Di chi sia figlia (d’arte, ovviamente), quanti infortuni abbia dovuto subire in carriera e quante volte si sia poi prontamente rialzata, beh sono ormai notizie ben note a tutti. Allora andiamo oltre per una volta e cerchiamo di capire qualcosa di più su Tina Weirather, per esempio riguardo al suo amore per l’Italia, per esempio su cosa le manca (poco, ma è quel poco che fa la differenza) per poter vincere la Coppa del Mondo assoluta. Confermate le nostre indiscrezioni sul cambio di skiman, una mossa che magari va proprio letta in questo senso, per aumentare la competitività ancora di più in ottica overall. Le abbiamo rivolto cinque domande, ecco le sue (gentili) risposte. Tina, classe 1989, vanta 6 vittorie (in tre specialità diverse) e 26 podi in Coppa del Mondo, più due ori e tre argenti conquistati ai Mondiali juniores.
Tina, intanto cosa le piace di più dell’Italia?
«Amo alla follia il cibo, ovviamente. Ogni volta che vengo nel vostro Paese per allenamenti o gare, mangio sempre in maniera divina. E non importa dove: può essere a Cortina, in Sudtirol, a La Thuile oppure sul Lago di Garda, dove mi reco nel tempo libero. Il cibo è sempre semplice e buonissimo. In più amo le persone italiane, perché sono veramente passionali. L’esempio di La Thuile è incredibile, è stato uno dei weekend più belli dell’ultima coppa: i tifosi erano tanti, rumorosi e finanche un po’ folli, diciamo il giusto!».
Cosa le manca per vincere la Coppa generale?
«Per conquistare quel trofeo devi essere il migliore al mondo nell’arco di sei mesi e trovare continuità sul podio in almeno tre discipline. Le mie performance quest’anno, 2015-2016, non sono state abbastanza consistenti: ho ottenuto per esempio troppi posizionamenti tra il decimo e il 15esimo posto e ho fatto fatica in discesa per tutto l’anno. Per questo il mio prossimo obiettivo è cercare più piazzamenti possibili sul podio nel 2016-2017, migliorare le performance in discesa e trovare il giusto equilibrio tra attaccare, prendere rischi insomma, e sciare in sicurezza».
Ha iniziato benissimo a Sölden e chiuso in maniera vincente a St. Moritz. Ma come giudica la parte centrale della sua stagione?
«Ho avuto picchi di forma ogni mese: alla fine di dicembre ho chiuso seconda a Lienz e lì credo di aver fatto sinceramente la gara più bella della mia vita tra le porte larghe; a gennaio sono salita sul podio a Cortina e Maribor, in febbraio ho vinto a La Thuile. Quindi la mia sciata è stata spesso buona, quasi tutto l’anno, ma non sempre. E per puntare al grande traguardo bisogna fare bene sempre».
E’ vero che ha cambiato skiman, dallo storico Klaus Huttegger passando a Rudi Berger, ex di Marlies Schild? Può illustrarci le ragioni?
«Sì, è vero. Ho lavorato con Klaus per sei stagioni, tutte fantastiche, per questo dico che è stato triste, da un lato. Dall’altro aggiungo che per me è importante cambiare qualcosa ogni due anni, per avere nuovi input, nuovi stimoli, allargare i propri orizzonti. Rudi è davvero un ottimo serviceman e non vedo l’ora di lavorare con lui e provare qualcosa di diverso».
E’ soddisfatta della sua carriera finora o ha dei rimpianti?
«Uno dei miei principi cardine, che mi ripeto come un mantra, è “nessun rimpianto”. Me lo dico tante volte. Che cosa significa per me? Significa che in ogni passo fatto, sia una gara, un allenamento o una sessione in palestra, do tutta me stessa. Punto. Non sono una macchina, per cui non posso essere perfetta ogni giorno, funziona così. Ma non faccio caso alle difficoltà che devo affrontare ogni volta, perché si può sempre dare il massimo in ogni momento. E può significare magari fare un passo indietro, una volta, oppure qualche altra volta farne due enormi in avanti. L’aspetto più importante è guardarsi indietro ogni giorno e ripetersi “ho dato tutto quello che potevo”. Per questo non ho nessuno rimpianto legato alla mia carriera. Sono orgogliosa di quanto raggiunto finora e ho ancora tantissimi obiettivi da raggiungere e motivazioni alte per cercare di riuscirci».
Grazie, Tina.