Nicol Delago velocista per tradizione

In casa Delago c’è un rapporto particolare con la velocità, come mai?
«Sarà che abbiamo la Saslong davanti a casa! Hanno iniziato i miei zii Oskar e Karla, arrivando sino alla Coppa del Mondo, adesso ci proviamo io e mia sorella. Bisogna mantenere le tradizioni di famiglia».

Hai iniziato prestissimo con tuo papà Norbert,
ti segue ancora in pista?
«Ci tiene tantissimo da sempre, mi ha messo sugli sci quando non avevo ancora tre anni: a casa vado a sciare con lui, è un sostegno fondamentale per me».

Quanto ti allenavi da piccola?
«Non molto, mi divertivo soprattutto a sciare. Poi sono entrata nel Gardena e ho iniziato le prime gare all’ultimo anno Cuccioli. Mi ricordo che partivo sempre tra le ultime. E sempre con lo stesso allenatore, Karl Heinz Goller: anche lui quando ho bisogno di qualche consiglio è presente».
Di chi avevi il poster in camera da piccola? Hai fatto qualche incontro ai piedi della Saslong che ti è rimasto impresso?
«Denise Karbon e Karen Putzer. E mi piaceva molto Janica Kostelic. Beh, da piccola ero sempre a vedere le prove e a caccia di autografi: Innerhofer, Heel…».

Com’è il rapporto con tua sorella Nadia?
«Bellissimo, è fantastico avere una passione comune così intensa. Potersi confortare, sostenere, gioire insieme. Viviamo le stesse emozioni sugli sci, prima, durante e dopo la gara. Insomma ci capiamo al volo. E poi so che c’è sempre, come io per lei. Da due anni siamo un po’ divise, gli impegni della Nazionale sono diversi: io arrivo e lei parte».

Com’è la tua giornata tipo quando sei a casa?
«Diciamo che adesso non c’è più una giornata regolare con l’arrivo di Mika… è un cucciolo di samoiedo: vengo matta e mi fa venir matta».

Ti vedi ancora con le tue amiche di sempre?
«Il gruppo storico è sempre presente quando rientro: cenette, shopping…».

Qualche altra passione, oltre allo sci?
«Sempre sportive: bicicletta, sia su strada che mountain bike. Quest’estate ho fatto il Sellaronda in mountain bike. E mi sono fatta prendere dall’arrampicata».
Studi finiti, adesso fai la sciatrice professionista, hai qualche idea universitaria?
«Dopo la maturità a Ortisei, avrei voluto iscrivermi a Psicologia. Adesso mi concentro sullo sci: mettiamola così, ho rinviato più in là l’iscrizione».

E una curiosità, se non avessi fatto la sciatrice?
«Il medico».

Qual è stato il momento che ti sei detta: ce la posso fare?
«Quando sono entrata in squadra B: era di più di quello che mi sarei immaginata. E poi la prima gara di Coppa del Mondo, da pelle d’oca».

Quello più difficile?
«Ce ne sono tanti, magari piccoli, ma tanti. Ma alla fine si impara sempre qualcosa da un errore: credo che sia fondamentale in queste situazioni avere sempre le persone giuste, in squadra e a casa».

Come ti trovi nello staff azzurro? Con chi ti confronti di più?
«Benissimo, c’è grande armonia tra tecnici e atlete. Mi hanno aiutato molto a entrare nel gruppo. Soprattutto Verena Stuffer che è la mia compagna di stanza».

Guardiamo le ultime gare di Coppa del Mondo di Val d’Isère, quarantesima e poi undicesima: cosa ti sei detta alla fine?
«Nella prima ho voluto strafare, nella seconda ho semplicemente sciato come so sciare: una bella lezione. Cosa mi sono detta? Meglio cambiare in allenamento, se decido di farlo».

Sei brava a organizzarti la valigia?
«Direi di sì, sono piuttosto precisa».

Ti porti qualcosa da casa di cui non puoi fare a meno?
«Ipod: la musica non deve mancare, anche se in viaggio dormo sempre. Che genere di musica? Un po’ di tutto: qualcosa soft quando devo rilassarmi, qualcosa che pompi quando devo caricarmi».

Un pregio e un difetto?
«Il pregio lo lascio dire agli altri, un difetto: testona.
Ma forse qualche volta è anche un pregio».

Il sogno nel cassetto si può dire?
«Arrivati sin qua sognare non costa nulla. Una vittoria in Coppa del Mondo e una medaglia olimpica: perché non crederci?».

Articolo tratto da Race ski magazine 148 di febbraio 2018. Se vuoi acquistare la copia o abbonarti visita il nostro sito.

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