«Lo sci francese aveva potuto svilupparsi e progredire raggiungendo la leadership mondiale perché, da anni, poteva contare su una determinante collaborazione con l’industria nazionale, che sosteneva l’attività delle squadre (…). L’Italia dello sci alpino, per risorgere, era così obbligata a rifondare l’organizzazione federale fin dalla base. Ma per raggiungere l’obiettivo doveva, giocoforza, affidarsi a qualcuno proveniente dalla scuola che in quel momento dominava il mondo: quella francese». Così scrive Mario Cotelli ne “L’Epopea della Nazionale di sci 1969-1978”, libro fresco di stampa e scritto dal grande tecnico valtellinese. Quella personalità individuata fu proprio… Jean Vuarnet: «Un uomo – prosegue Cotelli – che grazie alla sua cultura universitaria, all’esperienza maturata sui campi di gara (oro olimpico in discesa a Squaw Valley 1960, NdR), possedeva qualità intellettuali e manageriali nettamente superiori a qualsiasi altro candidato alla carica di direttore delle squadre nazionali. Fabio Conci, presidente della F.I.S.I., si lasciò convincere e affidò proprio a Jean Vuarnet la direzione delle squadre nazionali di sci alpino nel giugno del 1968». Da quel momento partì la rinascita dello sci italiano, che non aveva ancora vinto una sola gara di Coppa del Mondo con i maschi né tanto meno aveva conquistato un solo podio. Ci riuscirà nel giro di un anno il “bocia” di allora, al secolo Gustav Thoeni, l’11 dicembre del 1969 in Val d’Isere, dominando in gigante e dando via a una stagione di trionfi che durerà almeno fino a tutto il 1976 compreso.
ADDIO – Jean Vuarnet, classe 1933, nato a Tunisi, che ai tempi era un protettorato francese, figlio di un dottore di Morzine, piccola località dell’Alta Savoia dove è di fatto cresciuto, si è spento nella notte tra la domenica di Capodanno e lunedì a causa di un problema vascolare al cervello, all’età appunto di 83 anni all’ospedale di Sallanches, dove era ricoverato. Fu atleta, campione, direttore tecnico, presidente federale, imprenditore, uomo di straordinario successo in ogni campo e personaggio importantissimo nel mondo dello sci, anche se non soprattutto italiano. Il 22 febbraio 1960, quando ancora la Coppa del Mondo era di là da venire, ottenne il più grande risultato della sua carriera vincendo l’oro olimpico nella discesa libera di Squaw Valley, negli Stati Uniti (a casa di Julia Mancuso dove il prossimo marzo si tornerà a gareggiare in Coppa), per altro l’unica gara a Cinque Cerchi da lui disputata. Vuarnet riprese da Zeno Colò, migliorandola però ulteriormente, la posizione a uovo (aerodinamica e rivoluzionaria: gambe piegate, corpo rannicchiato, braccia unite. Ancora oggi, 50 anni dopo, è insegnata nelle scuole di sci) e in più usò gli sci metallici, primo campione olimpico a utilizzare materiali di questo tipo.
AFFARI – Dopo la carriera agonistica Vuarnet si dedicò a due carriere parallele, entrambe vincenti: da una parte lanciò una nota marca di occhiali da sole denominati Skilynx e poi di abbigliamento, che vestirà nel 2010-2011 anche la Nazionale italiana di sci alpino, portando il suo cognome; in più costruì sopra Morzine (dal 1966) la nota stazione di Avoriaz. Dall’altra si dedicò anche alla carriera di allenatore, vincendo tutto con i francesi (dal 1962 al 1968) e poi alla direzione agonistica: e lo fece proprio in Italia, dal 1968 al 1972, avendo la lungimiranza di “lanciare” alla guida della squadra “B”, a soli 25 anni, un certo Mario Cotelli, all’epoca studente della Bocconi prossimo alla Laurea in Economia e Commercio e direttore della locale scuola sci a Caspoggio, che stava mietendo tanti successi tra i giovani. «Vuarnet – racconta sempre Cotelli nel suo libro – mi parlò della sua filosofia di lavoro, di come intendesse organizzare la struttura dello sci alpino in Italia. Volle conoscere le mie idee sulla situazione della nostra Federazione, approfondì il fenomeno di Caspoggio». E poi offrì a Mario un posto di aiuto allenatore nella squadra A, mentre Cotelli preferì per una stagione ripiegare su quello di responsabile della squadra B, ricca di giovani talentuosi tra cui… Gustav Thoeni. Sarà Vuarnet il promotore, tra l’altro del “Pool dei Fornitori dello sci Azzurro, poi Pool Sci Italia”, nato in primis nel 1969, del quale fanno ancora oggi parte le aziende fornitrici dei materiali tecnici delle squadre Nazionali italiane, e rilancerà alla grande lo sci azzurro, che sotto la guida di Cotelli (dal gennaio 1970 responsabile della squadra A maschile, poi direttore tecnico dal 1972 al 1978) trasformerà il team italiano nella famosissima “Valanga Azzurra”.
FRANCIA – Vuarnet venne poi richiamato in Francia quale presidente Federale a risollevare questa volta le sorti dello sci di casa, in crisi dopo l’epopea storica di Killy, Russel, Duvillard, Augert e compagni. Fu al centro del famoso «Affaire di Val d’Isère», nel 1973: un gruppo di nove atleti, tra i quali veri campioni come appunto Henri Duvillard, Jean-Noël Augert e le sorelle Britt e Ingrid Lafforgue, vennero sospesi perché simpatizzanti con la contestazione studentesca che era partita nel 1968. Il provvedimento fu poi rimosso, ma la polemica fu grande.
TRAGEDIA – La sua vita fu purtroppo segnata da un’immane tragedia familiare: nel dicembre del 1995 sul plateau di Vercors, vicino a Saint-Pierre-de-Chérennes, sedici membri dell’Ordine del Tempio Solare si suicidarono. Tra i corpi carbonizzati c’erano anche quelli di Edith, la moglie dell’ex campione e Patrick, uno dei suoi figli. Anni dopo, Vuarnet avrebbe pubblicato la «Lettera a chi ha ucciso mia moglie e mio figlio». Tragedia devastante e dalla quale, com’è comprensibile, non si riprese più. L’ultima apparizione pubblica risale al febbraio 2016 a Chamonix, quando accettò di presenziare alla celebrazione dei 10 anni dal titolo olimpico di Antoine Dénériaz, trionfatore in discesa ai Giochi di Torino.
Se lo sci alpino italiano è diventato grande, grandissimo negli anni ’70, lo si deve anche a un francese chiamato al soccorso di una squadra in crisi, nel 1968… Arrivederci, Jean. E grazie di tutto.