Federico Liberatore: il guerriero silenzioso

Non riesce a trattenere le lacrime mamma Anna. Ci prova, ma inutilmente. Si coccola i fiori del cerimoniale, con lo sguardo ipnotizzato sulla premiazione. Lì, vicino, c’è anche papà Sergio. Federico Liberatore ha conquistato il primo podio in Coppa Europa proprio sulle nevi di casa. La Aloch di Pozza di Fassa consegna gli azzurri alla storia: primo Stefano Gross, secondi appaiati Liberatore e Tommaso Sala. Federico è uno dei nostri giovani in rampa di lancio, da quattro anni è nel giro azzurro, prima un biennio nella squadra giovanile, ora due nel gruppo Coppa Europa. L’esordio in Coppa del Mondo due anni fa, a Schladming nell’immenso teatro che regala la notte dello slalom. Senza lacrime agli occhi, ma poco ci è mancato. È arrivato in albergo quasi in punta di piedi, catturato da un vortice e da una miscela unica di emozioni.

Intimidito per la convocazione con la squadra azzurra maggiore, eccitato dalla scena dei 50.000 tifosi deliranti della Planai, incuriosito dal conoscere quella sensazione unica che ti avvolge solo quando metti per la prima volta i bastoni fuori dal cancelletto.
Federico non ha mai bruciato le tappe; la sua breve storia agonistica – fino a questo momento – racconta di un giovane atleta che si è distinto da subito e ha conquistato i suoi successi con regolarità. Una crescita costante, come i primi risultati in Coppa Europa, il circuito dove si inizia a fare sul serio. D’altronde Federico è così: ordinato, disciplinato ed educato. Un ragazzo posato, che sa bene quello che vuole, ma che raramente lo vedrai esprimersi con parole fuori posto. Liberatore sta gestendo la transizione in Coppa del Mondo con serenità e determinazione, anche se piccole paure e dubbi non mancano. Il fuoco dentro ce l’ha, anche se al primo approccio ti sembra più uno studente di ingegneria, piuttosto che un temerario sciatore. «Non è scontato qualificarsi alle prime presenze nel massimo circuito – dice il fassano -. Sono cresciuto fino a questo punto, sono consapevole dei miei mezzi. Non ho manchevolezze tecniche, magari devo maturare su altri aspetti». Non lo dice apertamente, ma si percepisce che un fattore frenante dal punto di vista mentale, è rappresentato dall’incertezza di gareggiare in Coppa del Mondo: succede un po’ a tutti nello sci italiano, vuoi per la mancanza di scelte certe, vuoi per le pressioni che arrivano da Comitati, società e gruppi militari. «Fa parte del gioco, ma non nascondo che è un po’ come sentirsi il fiato sempre sul collo, non è facile vivere alla giornata».

UNO STAFF DI FIDUCIA
Il tecnico Roberto Saracco è il suo riferimento sulla neve, l’uomo che ha in mano lo slalom del gruppo Coppa Europa diretta da Alexander Prosch. «Ha grandi doti, sulla neve ghiacciata e quando il manto è liscio, è davvero veloce e riesce a sviluppare tutta la sua potenza – dice l’allenatore -, soffre i buchi: si pianta e non riesce a collegare le curve». Liberatore e Saracco, un rapporto che si è sviluppato nel corso di questi mesi. «Quando l’ho conosciuto mi sembrava maniaco sulle quantità di lavoro, poi nel corso della stagione ho apprezzato le sue capacità di coach e di motivatore – svela l’azzurro -, adesso è uno dei punti di riferimento». Alexander Prosch è l’allenatore responsabile e per Federico è una figura fondamentale. Lo vedi in pista quando si confrontano sull’ultimo consiglio, una linea da scegliere o un dosso da affrontare.

Te ne accorgi fuori, per come Prosch lo gestisce nei trasferimenti, nella scelta delle gare, nei riposi, praticamente in tutto quello che riguarda logistica e organizzazione.
«Ho il mio staff, mi fido di chi mi circonda, ma Prosch è quello che mi rassicura di più, forse». Fra i tecnici c’è ancora un rapporto significativo con Enrico Vicenzi. Si conoscono dal primo anno in Comitato e hanno condiviso il biennio in squadra nazionale giovanile. «Slalomista di valore, ma nelle corde ha la polivalenza – dice Vicenzi -. Nei Giovani si è messo in mostra anche in discesa, oggi abbiamo ancora modo di dialogare su tecnica e altri aspetti, c’è un rapporto di fiducia». La parte atletica del ventiduenne ladino è seguita da Davide Verga, che dal primo anno Ragazzi lo accompagna in questa avventura, nel rapporto comunque costante con i preparatori atletici FISI Andrea Viano ed Enea Bortoluz. Federico tende a perdere intensità di azione quando sotto ai piedi trova vasche e scalini, non è una questione di tattica, ma di forza e potenza. Sarà per la sua inesperienza, sarà per quella gamba lunga. Quando trova una pista non liscia non riesce più a imprimere quel ritmo vincente. «Nei cambi è valido perché ha un piede molto veloce – aggiunge Saracco -, si sa adattare bene al pendio perché è anche tatticamente astuto, ma deve imparare a lottare di più nelle situazioni di precarietà». E poi ci sono i fratelli Vuerich, Luca è uno degli allenatori del gruppo Coppa Europa, uomo di esperienza che in partenza dà le ultime indicazioni e filtra le notizie vie radio. Tiziano è invece il maestro di lamine e sciolina che passa le serate fra box e scantinati degli alberghi per preparare i materiali. Una stagione in lungo e in largo per le Alpi, figlia anche della precarietà e dell’instabilità insita nella storia presente di un ragazzo che è in procinto di fare il grande salto. Qualificarsi in Coppa del Mondo, puntare al podio nella classifica di slalom in Coppa Europa, abbassare i punti. Ambizioni e obiettivi, un inverno caldo per Fede. Che lotta in silenzio, ma lotta.

Articolo tratto da Race ski magazine 148 di febbraio 2018. Se vuoi acquistare la copia o abbonarti visita il nostro sito.

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