Slalom in crisi, risultati solo dagli atleti maturi. Dietro il trend è negativo, si è persa la giusta via tecnica

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Lo slalom femminile è in crisi, non si scopre oggi, non sono certo io il primo a dirlo, il problema però è che questa crisi va avanti da tanto, troppo tempo. Nello sci tante volte si perde e poche si vince! Lindsey Vonn, la sciatrice più vincente di tutti i tempi, ha vinto 77 gare, ma ha perso 294 volte nelle sue 371 partecipazioni in Coppa del Mondo, ha 4 medaglie d’oro al collo fra Mondiali e Olimpiadi (2+2) su 33 gare ai grandi eventi. Mikaela Shiffrin, trionfatrice odierna, ha vinto 28 volte in WC su 99 partenze, 3 vittorie ai campionati Mondiali, una alle Olimpiadi su 8 partecipazioni totali. Se queste sono le statistiche, facilmente verificabili sul sito FIS, delle due campionesse appena nominate figuriamoci quelle di tutti gli altri atleti. Il punto però è che per interiorizzare le sconfitte, per prima cosa bisogna ammetterle! Tutte le scuse che si possono trovare per giustificare (non che oggi le nostre abbiano trovato troppe scuse…) una mancata vittoria, spostano l’attenzione dai reali problemi. La neve molle, la pista piatta, la visibilità, gli infortuni, ecc. ecc. effettivamente possono essere concause dell’insuccesso, ma mai il fattore principale. Bisogna invece trovare le vere e profonde ragioni. Sento le ragazze dichiarare: «sciamo bene in allenamento e non in gara!». Bene, se questo è vero servono grandi sedute psicoanalitiche (dov’è il Prof. Vercelli?) oppure, come credo, in allenamento non si hanno le correte sensazioni e non ci si accorge neanche che si sta sbagliando. Ho visto personalmente alcuni allenamenti, ho partecipato ai corsi di aggiornamento della federazione indetti proprio per questa disciplina e credo di poter affermare con cognizione di causa che nello slalom femminile italiano si è persa la giusta via tecnica, si è perso il filo logico e non si riesce più a raccapezzarsi. Purtroppo sta succedendo nella gran parte delle discipline sia femminili che maschili (gigante femminile a parte). O otteniamo risultati stabili con atleti ormai maturi, o il trend è negativo e da questa negatività non riusciamo più ad invertire la rotta. Che fare allora? Iniziare ammettendo che le cose non vanno (assunzione di colpa che in FISI si fa fatica a fare…), analizzarne poi le vere ragioni, stabilire un progetto con elementi concreti da mettere in atto, scegliere le persone che lo portano avanti, divulgarlo a tutti fino alla base, darsi dei tempi e degli obiettivi, effettuare verifiche periodiche che attestino il procedere. Semplice, ma bisogna farlo! Non annunciarlo solamente.  Mi si dirà: «come sei drastico, in fondo siamo la seconda nazione al mondo, abbiamo tanti risultati nei dieci, tanti bravi atleti…». Certo, ma siamo ai mondiali, fra dodici mesi ci saranno le Olimpiadi, due veri e unici obiettivi di una federazione e noi ci accontentiamo di perdere onorevolmente? “Ho dato tutto me stesso…” e ci mancherebbe altro! Ci accontentiamo di partecipare? Sento un sacco di commenti buonisti, che vanno bene per lo sport giovanile dove bisogna premiare la volontà e l’impegno a prescindere, qui invece siamo nello sport di vertice, non piacerà a molti, ma contano solo le medaglie, gli atleti sono professionisti e come tali vanno trattati. Ricordo le olimpiadi di Torino, ero con Giorgione Rocca che doveva dominare lo slalom e salvare l’Italia, è stata una sconfitta clamorosa! Ci ho messo molto a elaborarla o anche solo ad ammetterla, ma è stato il più grande insegnamento ricevuto nella mia carriera sciistica.

DOMANI – Forza “vecchietti” dello slalom, mancate più solo voi, come è spesso accaduto anche in passato, tocca a voi risollevare le sorti della squadra maschile e un mondiale poco ricco di soddisfazioni.

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