«Costruiamo atleti, non automi da pali». Parola di Giancarlo Croce, DT del Lancia

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«Lamentarsi è troppo facile se le cose nel mondo dello sci giovanile in Italia non vanno come vorremmo. Il sistema l’abbiamo creato noi addetti ai lavori. I genitori credono a ciò che gli viene raccontato, la maggior parte non se ne intende e, anche se sanno sciare, non sono dentro al meccanismo dell’agonismo. Per come stanno andando le cose in Italia, ci troviamo davanti a un bivio: o si cambia completamente, oppure si gioca finché c’è da giocare. Prima o poi, però, qualcuno piangerà».

Deciso, diretto e con le idee chiare, Giancarlo Croce lo è sempre stato. Torinese doc, è da una vita allo sci club Lancia. Prima da atleta, poi da allenatore, da diversi anni dirige il club, che insieme al suo staff ha condotto a essere una delle realtà più solide e consolidate nel variegato – e fortemente concorrenziale – panorama della Val Susa, dato che il club opera da sempre nella Conca di Bardonecchia. I risultati non mancano, anche ad altissimo livello, ma soprattutto è l’identità a essere marcata e ben riconoscibile al Lancia. È per questo che abbiamo introdotto con lui un discorso un po’ più ampio che tocchi la situazione attuale del club, ma anche le prospettive dello sci agonistico giovanile.

«Se cerchi di fare le cose con una certa logica, che magari va fuori dal comune, hai delle difficoltà, perché le famiglie faticano a comprendere e non hanno pazienza di aspettare. Finisce che portano via i ragazzi da qualcuno che promette mari e monti e ti ritrovi sempre a dover argomentare le tue scelte.
Facciamo un esempio di stretta attualità: se non sei d’accordo ad andare a sciare nel capannone, devi giustificare le scelte anche a chi non è addetto ai lavori, perché vedono che tutti lo fanno, che il pensiero comune è quello, e se non ti adegui sembri tu quello strano. Eppure con questa giacca qualcuno in Coppa del Mondo è arrivato, qualcuno in Nazionale anche: abbiamo sempre fatto le nostre attività senza dover correre dietro agli altri. Se secondo noi non ha senso partire e andare negli ski-dome – men che meno con i Baby e i Cuccioli – non ci andiamo. Andare al capannone fa tendenza, per i genitori pare una cosa figa: io sono contrario».
Cruz lo dice senza filtri: la via di non ritorno è adeguarsi all’offerta, alla moda del momento.

Il gruppo Children

Un sistema che non funziona

Il tema più urgente, per Croce, è la penuria di giovani all’altezza nell’alto livello, nonostante la grande mole di attività giovanile che viene fatta in Italia ogni anno. Un punto che coinvolge in primo piano la FISI, che raccoglie inevitabilmente il lavoro fatto dagli sci club.
«Ne parlavo proprio ieri con i miei collaboratori: sono preoccupato. Da sotto abbiamo difficoltà a far affacciare i giovani, sia maschi che femmine, all’alto livello. La Francia, che era messa male come noi, almeno in gigante ha fatto vedere a Sölden due giovani che stanno venendo su, oltre ai veterani. Noi abbiamo decisamente più difficoltà. È preoccupante. Qualcosa non funziona: bisognerebbe che chi di dovere si facesse un esame di coscienza, ripartisse almeno provando a imitare i modelli virtuosi, quelli che sembrano andare meglio. Invece si preferisce puntare il dito e criticare chi fa scelte diverse, come Colturi che è l’esempio più eclatante».

