Un Campionato del Mondo di sci alpino in Austria è sempre un evento speciale: per atmosfera, passione, competenza del pubblico perché no, e tutto sommato organizzazione anche di eventi collaterali, presenza, “calore” degli spettatori. Nulla di tutto ciò è mancato a Saalbach-Hinterglemm, decima manifestazione iridata organizzata nella patria dello sci per eccellenza, 48ª in assoluto. A 34 anni da quella del 1991 che portò in dote due argenti per l’Italia. Qualche polemica tra gli addetti ai lavori e principalmente sui social ha suscitato la pista di velocità femminile, che per altro era ben nota dalle scorse Finali e che oggettivamente presentava ben poche difficoltà tecniche per le atlete. Non a caso il risultato (Johnson oro, mai vincente in Coppa; Puchner argento, Ledecka bronzo) ha premiato le atlete particolarmente scorrevoli, dotate di materiali top e anche brave a cogliere l’occasione. Mondiali e Olimpiadi da sempre, nello sci alpino, si prestano a sorprese o piccole rivoluzioni, perché la gara di un giorno è soggetta a tante variabili, mentre a lungo andare, leggi Coppa del Mondo, i valori emergono. Così è e così sarà.
Il tempo, con il sole spesso splendente, ha aiutato a rendere la prima settimana davvero bella nel complesso. Il bilancio italiano può essere considerato positivo. Un po’ perché raramente l’Italia ai Mondiali di sci ha conquistato due medaglie nelle prime due gare, un po’ perché un oro e un argento sono un bottino apprezzabile. Certo, le aspettative erano comunque più alte per quanto accaduto in discesa libera in Coppa del Mondo con le ragazze, dove, su piste ben diverse e molto più tecniche, le azzurre avevano vinto in tre occasioni su quattro (due con Brignone, una con Goggia), lasciando alla sola Cornelia Hütter il primo urrah a Beaver Creek. Ecco, se si guarda l’andamento del circuito maggiore, allora la prima settimana lascia un po’ l’amaro in bocca per l’Italia, perché era lecito attendersi almeno una medaglia in più. Non però, e questo è il punto, su quella pista da discesa e su quel tracciato, dove la più scorrevole delle azzurre (Nicol Delago) è risultata poi la migliore, ottava. Non è una scusa né un alibi. Solo un dato di fatto. Il dispiacere principale è legato al mancato feeling con la “Ulli Maier” di Sofia Goggia, cui la caduta nella terza prova cronometrata non ha certo giovato. La medaglia iridata in discesa rimane tabù per la bergamasca, come per altro già accadde, in passato, a Isolde Kostner.
L’oro inatteso nel team event (che non è più specialità olimpica), considerato fino a un certo punto, ha quanto meno premiato un gruppo giovane (Vinatzer-Della Vite-Della Mea-Collomb), fatto scoprire anche a chi non segue troppo lo sci le qualità di Giorgia da La Thuile (18 anni) e sfatato un tabù per la nostra Nazione, spesso in grande difficoltà in questa prova che invece alla fine è riuscita anche a vincere dopo il bronzo del 2019. L’argento di Brignone in superG rappresenta un atto di giustizia per chi in carriera ha vinto 11 volte nella specialità, con tanto di “coppetta” nel 2021, eppure mai, tra Mondiali e Olimpiadi, era entrata tra le prime cinque in questa gara, fino a Saalbach. I rimpianti esistono anche per l’uscita di Franzoni nel superG maschile e il quarto posto di Paris in discesa, motivo per cui il bottino azzurro è più che discreto, ma avrebbe potuto essere molto buono.
L’aspetto curioso legato a Paris&Brignone riguarda i piazzamenti tra i primi 10 ai Mondiali. Dominik in sei edizioni, da Schladming 2013 a quella attualmente in corso, si è piazzato 13 volte nella top 10, con la bellezza di tre quarti posti (in combinata a St. Moritz 2017, in discesa a Cortina 2021 e Saalbach 2025) e, a contorno, il quarto posto ai Giochi 2018, sempre in discesa. Brignone tra Garmisch 2011, St. Moritz 2017, Åre 2019, Cortina 2021, Meribel 2023 e Saalbach 2025 vanta 4 medaglie e 14 piazzamenti nelle prime 10 in cinque specialità diverse, tra combinata, parallelo, gigante, discesa e superG! Ha toccato tutte le posizioni possibili tranne il nono posto. Come dire: grande longevità per Domme&Fede, certamente, ma con un pizzico di fortuna in più il bottino avrebbe potuto essere decisamente maggiore in questi anni. Per loro e per l’Italia. E l’oro iridato in discesa libera rimane tabù per gli azzurri da 73 anni (Zeno Colò) e per le azzurre da 93 (Paula Wiesinger).
A Méribel/Courchevel 2023 dopo la prima settimana di gare il bottino italiano recitava due ori (combinata, Brignone; superG, Bassino) a cui poi si sarebbero aggiunti l’argento di Brignone in gigante e il bronzo di Vinatzer in slalom. Replicare l’impresa di due anni fa non sarebbe male, sperando ovviamente di migliorare il metallo nel gigante femminile perché oggettivamente è possibile. L’Italia maschile si affida ora a Luca De Aliprandini e Alex Vinatzer, per un risultato comunque non impossibile.