita cruciale contro il Panathinaikos per il prosieguo del cammino in Eurolega, all’Unipol Forum di Assago. Ai microfoni di Giulia Cicchiné di Sky Sport si è espressa così sull’immediato futuro: «Milano-Cortina 2026? Io ci sto sperando e ci sto provando. A che punto sono? Sto ancora… scivolando sulla neve, chi vede un video mentre scio pensa magari che sia già ad alto livello, sono molto soddisfatta di come sta andando, ma ho ancora tanto lavoro da fare. In ogni caso, ci credo davvero».
Il percorso di recupero è stato lungo e tosto: «Diciamo che avrei dovuto metterci ben più di quello che ci ho messo per tornare a sciare, in teoria. E quindi sono molto orgogliosa di quanto abbiamo fatto, tutti assieme sì, perché con me hanno lavorato molte persone a cui devo tantissimo. Se sono a questo punto è anche grazie a loro. E’ stato tosto, impegnativo, però pure soddisfacente, almeno fino a questo punto. C’è ancora tanto da fare, programmiamo settimana per settimana».

Cadute e tanti infortuni nell’ultimo periodo: «Il nostro sport è pericoloso, quello bisognerebbe saperlo prima di farlo. Ovviamente si possono migliorare tante cose, ma molti infortuni come il mio accadono. In gara non ci sono problemi sulla sicurezza. Ci sono degli studi dietro, stanno lavorando tanto, si può sempre fare qualcosa di più, però bisogna anche accettare e capire che il nostro sport è difficile e può essere pericoloso».