Il DT Giancarlo Croce

E porta un caso concreto, di casa: quello di Margherita Cecere.
«Siamo rimasti scottati dalla storia della nostra atleta. Era brava, molto brava. Non so dove avrebbe potuto arrivare, ma ti assicuro che aveva delle qualità. L’anno scorso era in squadra perché aveva vinto il Grand Prix nella stagione precedente. Dopo un solo inverno è stata messa fuori e non sono nemmeno riuscito a farla entrare in un gruppo sportivo: si vede che la FISI aveva già deciso che avrebbe fatto un anno e poi sarebbe stata messa fuori, è come ci fosse stato un veto su di lei.
Non so se fosse una questione d’età – era all’ultimo anno Giovani, primo Senior – oppure non fosse nelle grazie di qualcuno, ma non ha senso. Aveva fatto sei minime, due medaglie all’Universiade (giocandosela con atlete che in GS ed SL in Coppa Europa stanno nelle 10), eppure è stata lasciata a casa. Perché? Mi hanno risposto: le è stata data la possibilità. Ma quale possibilità, così bruci soltanto tempo, soldi, motivazioni. Siamo rimasti piuttosto delusi».
Una delle tante carriere agonistiche che in Italia sembra vengano bruciate come fiammiferi.
«Ora Margherita studia. Le ho consigliato io di fare così, è anche giusto essere realisti. Uno ci dedica una vita, la famiglia investe tempo, denaro, energie, motivazioni, e poi ti trattano così. Aveva punti che le avrebbero aperto porte importanti al college in Nord America, ma ha preferito restare in Italia. È una con un carattere fatto a modo suo: se non la pensa come te, te lo dice o te lo fa capire… sempre che uno voglia capire. Introversa e riservata, si fa i fatti suoi, ma ha personalità ed è un’atleta vera, multisport dal calcio ai roller con un trascorso agonistico anche nel tennis (che in categoria Allievi ha lasciato per dedicarsi allo sci). Magari sono caratteristiche che non piacciono a tutti».

Margherita è un’atleta nata e cresciuta fin dai primi passi nelle fila del Lancia, come Anita Gulli, che nelle scorse stagioni si era affacciata in Coppa del Mondo. Il rammarico è forte nelle parole di Croce, Cruz per tutti.
«L’abbiamo tirata su con grande impegno, nostro e soprattutto suo e della famiglia: è entrata in Squadra e dopo un anno già a casa. Se prendi un’atleta in Nazionale e investi su di lei, dalle almeno due anni veri: ci metti soldi come FISI, tempo degli allenatori, tempo della ragazza. Così è prendere in giro le persone. Ha fatto la selezione da maestra di sci e, se vorrà, proverà a fare il Master… meglio che non ne parli oltre, che mi faccio il sangue amaro».

Margherita Cecere
Margherita Cecere

Il modello Lancia

La risposta alle problematiche dello sci giovanile, nello sci club Lancia, passa da un’identità chiara.
«Il nostro tratto distintivo è un gruppo di lavoro stabile: da anni gli stessi tecnici, nessun turnover. Gli allenatori credono nel progetto e il club crede negli allenatori: facciamo squadra, condividiamo idee e andiamo avanti con coerenza. Puntiamo su attività varie – preparazione atletica, ginnastica artistica, roller, pump-track, sci – con un obiettivo: fare il bene dei ragazzi, non quello delle tasche di club o allenatori».

Sul piano economico-organizzativo, Croce rivendica una scelta netta.
«Per Children e Giovani abbiamo impostato da dieci anni una quota all inclusive race (estate, autunno e inverno con vitto, alloggio, skipass e trasporti inclusi nella quota). Le famiglie pagano solo le spese vive quando si va in giro. È un investimento sugli atleti: preferiamo questo, piuttosto che chiedere 15–20 mila euro per fare una stagione di Grand Prix. Inoltre, anche per coloro che non vogliono aderire alla formula all inclusive (penso che siamo l’unico sci club in Piemonte), nelle trasferte invernali viaggi e tutte le spese allenatori sono a carico dello sci club: gli atleti si pagano le spese vive e basta… una dimostrazione di come il club scommetta sui suoi atleti.

