Il weekend di gara in California si è rivelato molto interessante. Parto nella mia analisi dalla pista Red Dog, davvero bella, magari non così ripida come ci era stata descritta, ma in ogni caso sicuramente “tosta”. Ecco, il problema di questi tracciati è che a volte sono presentati, come avvenuto anche in questo caso… fuori stagione. Quindi, pista bellissima sì, se sussistono le condizioni ideali. Altrimenti la situazione si complica e alla fine rischia di apparire per quello che non è. Ma ribadisco un concetto già espresso: pendii di questo tipo non possono che far bene all’intero circuito e lo si è visto fin dalle prime battute in gigante. Le due gare hanno messo in mostra il tasso tecnico delle atlete: le ragazze hanno dovuto tirare fuori il meglio del loro repertorio. Allo stesso tempo la Red Dog ha mostrato anche il tanto lavoro che rimane da fare per altre atlete. Ci vogliono gare così, è la Coppa del Mondo, il livello deve essere alto e tutti devono rendersi conto di cosa significhi essere la migliore. Non è una critica generale alle ragazze, assolutamente, è solo una constatazione. L’ultimo weekend di gare ha proprio evidenziato il divario tecnico all’interno del circuito femminile. La conferma di quanto si va dicendo da tanto tempo: se facilitiamo troppo le cose, come si è visto ultimamente in slalom, la differenza si riduce, ma a mio avviso non è la strada giusta da perseguire. Ben vengano piste come Squaw Valley, Kronplatz, Soelden ecc…
GIGANTE – Nell’ultimo weekend Shiffrin mi ha impressionato soprattutto tra le porte larghe. Grande centralità e stabilità, proiezione del corpo sempre avanti, all’attacco fin dall’inizio. Una Mikaela ulteriormente cresciuta tra le porte larghe, a conferma che sarà la donna da battere nel circuito nei prossimi anni. Sempre grande Italia, anche se ancora una volta manca qualcosa per vincere. Federica Brignone nella seconda manche ha tirato fuori tutto quello che aveva: grinta, cuore, classe. I punti di forza di Sofia Goggia invece, sul tipo di neve trovato in California, non vengono esaltati troppo: secondo me ha fatto un po’ fatica a gestire la gara, dava l’impressione di non saper bene se poteva attaccare, inclinare, tagliare… Un punto dove migliorare.
SLALOM – Io sono per tracciati come quelli visti in California! La tendenza a voler facilitare tutto per mettere in difficoltà Shiffrin e ridurre il gap con le altre è servito a poco. Anche perché se c’è mai si è vista una gara in cui Mikaela è sembrata battibile, beh quella è stata proprio a Squaw Valley, con pista e tracciato difficile. Quindi alla fine tutto è molto relativo. Su questo pendio non si poteva bluffare. Mi piacciono le piste di questo tipo e tracciati impegnativi, dalla prima all’ultima porta, proprio come si è visto sulla Red Dog, dove tripla finale e ultima ‘rossa’ rendevano la vita ancora molto dura alle atlete. Bene così, perché ultimamente abbiamo visto troppi slalom che… non erano slalom. Shiffrin ha forse pagato un po’ la stanchezza perché non è stata brillante come altre volte, c’è stato anche qualche arretramento, si è fatta ogni tanto sorprendere. Ma la sua completezza alla fine le ha fatto comunque vincere la gara. Peccato per Holdener, che ha pagato dazio sulla ‘tripla’ finale molto stretta, dove bisognava fare molta attenzione e invece proprio lì s’è fatta “fregare”. Forse sentiva che poteva finalmente battere Shiffrin… Se una piccola critica le si può muovere, sta proprio nel fatto di aver gestito male quella figura finale: è entrata diretta e si è fatta rimbalzare via. Vorrei spendere qualche parola per Strachova, sempre al top. Si mise in luce alla prima gara in Coppa del Mondo, il 15 dicembre 2002, piazzandosi 5a nel famoso slalom KO del Sestriere. Quattro medaglie iridate (una d’oro), una olimpica, un tumore al cervello sconfitto. E’ sempre lì, costante, molto bello da vedere. L’ultimo podio a Squaw Valley mi sembra proprio un inno alla sua carriera.