Si è appena concluso, anche per le ragazze, il Critérium de la Première Neige, storica tappa di Coppa del Mondo in Val d’Isere, che per anni ha aperto il circuito maggiore (dal 1968 e per molte annate a seguire). Sulla pista Daille, che esiste ancora oggi e che è di fatto in gran parte proprio la O-K, Oreiller-Killy, dove attualmente gareggiano le donne, hanno ottenuto il primo successo in Coppa del Mondo, tra gli altri, gli azzurri Gustav Thöni, Herbert Plank e Piero Gros.
Ma su quel pendio che già aveva cambiato nome, esattamente il 7 dicembre 1975, cioè cinquant’anni e 16 giorni fa, nacque la leggenda dei “Crazy Canucks”, cinque discesisti canadesi spericolati, spettacolari, vincenti, a cui all’inizio dei primi anni ’80 andrà aggiunto Todd Brooker (e, più avanti, Rob Boyd, meno “crazy” però, re della Val Gardena), fermato poi da una caduta rovinosa in prova, che oggi per fortuna può raccontare, a Kitzbühel nel 1987. Si ritirò subito dopo aver riportato una commozione cerebrale, una frattura al setto nasale e lesioni a un ginocchio. Ancora di questi tempi rivederla mette i brividi. Ma è un’altra storia.
Torniamo a Val d’Isere, dicembre 1975. Franz Klammer è già il re incontrastato della discesa libera: nella stagione precedente, 1974-1975, le ha vinte tutte in Coppa tranne una, a Megève, altrimenti si sarebbe assicurato pure la classifica generale grazie al gioco degli scarti e non staremmo qui a parlare della mitica sfida nel parallelo di Ortisei del 23 marzo 1975 tra Thöni e Stenmark.
I suoi avversari principali si chiamano, in quel momento, Bernhard Russi, svizzero, oro iridato in Gardena ’70 e olimpico a Sapporo ’72, e Herbert Plank, 5 vittorie in Coppa del Mondo, bronzo ai Giochi ’76. Anche e soprattutto Roland Collombin, ma di lui parleremo a breve. “Kaiser” Franz dominerà pure la stagione 1975-1976, ma quel giorno in Val d’Isere esce, mentre Russi e Plank salgono sul podio. Non sul gradino più alto però. Su quello piomba un 20enne di belle speranze: Ken Read.

Recentemente, proprio Read ha raccontato su Ski Racing quella giornata e quell’impresa. Questo è un estratto: “Quella fresca e limpida mattina di dicembre sulle piste superiori di La Daille è rimasta impressa nella mia memoria – racconta Kean -. Sembrava diversa. Le curve di riscaldamento nella mia preparazione pre-gara si susseguivano senza sforzo e l’intera routine aveva una piacevole chiarezza”.
“Ai nostri tempi, Val d’Isère era un luogo intimidatorio. Si trattava del Critérium de la Première Neige sulla pista “Oreiller-Killy”, in onore di due grandi sciatori francesi: la prima discesa libera della stagione, la tradizionale gara di apertura. Due giorni prima, la medaglia d’argento olimpica a Sapporo 1972 e due volte vincitore della Coppa del Mondo di discesa libera, Roland Collombin, era caduto ancora durante le prove, come anche nel 1974, ponendo fine alla sua carriera. Lo sciatore francese Michel Dujon era tragicamente morto in un incidente durante i test sugli sci. La tensione era alta”.

“Ma questo non era un giorno di gara come gli altri. Dopo un anno da rookie, partendo con pettorali tra il 40 e il 50, ora ero tra i primi 15 – ammette Read -. Qualche settimana prima, avevo scherzato con il nostro allenatore capo, Scott Henderson: “E se mi toccasse il pettorale n. 1?” La sera prima della gara, entrò nella nostra stanza (io dividevo il letto con Dave Irwin), lanciò i pettorali e disse con un sorriso: “Hai ottenuto il numero che speravi”. Col senno di poi, partire per primo è stata una benedizione: nessuna traiettoria particolare da seguire, nessuna distrazione, solo la concentrazione sullo scivolare, saltare e mantenere la velocità su una serie di salti insidiosi”.
“Sono partito con un unico obiettivo: seguire il tracciato. Giù per il “Mur du Départ” a 130 km/h, lanciandomi dalla nuova “Bosse à Collombin” – un colpo duro – ho ripreso rapidamente il ritmo: curve toste, nei “prati”, dove il trucco era seguire il terreno, non le porte. Superata la “Bosse à Tunnel”, accelerando fino a 140 km/h e lanciandomi ne “La Compression”, che richiedeva impegno totale e adattamento immediato, sono volato poi per 30 metri e mi sono lanciato nello “Schuss d’arrivée” e oltre il traguardo. Pulito. Tempo: 2’04″97, due secondi più veloce dei migliori crono in prova di tutta la settimana. Gareggiando con il pettorale n. 1, ero solo al traguardo. Ora ero io l’obiettivo”.