Quando arrivano ad alto livello, con i costi che ben si conoscono per fare attività vera, per atlete come Anita Gulli (1998), Margherita Cecere (2003), Maria Toja (2005), Elisa Graziano (2004) è quasi come se fossero “sponsorizzate” dal club per poter spingere l’asticella più in alto. Questo, sostanzialmente, ci contraddistingue da tutti gli altri».

Anita Gulli ©Fisi-Pentaphoto

Lo chalet e l’anima del gruppo

Il fulcro dell’operazione è lo chalet di Les 2 Alpes.
«Senza quello, i costi salirebbero troppo: in albergo non staresti dentro con certe cifre. Ogni anno lo prendiamo, lo gestiamo internamente. Saliamo con gli allenatori, lo montiamo e gestiamo tutto in casa: c’è un cuoco bravissimo, tutti facciamo la nostra parte, mia moglie dà una mano, gli allenatori fanno il resto. Grazie al mio lavoro ho portato lì il centro test Rossignol e Dynastar-Lange. Così teniamo i costi bassi e costruiamo anche un ambiente educativo: i ragazzi si gestiscono le camere e le loro cose, come a casa; hanno spazio e tempo per una parte di vita sociale e di studio, oltre allo sport. Tutti sono più responsabilizzati».

I quaranta giorni estivi non sono 100% sci.
«Tanti dei ragazzi si fermano su per tutto il periodo. Se il ghiacciaio è brutto o il tempo non è ottimale, non saliamo. Facciamo pump-track, roller, bici, monopattino, park. Vogliamo sportivi completi, non solo specialisti da pali. Questo vale per tutte le categorie: con i piccoli si vede di più, ma anche coi Giovani. Si mettono in discussione per ampliare il bagaglio motorio: chi non sa andare sui roller impara; poi passa al pump-track, a esercizi più complessi. L’obiettivo è semplice: permettere ai ragazzi di sciare d’estate senza perdere giorni di scuola in autunno, restando in un contesto quasi familiare».

Chalet Lancia a Les 2 Alpes
Chalet Lancia a Les 2 Alpes

Formazione e autonomia

Anche il rapporto con i genitori è cambiato.
«Una volta venivano a dare una mano in chalet; oggi gestiamo tutto noi. Sono cambiate le persone, sono cambiati i tempi. Così è tutto più ordinato e sostenibile».

In inverno, invece, regna la flessibilità.
«Siamo a disposizione degli atleti. Possono programmarsi il loro calendario: se uno ha un buco a scuola e ci avvisa, lo portiamo ad allenarsi senza troppo preavviso. Più diventano grandi, più devono gestirsi. È il cambiamento più sostanziale rispetto a una volta: programmi sì, ma responsabilizzazione vera».

La struttura è fluida.
«Ci sono allenatori per categoria, ma i tre responsabili – Stefano Marletti sui Pulcini, Vittorio Picco sui Children, Paolo Croce sui Giovani – all’occorrenza possono coprire dove serve, in qualunque gruppo. Con loro, Mauro Gavatorta e Alessandro Ricucci danno una grande mano in settimana; altri tecnici arrivano nel weekend, quando i numeri sono più ampi».

I numeri parlano chiaro.
«Siamo intorno ai cento atleti. Da cinque anni abbiamo anche una scuola di sci, la Lancia Project, per chi vuole un impegno meno intenso ma vuole comunque vestire la divisa dello sci club. Una trentina di maestri, e il 90% sono ex atleti del Lancia. È la nostra tradizione: chi è cresciuto qui poi resta a insegnare o ad allenare».

La pattuglia del Lancia
La pattuglia del Lancia

Allenare sportivi, non criceti

Risultati?
«Per essere un club cittadino – pur avendo base a Bardonecchia – non ci possiamo lamentare: negli ultimi dieci anni due atlete in Squadra Nazionale e diversi in Comitato. Non so quanti club ci siano riusciti. Ma più dei numeri, conta il percorso. Su questo cerchiamo di essere coerenti.
Con i Super Baby non usciamo da Bardonecchia: li portiamo a vedere gare in Francia, non a farle ovunque. Devono innamorarsi dello sci, non bruciarsi».

