Debacle azzurra: è un problema tecnico, non di mentalità

Pronti, partenza, via! È ripartita la Coppa del Mondo, o meglio è proseguita, perché a vincere sono più o meno i soliti: Lara Gut detentrice della coppa generale e la Michaela Schiffrin che, mi sbilancio fin da ora, vincerà la prossima; fra i maschi Alexis Pinturault, con secondo il mai domo Marcel Hirscher. Solden, però, è anche la gara che tutto il mondo della neve aspetta per verificare il lavoro estivo, per confrontarsi con gli altri team, per ritarare il proseguo dell’allenamento. Ebbene, in quel senso le indicazioni e le suggestioni sono state molte. Intanto c’è ancora molto gap fra i due o tre bravissimi e il resto del mondo, molti sono, però, i giovani che si stanno mettendo in mostra, non ci sono più nazioni leader, ma tanti singoli atleti talentuosi sparsi.

ITALIA KO – Mi spiace dirlo, ma l’unica nazione che nel suo complesso mi ha sorpreso, negativamente, è proprio l’Italia. Certo, è troppo presto per drammatizzare, siamo solo alla prima gara stagionale e il Rettanbach è una pista sempre particolare. Personalmente mi è capitato di viverci giornate ancora peggiori: con tutti gli atleti usciti in un passaggio difficile o con nessuno nei 15 per una errata preparazione della gara. Questa volta però è diverso. Ho visto i nostri sciare male tecnicamente, impacciati, in equilibrio precario, mai in spinta. Il mio primo comandamento da allenatore è:  «nello sci l’equilibrio si tiene con i piedi».  La differenza fra i campioni e gli sciatori comuni è che i primi muovono l’appoggio, che è il vero fulcro del movimento, per ottenere un equilibrio dinamico efficace, i secondi cercano di muovere la parte alta per stare centrali sugli sci. Ecco, per dirla in gergo, i nostri avevano «i piedi completamente fermi». Magari all’apparenza anche composti e ordinati, ma per niente veloci. Quali le cause? Non lo so. Le prime reazioni o giustificazione dei nostri tecnici sono di un atteggiamento rinunciatario degli atleti, «si attacca poco». Ho da sempre sorriso a queste affermazioni, in quanto è vero che per vincere si deve rischiare, ma bisogna anche sapere in quale modo farlo, dove e come spingere, altrimenti l’attaccare o, l’ancor più inflazionato, dare il 110% rischiano di essere parole totalmente vuote, che oltre non significare nulla sono controproducenti perché spostano l’attenzione su un altro piano. Sono altresì sicuro che nei prossimi giorni verrà fuori la storia di una preparazione atletica sbagliata o ritardata per arrivare al top ai Mondiali di febbraio. Tutte falsità in entrambi i casi. Nello sci alpino è praticamente impossibile fare una programmazione mirata e gli atleti paurosi non sono tutti in Italia. Molto semplicemente abbiamo sciato male, non sfruttando in nessuna maniera l’attrezzo moderno, curandoci solo di essere ordinati con la parte alta del corpo, belli ma inesorabilmente lenti. Per l’amor di Dio è la prima prova, guai a condannare tutti al primo giro, ma certo le sensazioni sono di un clamoroso passo indietro del gruppo che invece doveva, nelle intenzioni, risalire la china.

EISATH Florian
Florian Eisath in azione sul Rettenbach (©Agence Zoom)

LOCHER E I TECNICI ITALIANI ALL’ESTERO – Troppo facile dare la colpa al nuovo tecnico straniero Steve Locher. Ma era proprio il caso di andarlo a prendere a peso d’oro in Svizzera? Non mi risulta abbia grossa esperienze in Coppa del Mondo, fatica a parlare in italiano, speriamo non faccia fatica nei rapporti interpersonali. Vedremo le prossime gare. In pista a Solden, con i colori di altre nazioni, c’erano molti tecnici Italiani che hanno fatto vedere con i loro atleti prestazioni tecniche di primo livello: Simone Del Dio con i francesi, Matteo Joris con Justin Murisier, Walter Girardi e l’ormai italiano Jacques Theolier con Myhrer, Alessando Serra con Sandell e che dire di Livio Magoni con Petra Vlhova. Certo alcuni di questi atleti hanno sbagliato finendo anche dietro al nostro Luca De Aliprandini, ma muovendosi tecnicamente in maniera efficace e moderna. Non era il caso di tenere in Italia o recupera uno o alcuni di loro? Unico difetto che hanno tutti i citati è quello di essere uomini di forte personalità, ma non è proprio quello che si chiede di trasferire ai nostri atleti in gara? Non sono nazionalista per forza, ricordo che ho personalmente portato da noi il buon Jaques Theolier, ma la situazione contingente allora era completamente diversa. Jaques era un allenatore già con notevole esperienza, aveva già vinto molto e andava a condurre un gruppo di atleti strutturati che necessitavano di pochi e mirati aggiustamenti tattici. I risultati si sono visti : la medaglia Olimpica di Giuliano Razzoli, di Manfred Moelgg ai Mondiali e innumerevoli podi in W.C. Oggi con Locher rischiamo di spendere per formare noi un allenatore che alla prima occasione ritornerà nell’amata Svizzera, come lui stesso ha dichiarato.

VLHOVA Petra
Petra Vlhova, ottima gara per lei a Soelden (©Agence Zoom)

IL CORAGGIO DI DE ALIPRANDINI – Troppo disfattista per essere alla prima gara? Può essere, anzi spero con tutto il cuore di sbagliarmi nella maniera più assoluta, ma sarebbe pura ipocrisia nascondere queste cose. È stata una clamorosa controprestazione, tranne quella di un Luca De Aliprandini. Lui sì, almeno coraggioso. Sarebbe sbagliato nascondersi dietro scuse o trovare alibi di comodo. Per fortuna c’è modo e tempo per rimediare, ora bisogna analizzare gli errori con umiltà e porvi presto rimedio. Il Direttore Tecnico Max Carca deve seguire molto più da vicino i gigantisti, rivedendo magari il progetto tecnico, prendendo questo team come riferimento, dal momento che slalomisti e discesisti partono già più avanti. Magari anche chiedendo un parere al Presidente Flavio Roda, che in fondo è stato lo storico allenatore della squadra di gigante e non disdegna ancora oggi di avere un occhio tecnico.

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