Si badi bene: Read vantava solo un anno di esperienza alle spalle, per un totale di 10 gare di discesa libera in Coppa del Mondo. Quindi le aspettative erano basse. Nessun canadese maschio era mai salito il podio in Coppa del Mondo. Nessuno aveva mai vinto in nessuna disciplina. Questo rendeva la vittoria ancora più improbabile. E quel giorno, invece, Ken Read diventa il primo sciatore canadese a imporsi in Coppa del Mondo e il primo nordamericano a farlo in discesa libera.
Ancora il suo racconto: “Tutti gli occhi erano quindi puntati sul pettorale 14: l’austriaco Franz Klammer doveva rimettere le cose a posto. Nei tempi parziali, Klammer rimase indietro. All’intervallo finale aveva ridotto il distacco, ma a soli 200 metri dal traguardo, il terreno accidentato dello Schuss d’arrivée colse di sorpresa il “Kaiser”, che cadde. La mia reazione iniziale fu di euforia, rapidamente mutata dalla preoccupazione per Franz, poiché si trattò di una caduta terribile. Fortunatamente, non ci furono ferite visibili. Franz mi trovò rapidamente nell’area di arrivo e mi strinse la mano. E fu allora che capii: avevamo vinto!”.
Non era solo una vittoria. Era una svolta: il primo successo in Coppa del Mondo di un canadese in qualsiasi sport. Quel giorno cinque canadesi erano tra i primi 13. Solo due settimane dopo, Dave Irwin avrebbe trionfato a Schladming e, ancora una volta, cinque canadesi sarebbero finiti tra i primi 15. I “Crazy Canucks” erano arrivati, come vennero soprannominati da Serge Lang, il giornalista francese creatore della Coppa del Mondo di sci.
Il mondo dello sci era sconvolto. Malcolm Milne, australiano, era stato l’unico non europeo a vincere una discesa libera, e si allenava con la squadra francese. Nel dicembre 1975, per la prima volta, degli “outsider” avevano ribaltato l’ordine dello sci agonistico. Fin lì in discesa avevano vinto solo francesi, austriaci, svizzeri, italiani e un tedesco, Franz Vogler, in America, nel 1972. Una sola volta.

A distanza di 50 anni sappiamo che quello fu un momento fondamentale per lo sport canadese. Vincere era ora una possibilità sia per le donne (per quanto Nancy Greene aveva dominato le prime due edizioni della Coppa del Mondo), sia per gli uomini, in qualsiasi sport invernale. Nel 1975, quella mentalità non esisteva. I programmi sportivi canadesi non avevano le risorse e la leadership tecnica per poter anche solo pensare di competere con i migliori. C’è voluto coraggio da parte di Scott Henderson, il capo allenatore, per concentrare le risorse sulla velocità. Ha riconosciuto il potenziale e l’opportunità di rompere lo schema della mediocrità.
“Onestamente, chiunque di noi avrebbe potuto essere il primo – racconta ancora Read -. La storia lo ha dimostrato. Nel giro di 36 mesi, ogni Crazy Canuck aveva vinto o raggiunto il podio. Il conteggio finale in nove stagioni è stato di 46 podi, di cui 14 vittorie. La nuova mentalità si è radicata”. Jim Hunter, Dave Irwin, Dave Murray, Steve Podborski e Ken Read non sapevano ancora che quella decisione di puntare tutto sulla velocità li avrebbe portati nella leggenda
Negli ultimi 50 anni, diverse generazioni di sciatori canadesi hanno lasciato il segno nello sci, dimostrando che i canadesi possono essere dei vincenti. Ancora Read: “In apparenza, lo sci agonistico è semplice: una partenza, un arrivo e il più veloce tra i due. Ma è anche lo sport più difficile in cui avere successo: estremamente competitivo, in continua evoluzione, influenzato da condizioni di neve ingannevoli e radicato in un ambiente profondamente eurocentrico. Affrontiamo queste sfide non perché siano facili, ma perché sono difficili. E questo rende ogni successo ancora più dolce”.

Tornando al 1975, il concetto alla base della nuova filosofia creata a tavolino anche dagli allenatori era semplice: per vincere, i canadesi, meno tecnici degli europei, non dovevano frenare dove gli altri invece frenavano e per farlo avevano bisogno di forza muscolare, di un coraggio estremo e di una fiducia in sé stessi oltre il limite. Quindi decisero di puntare tutto sulla preparazione fisica e sul lavoro in palestra, furono tra i primi a capire l’importanza del lavoro a secco.
Ken Read dunque il 7 dicembre 1975 conquista la discesa in Val d’Isere, ma a sorprendere di più è il quarto posto di Dave Irwin, unito al nono di Jim Hunter e al decimo di Steve Podborski, all’epoca diciottenne. Quattro canadesi nei primi dieci: due settimane dopo si va a Schladming, come detto, e il Team Canada si ripete, questa volta con Dave Irwin, dimostrando di avere profondità. I ragazzi vanno forte, rappresentano una novità, sono comunicativi e il pubblico inizia ad amarli.

L’epopea di Klammer, per carità, continua: un regno che si concluderà con cinque coppe di specialità e l’ultimo storico trionfo nel 1984 a Kitz, ma tra il 1975 e il 1982 i Crazy Canucks vincono 14 gare di coppa del mondo (8 con Podborski, 5 con Read e una con Irwin, 17 se contiamo anche Brooker, 20 con Boyd) e il bronzo olimpico a Lake Placid ’80, sempre con Podborski. Steve si prende anche la coppa del mondo di discesa nel 1982, unico canadese a riuscirci fino ad Erik Guay (2010, ma in superG). “Crazy Canucks”, un mito incrollabile.