Il metodo è chiaro: tanta base motoria, tante esperienze.
«Non si inventa nulla, ma il percorso formativo che facciamo è effettivamente un po’ diverso dalle altre proposte. Con Super Baby e Baby facciamo di tutto: giornate di sci di fondo, di snowboard, neve fresca e attività sulla neve a 360°. Perché rimango dell’idea che chi vuole puntare in alto deve sciare tanto.
Non sono fautore della teoria secondo cui bisogna sciare poco: penso si debba sciare tanto, ma in modo intelligente. Non mille pali uguali: tante situazioni diverse. Sono contrario ai tracciati standardizzati a 22 metri per abitudine, per automatizzare e poi correre dietro al risultato per far felici i genitori. Un bambino deve provare i 15 o 30 o 35 metri di distanza tra porte: deve trovare gli adattamenti e le soluzioni dentro di sé, altrimenti non diventerà mai davvero uno sciatore.
Si lamentano se gli sci non tengono, invece dovrebbero trovare il modo per farli tenere e stare in piedi comunque. È da lì che passa la crescita. Se no crei criceti in gabbia: stessa velocità, stesso raggio di curva e poi non sanno adattarsi. È il nostro problema più grosso.
Mi trovo spesso in contrasto con i responsabili di Comitato che continuano a dire che d’estate i bambini non devono sciare. Io penso invece che debbano sciare il più possibile: il problema sta nel come vengono fatti sciare. Se uno vuole diventare uno sciatore di alto livello, deve sciare tanto. Non ho mai visto un ragazzo bravo a calcio o a basket che giochi poco».

I tecnici del Lancia
I tecnici del Lancia

Sinergia e sicurezza

Guardando alla stagione che arriva, la parola d’ordine è sinergia.
«A Bardonecchia serve collaborazione stretta con la società impianti: o crei sinergia, o non vai oltre quanto fatto finora».

Sulla sicurezza, Croce è netto.
«Dopo gli episodi tristemente noti si è generata paura, ma non bisogna buttare via il lavoro fatto. A Bardonecchia, grazie alla Colomion nelle persone di Aldo Garnier ieri e a Dario Borsotti oggi, sono anni che ci alleniamo su piste in sicurezza: reti, materassi, presidi dove servono. Non da adesso: da quindici anni. E con lo Stadium al Melezet abbiamo finalmente una pista dove lavorare anche per la velocità. Certo, bisogna organizzarsi con gli altri club, condividere gli spazi e accettare che esistono anche gli altri, senza troppi egoismi».

Messaggio ai genitori:
«La velocità non è pericolosa per definizione. È pericoloso allenarsi senza protezioni, su piste sbagliate. Da noi, col superG, non è mai successo nulla di grave. Se uno ha paura, è legittimo; ma l’idea che il superG o la discesa libera siano di per sé un tabù non sta in piedi. Non dobbiamo dimenticare qual è la vera natura di questo sport: bisogna imparare ad andare veloci».

Il senso del lavoro

La chiusura torna al punto di partenza: formazione, non correre dietro alle mode del momento.
«Facciamo le cose semplici e bene: cura del particolare, non ripetizione cieca del gesto. Creare atleti a 360 gradi, non gente capace solo se il raggio è quello giusto o il gigante è a 25. Questo è il senso del nostro lavoro. Siamo una grande famiglia: il nostro obiettivo è far nascere atleti, farli crescere al massimo del loro potenziale e formarli come tecnici per il futuro».

Un punto di vista che ci sentiamo di condividere. Andremo a seguire alcuni allenamenti dello sci club Lancia nel corso della stagione per raccontarvi come procedono le cose per Croce e il suo staff.

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