Giustifica un movimento, garantisce un sistema, aiuta una disciplina sportiva, trascina un mondo che spesso arranca. Spacca dentro e fuori allo sci. L’argento di Sofia Goggia, quest’altra pazzesca storia, ha un senso che non si esaurisce con il podio olimpico cinese. Sofia Goggia non è solo la punta di diamante di una sensazionale squadra femminile (che oggi gode anche con un commovente bronzo di Nadia Delago dopo l’argento in gigante di Federica Brignone), ma è il faro, è la guida, il riferimento. Ha fatto bene la bergamasca a lasciare nella sua bacheca lo spazio per la medaglia cinese. «Prima di partire ho distanziato le medaglie iridate dall’oro coreano, volevo metterci proprio questa…»
Sofi lo aveva capito prima di volare per Pechino. Il miracolo era quasi fatto dal momento che il viaggio e la partecipazione ai Giochi erano stati pianificati. Certo, c’erano le prime curve, le prove cronometrate per prendere confidenza con la Rock, ma lei dentro lo sapeva bene, è sempre stata consapevole che in discesa è troppo competitiva, è troppo forte. Anche non al top Sofi sa che è una spanna sopra le altre, che domina in lungo ed in largo la scena. Non è arroganza, non è poca umilità, bensì è consapevolezza di essere la più forte. La numero uno punto e basta. E chissà cosa sarebbe successo se fosse stata nella sua migliore condizione, chissà con che margine poteva essere un altro oro. Ed inoltre chissà anche come sarebbe andato il superG. Ma va bene così, ci basta questa argento. «Non ero al meglio, questo è evidente. Ho vissuto un periodo travagliato, ho fatto mille cose per recuperare. All’inizio era davvero difficile il rientro. Ero abbastanza diffidente, ma poi chi ha lavorato al mio fianco mi ha incoraggiato. Allenatori e tutto lo staff in generale, anche Bab, il mio skiman, Ma fra tutti cito Herbert e Andrea (Schoenuber e Panzer, i dottori rispettivamente presidente onorario e presidente della commissione media Fis – n.d.r.).
E’ stato un lungo viaggio, difficile. Dopo pochi giorni ho ritrovato entusiasmo e la voglia di lottare, di esserci». I fuoriclasse si distinguono dai campioni proprio perchè sanno quando e come devono lasciare il segno. Capiscono l’importanza dell’evento, puntano dritto alle cose che contano per davvero, scelgono l’obiettivo vero e lo puntano con determinazione, caparbietà, cattiveria agonistica, decisione. E amore. Si perchè amore e passione per le Olimpiadi hanno animato questo pazzesco recupero, solo ventitre giorni dall’infortunio di Cortina. «Le Olimpiadi sono tutto, I Giochi rappresentano l massimo, sono la vita, almeno quella agonistica, sono quello in cui credo. Questa medaglia ha un valore incredibile, Quell’oro coreano era una vittoria essenzialmente sportiva, questo argento ha mille risvolti e quello umano è fondamentale. Lo volevo, lo cercavo, lo bramavo, eccolo». La fuoriclasse orobica parla a suo agio, tratta mille argomenti e lo fa volentieri. Disponibile, aperta, tranquilla. Ama gestire questo momenti, ci vive nella gloria, ci abita nella fama, ci sguazza fra i media ed è capace, abile, intelligente nel fare parlare sempre di sè. E’ un’altra grande dote, anzi è un’altra caratteristica per antonomasia dei fuoriclasse. Campionessa sugli sci, personaggio, traino assoluto. Figura totalizzante, In tanti soffrono il suo carisma, anche in squadra azzurra. In tanti fanno il tifo per lei, anche chi di sport e di sci non è appassionato. Lei sta sdoganando un’altra volta lo sci come ha fatto Alberto Tomba. Lei è riuscita in questo: la vittoria già grande, l’argento odierno di Yanqing, è la sua consacrazione come donna d’Italia. E non è finita qua. Sia chiaro.