Tutto da rifare, da ripensare, da riscrivere. Marcel Hirscher, Mikaela Shiffrin, Peter Fill, Sofia Goggia. Ci pensi e rifletti, studi e abbozzi. Invece c’è lui. E balza subito in prima fila. Anche se te lo eri dimenticato, anche se, per il popolo (bue) non è da prima pagina, da titolone. E invece eccolo che arriva sul palcoscenico dell’Atomic Day con disinvoltura e naturalezza. Trentanove primavere, anche se per fisico, determinazione ed entusiasmo sembrano poco più di venti. Quasi quarant’anni e il coraggio di mettersi ancora in gioco e riuscire ad accasarsi con un’altra azienda di sci. Patrick Thaler, Thali, nonno Thali, il nonno di Sarentino. Nuovo innesto in Atomic, un altro anno a lottare in slalom sul ghiaccio in giro per il pianeta, un altro inverno a inseguire una storica qualificazione per le Olimpiadi coreane. Thali è storia. Anche se gli almanacchi, gli annali e le classifiche non lo considerano tale. Certo, podi in Coppa del Mondo e stagioni sempre al vertice lo inseriscono fra i primi della classe dello slalom, ma mai nell’olimpo dei grandi. Almeno fino ad ora. Ma Thali è comuque mito, esempio di perseveranza, di impegno, di professionalità, di passione. Esempio di come, stando a certe regole e metodi, la vita da atleta può essere infinita. L’eta sembra per Thali essere solo un numero. Patrick Thaler è la speranza di quei tanti ragazzi che fuori dal giro azzurro lottano soli per emergere contro un sistema brutale. E’ l’elogio della passione e della dedizione, contro i ciarlatani (e sono tanti nel mondo dello sci) che usano la carta d’indentità come strumento di selezione e valutazione. Poveracci. Thali ha già vinto a priori. Thaler vince sempre. Sappiatelo.
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