Inesauribile, infinito, sempiterno. Non finisce mai la storia di Peter Fill. D’altronde i miti non si esauriscono in un exploit, i loro trionfi non sono meteore. Tutto il contrario. Dopo le piroette sulla neve a St.Moritz per la prima Coppa del Mondo, dopo il commovente abbraccio a Alberto Ghidoni a Vail per la seconda sfera di cristallo, eccolo a Wengen nella finish area della Maennlichen – Jungfrau che stringe i pugni ed esulta consapevole che il secondo podio nella combinata alpina regala la terza Coppa del Mondo. Sempre più l’alfiere dello sci italiano, riferimento, esempio. Per noi eccolo il portabandiera dell’Italia che scia ai Giochi Olimpici coreani. E’ Pietro il nostro Capitano. E la polivalenza il fuoriclasse di Castelrotto l’ha sempre coltivata.
Parlano chiaro le sue presenze iridate, la prima ai Mondiali di St.Moritz 2003 e una medaglia di bronzo ai Mondiali di Garmisch nel 2011, e poi quattro podi di cui tre proprio qua sulle nevi bernesi e poi questa stagione a Bormio. Disciplina in via di estinzione? Specialità poco seguita? E chissenefrega lo vogliamo aggiungere? Pietro c’era, c’è e oggi in slalom ha dimostrato solidità e coraggio. Sciatore completo: primeggia tecnicamente su più discipline, e come sensibilità e scorrevolezza è fra i più dotati sul pianeta. Per dirla con il dt Max Carca, uno di quelli che ha sempre crediuto in Peter anche nei periodi di difficoltà (sempre dovuti a problemi familiari come la malattia del padre o per infortuni). Secondo sulla Stelvio, terzo sulla Maennlichen: l’uno-due vale una tris di crisallo fa davola, una pubblicità per il nostro sci. Ancora lui. E allora eccoci al Falken, mitico e storico quartier generale degli azzurri a Wengen. Dopo podio, conferenza, festeggiamenti di rito e la cena, lo abbiamo incontrato proprio prima di coricarsi…
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