Ha sempre avuto quell’espressione un po’ così, quella faccia tondeggiante e quegli occhi vispi. Uno di poche parole. Uno pratico, forse a volte anche troppo. Knife, Roby, Fonta: Roberto Fontanive da Cencenighe Agordino, cinquant’anni…e poi è finita lì, accasciato in una vallata trentina stroncato da un infarto bastardo, perché il destino, per dirla con Andrea Schenal, «anche questa volta è stato scritto male». Fonta non è mai stato da prima fila, da grandi palcoscenici. Un po’ per carattere, un po’ per scelta sua e per scelte altrui. Una seconda linea, più soldato che generale, anche se era un miliare a modo suo, come spesso lo sono gli sportivi militari. Un mediano dello sci, che lavorava sempre in silenzio, e non era solo un valido tecnico, ma anche confidente, consigliere, quasi psicologo (perché se studi e non cali nella realtà, le nozioni non servono a niente) per i suoi ragazzi. «Poche parole, ma sempre efficaci. Era uno di noi, cresciuto con la filosofia che l’esasperazione non porta a nulla. Mancherà non solo alle Fiamme Gialle, il nostro corpo militare, ma a tutto il mondo dello sci. Un sorriso per tutti, mai polemiche sterili», ci dice Matteo Guadagnini, finanziere e direttore tecnico dello sci azzurro femminile. La sua non era solo ironia. Non faceva solo ridere e basta. «Ironia e sarcasmo, un grande», sostiene Omar Longhi, ex finanziere ed atleta di Coppa del Mondo. Già sarcasmo, che vuol dire anche ironia tagliente, pungente, quasi un monito. Knife era un gregario, mai in testa, mai al comando. Tuttavia allo stesso tempo imprescindibile pedina per la resurrezione di tanti atleti rientrati alla base con il gruppo sportivo militare per poi ritornare in squadra nazionale. Fonta ha conosciuto, toccato, lottato con il campione in difficoltà. Quello che dalla gloria è tornato nella polvere, quello che dalla squadra azzurra ha fatto un passo indietro ma non è stato ancora condannato all’anonimato e di conseguenza all’abbandono agonistico. Un ruolo importante quello di Fontanive e di tanti altri tecnici che hanno questo compito. Legato a Knife anche il fuoriclasse dello slalom Stefano Gross: «Un motivatore, poi un amico. Con lui e le Fiamme Gialle sono entrato in squadra nazionale, e dopo l’esclusione mi hanno seguito per ritornare ad alto livello. Sempre grato a Fonta».
Gregario e mediano, seconda linea, uomo senza fronzoli. «Non ha mai preso in giro nessuno dei nostri atleti, non era un incantatore di serpenti, un ciarlatano», ancora Guadagnini. «Coach valido e professionale, ma che dava il giusto peso e valore alle cose», ecco l’ex skiman azzurro Paolo Ferrari. Il senatore Cristian Deville, Stefano Baruffaldi, Alex Hofer, Michela Azzola e Valentina Cillara Rossi i cinque atleti che Knife allenava con Loris Donei questa stagione. «Mancherà il tuo sorriso, la tua sincerità, la tua soluzione sempre pronta, mancherà l’amore di un amico vero», fa sapere Valentina Cillara Rossi. Ma sono passati anche tanti altri atleti passati dalla corte di Fontanive. Come Riccardo Tonetti, ora punto fermo in nazionale: «Sapeva sdrammatizzare quando era necessario ma al tempo stesso era capace di ascoltare. Uno che faceva gruppo, un amico. Quanti ricordi alla quarta casa cantoniera, il quartier generale allo Stelvio per le Fiamme Gialle. Come quando si era improvvisato antennista e faceva la spola fra sala tv e tetto ogni dieci minuti per controllare che non andassero via le immagini…praticamente era sempre arrampicato sul tetto». O come Florian Eisath, che prima di diventare il più forte gigantista azzurro è stato salvato dalle Fiamme Gialle: «Un anno difficile, un periodo di transizione fondamentale, che ho vissuto con Fonta e la Finanza, prima di rientrare nel giro azzurro ed esprimermi al meglio. Knife mi è stato vicino, da tecnico e da uomo, mi ha fatto capire di non mollare mai». E allora ciao Knife, ed ora potrai «gustarti con più calma quelle grappe di Caspoggio e quelle bollicine di Madesimo e parlare della tua grande passione, lo sci», come ha ricordato un altro ex Senior del tuo cara Coppa Italia, Timothy Bonapace.