Un marchio storico, una gara-mito, presente già nella prima stagione di Coppa del Mondo, 1966-1967, per l’esattezza in data 5 febbraio 1967. Lo slalom sul Canalone Miramonti di Madonna di Campiglio è apprezzato dall’intero Circo Bianco, per motivi che forse non devono nemmeno essere spiegati: storia, atmosfera, tradizione, panorama, cibo, pendio, Dolomiti di Brenta, gara in notturna ecc. ecc.
Ne parliamo con il Presidente del Comitato Organizzatore, Lorenzo Conci, figlio di Fabio, n.1 Fisi nazionale dal 1964 al 1970 e dirigente della Fis per più di 30 anni, a margine della serata meneghina di presentazione. Immancabili, tra gli altri, Giorgio Rocca, ultimo vincitore italiano a Campiglio nel 2005, Ivano Edalini, primo nel 1986, e Giulia Razzoli, campione olimpico a Vancouver 2010.
Lorenzo, siete stati a Londra, a breve sarete a Oslo. Il percorso di avvicinamento è sempre più lungo e ricco di incontri, no?
«E’ un percorso affascinante, lungo. Per me, dell’esperienza intera, concreta, a parte l’adrenalina del giorno di gara in sé, è la parte più bella di questo tour d’avvicinamento. Tutte le volte si investe e si scopre qualcosa che ci unisce più di quello che ci separa, sia con gli altri organizzatori sia con gli altri Paesi. Siamo stati a Londra, andremo a Oslo, in passato avevamo fatto visita anche a Stoccolma. A Oslo saremo lì grazie agli organizzatori delle Finali di Coppa del prossimo marzo. C’è sempre tanto sul piatto per potersi confrontare».
Qual è lo stato di salute oggi, della 3Tre, tutto compreso?
«Direi buono. Ottimo è il rapporto con la comunità e con i promotori, quindi con chi sostiene e condivide l’idea e ci aiuta a finanziare il tutto. Parlo di Provincia, parte politica, gli operatori di Campiglio, le funivie, le aziende di soggiorno, gli albergatori, questi ultimi la parte di supporto più importante perché dobbiamo poi trovare i posti letto sempre in situazioni difficili, quest’anno il 7 gennaio 2026, l’anno scorso alla Befana, i comuni, che ci danno tutti i servizi possibili. La situazione con la FIS è positiva perché siamo considerati, toccando ferro, una classica, siamo parte del Club 5 di “classicissime” dello sci. Stiamo facendo anche un grande lavoro di riorganizzazione interna, nel senso di educare i ragazzi più giovani a essere un po’ più razionali nel definire i ruoli, in modo che i nuovi possano imparare attraverso anche l’esperienza trasmessa dai più grandi. Mi accorgo che più allarghi, più si fan cose. Più persone si è, più cose si fanno».

Anno olimpico. Per voi cambia qualcosa?
«No, nulla di particolare. Cambia solo dal punto di vista della FIS, con l’attenzione massima come al solito (ma lo facciamo sempre) sul consentire agli atleti che partono con numeri molto alti di provare a fare punti per i Giochi, di poter insomma sciare al loro livello. E quindi ancora maggior cura, perché ci sarà attenzione di tutti, perché sappiamo che Olimpiadi vuol dire avere 50-60 Nazioni invece delle consuete 10-15 abituali. Per il resto significa godere anche di fama e importanza che lo sci in questa stagione avrà, tanto più che siamo in Italia. Noi avremo la gara un mese prima del via dei Giochi e quindi ci vogliamo godere questa atmosfera di avvicinamento».
Il Canalone Miramonti?
«Il pendio dal punto di vista dell’idea generale è lo stesso da qualche anno, però di fatto nel profilo si modifica tutti gli anni. Dipende anche dalla neve che facciamo o dalla neve che abbiamo, se naturale. Quanto sarà accidentato, con più o meno salti, dipenderà anche dall’estro del nostro guru della pista, Adriano Alimonta. Continuiamo a investire, invece, per poter offrire agli spettatori uno standard di qualità sempre più alto, quindi con diverse soluzioni per loro, diverse hospitality, diverse soluzioni anche in paese, in modo tale che sia un’esperienza sempre più completa».

La percezione all’estero del pacchetto-gara italiano, non solo di Campiglio, è sempre molto alta. Corretto?
«Se non ci dicono grandi bugie, e non credo, come organizzatori italiani abbiamo davvero una grande considerazione. Credo che siamo riconosciuti come bravi organizzatori e che dipenda anche dal fatto che abbiamo contemporaneamente bellissimi posti, grandi società impianti, grandi strumenti, la vicinanza della politica, la vicinanza e l’identità del territorio, e tutti facciamo del nostro meglio. Ci sono situazioni magari anche migliori, per carità, all’estero, ma altre in cui si fa più fatica a esprimere questa qualità, con più contrasto nelle varie comunità».
Battuta finale: stato di salute dello slalom maschile italiano e prospettive dopo l’arrivo di Mauro Pini?
«Speriamo si possa fare un salto di qualità. Posso solo dire una cosa, riguardo alla gara maschile di Levi: prima che Vinatzer cadesse di nuovo in un errore sul ripido, aveva sciato molto pulito. Se qui c’è la mano di Pini per mantenerlo più razionale sugli sci, e meno estroso, vedremo sicuramente dei risultati. Ho grande fiducia nel tecnico ticinese».





