Alessandro Serra, sguardo sempre al futuro

Ci beviamo una birra in pieno centro a Garmisch Partenkirchen, all’esterno di un locale bavarese. L’inverno per qualche giorno sembra voler cedere spazio alla primavera e siamo seduti su un trespolo. Con noi c’è Paolo Deflorian, altro italiano all’estero, tecnico del Canada. Alessandro Serra fa scorrere sul suo smartphone le immagini della risonanza alla schiena di Marcus Sandell e, scuotendo la testa, ci spiega che è stato obbligato a fermarsi e dire addio al sogno olimpico. Il piemontese aveva prolungato il contratto con la Finlandia proprio per rincorrere il gigante di PyeongChang: invece nulla da fare. Uomo deciso, tecnico apprezzato, con idee chiare e nette, persona che credeva in Marcus, sciatore dal talento immenso che ha sempre dovuto lottare con un rene in meno, dopo esserselo maciullato sulle rocce a Pitztal. «Per questo motivo abbiamo sempre centellinato gli allenamenti e cercato di allenarci con qualità – ha detto Alessandro -, Sandell era tornato competitivo ma da inizio stagione ha avuto quei problemi alla schiena che lo hanno obbligato ad arrendersi». Il progetto girava tutto intorno al numero uno, poi la Finlandia ha altri sciatori discreti come Samu Torsti, poi dalla Coppa Europa non è arrivato il grande salto degli altri. Per Capitan Futuro non è un posto qualsiasi Garmisch, è un crocevia di sensazioni e di ricordi, di ripartenze e di decisioni sul futuro. Nel 2009 in questa località tedesca si disputarono i Mondiali Juniores e i due responsabili furono proprio Serra per il settore maschile e Deflorian per quello femminile. Erano gli anni di Hagen Patscheider e Andy Plank e ancora di Antonio Fantino, passando poi per un certo Dominik Paris e ancora per Giovanni Borsotti. Quell’evento aveva lanciato Serra come condottiero. Lì è nato il soprannome di Capitan Futuro. «Sono stato in una grande scuola quando ho allenato la squadra di velocità di Coppa del Mondo a fianco del maestro Alberto Ghidoni».

LA SUA TEORIA

Ma Ale è diverso da Ghido: più estroverso, spavaldo, decisionista, contro corrente. Sono però legati da quella cultura dello sci basata sulla scorrevolezza, applicata anche in curva. Gli anni della maturazione tecnica di Giovanni Borsotti, Mattia Casse e Luca De Aliprandini, sono proprio quelli in cui sosteneva la sua teoria: «Collegare le curve e spingere a volte è più redditizio di una linea millimetrica ma con un’azione brusca e interrotta». Il Capitano è quello che ha allenato Sandell in tarda primavera sui nevai scandinavi, salando il pendio e provando situazioni diverse dalla scuola italiana ossessionata dal ghiaccio e dal ripido. Il Capitano è quello che insisteva con i suoi ragazzi sulla preparazione atletica. «Per stare davanti in Coppa del Mondo è necessario intensificare la mole di lavoro a secco. Presente il taglio corto, l’anticipo, la ricerca della pendenza? Scordatevi tutto ciò, se non è supportato da un equilibrio e una capacità di adattamento derivante da un fisico preparato».

LE BATTAGLIE CON RAVETTO

Alessandro Serra era anche quel tecnico che contestava le scelte dell’allora direttore tecnico Claudio Ravetto quando non riempiva i contingenti in Coppa del Mondo. Già Ravetto. Cambi al vertice del team A delle discipline tecniche, ma senza prenderlo mai in considerazione. E nessuno allora capì mai il motivo, atleti compresi. «Non nego che mi sono fatto il fegato marcio perché non capivo come mai non potessi andare bene in quel ruolo – aggiunge Serra -, volevo seguire i miei ragazzi anche nella massima serie e crescere con loro». Così il presidente Flavio Roda lo levò dal campo diretto e gli consegnò la direzione tecnica del settore giovanile maschile e femminile. Un mestiere che non fu mai digerito completamente: più da burocrate e passa carte, che da allenatore. Soprattutto, un progetto poi diventato un tappo che chiudeva prospettive di confronto verso l’alto. Nonostante la stima della base e del presidente Roda, il coach valsusino optò per l’avventura finlandese. Ormai manca poco al termine della stagione e anche il capitolo con i finlandesi dovrebbe andare a esaurirsi.

UN FUTURO VICINO A CASA?

Le pinte vuote delle birre sono sul tavolo, Ale si sgranocchia due biscotti alla cannella. Bisogna fare in fretta perché non manca molto alla riunione di giuria che precede il gigante, quello che per tanti vale la qualificazione olimpica e quello che per lui non ha più valore senza Sandell. Si pensa, si parla di futuro, si ammicca a quello che potrà essere. Gli chiedo se ci sarebbe una volontà di tornare a lavorare per la FISI. Serra non parla, non dà segnali di interpretazione, ma c’è anche un detto che dice: chi tace acconsente… Nel futuro imminente della FISI ci sarebbe un qualcosa di nuovo legato al mondo giovanile. Si potrebbero snellire i gruppi Coppa del Mondo e allargare il mondo giovanile. Non una questione esclusivamente numerica, ma un progetto costruito con un investimento importante di risorse e legato all’alto livello. «Bisogna avere il coraggio di scommettere sui giovani, avere il coraggio di fare delle scelte – conclude Serra -, gli stranieri lavorano a medio-lungo termine, noi invece decidiamo chi fa quella o quell’altra gara tre giorni prima, quando poi il contingente lo riempiamo. Ci siamo affidati sempre ai soliti, come se il futuro fosse lontano, invece è adesso. Non abbiamo costruito il ricambio perché c’è stato un buco generazionale, non c’è stata convinzione nel guardare oltre». Alessandro Serra può essere la guida del nuovo progetto che potrebbe nascere tra pochi mesi? Chi tace acconsente dicevamo. Inizia a calare la notte su Garmisch e Capitan Futuro corre alla riunione di giuria. Chissà con quali pensieri…

Articolo tratto da Race ski magazine 149, uscito in edicola nel mese di marzo 2017. Se vuoi acquistare una copia arretrata, visita questo link ACQUISTA COPIA

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