«È questione di un secondo. Forse respiro, forse sono in apnea. Sinceramente non l’ho mai capito. È l’attimo in cui ci sono solo io. Tutto quello che devo fare è tenere la posizione, non lasciarmi vincere da quelle forze pazzesche che mi avvolgono e mi spingono. Tenere le gambe ferme, la testa immobile. Essere più forte. Ed è questa l’unica cosa cui penso. Il resto non esiste più». Se uno s’immagina la botta di adrenalina, le farfalle nello stomaco o il brivido lungo la schiena si sbaglia. Valentina Greggio, la donna più veloce del mondo sugli sci, proiettile ossolano minuto e bellissimo di 28 anni d’età, dice che non è quello ciò che si prova. Lei infila il casco da pilota di caccia, la tuta aerodinamica, gli spoiler dietro i polpacci. E fin qui è ancora umana. Poi scatta il secondo. Quel secondo. E basta questo per trasformarla in un jet. Dall’alto della pista proietta i due metri e mezzo di sci verso il basso, si mette in assetto e semplicemente va. «Non vedi nulla davanti a te, perché alzare lo sguardo significa muoversi. Vedi solo sfilare le linee laterali ed è il tuo unico punto di riferimento. Cerchi di respirare piano e verso il basso per non fare appannare la visiera. E senti le gambe, avverti ogni minima asperità del terreno». Una ventina di secondi al massimo in quella stessa marmorea posizione, un dislivello anche di 500 metri, un chilometro e 200 metri di discesa a capofitto.
Alla fine il paracadute del corpo. La posizione che si allenta. Per Valentina, per questa giovane maestra di sci che è anche una laureata in Scienze motorie, un’insegnante e una preparatrice atletica di giovani sciatori, nonché una sciatrice alpina con un passato da agonista, la parte più bella della vita è dentro qui. In questa parabola velocissima e discendente. E dentro qui, nessuna storia: la regina è solo lei. La chiamano Vale Speed. Perché veloce così nessuna sa volare. Quel giorno di marzo 2016, nel leggendario traccia- to di Vars, senza nemmeno aspettarselo ha firmato la storia dello sci di velocità: 247,083 chilometri orari. La velocità femminile definitiva. Quasi il doppio di un’auto lanciata al limite in autostrada. Due volte e mezzo quei cento all’ora che un tempo sembravano la velocità più folle cui raggiungere la fidanzata. Solo la notte prima Vale aveva sognato il record, ma non l’aveva detto a nessuno. «Quel giorno il mio allenatore non vedeva molte possibilità di fare un gran tempo – racconta – ma io ridevo sotto i baffi. Avevo nella mente il mio sogno. E sapevo che quella poteva diventare una grande giornata». Tuta, casco, spoiler, poi il lancio del missile. «Sono scesa dopo gli uomini, alcuni dei quali avevano segnato il loro nuovo record. Uno era Simone Origone, l’altro suo fratello Ivan. Sembrava quasi che si fossero scordati di me, così ho aspettato qualche attimo che tutti si tranquillizzassero. Poi sono partita. Ed è andata così». Sarà una delle gare che le resteranno più tatuate nella memoria. E non solo per il record. «Solo due giorni prima quella stessa discesa l’avevo vissuta un po’ come un dramma. Le condizioni non erano ottimali e gli sci sbattevano molto. Avevo passato venti secondi eterni, nei quali mi ero sentita letteralmente come in una centrifuga. Un vortice nel quale sai che non devi mollare se non vuoi farti molto, molto male. E invece quel giorno, il 26 marzo del record, ho fatto quasi poca fatica». E il motivo è emerso solo dopo, osservando le moviole. Riassunto in una parola: perfezione. La paura di cadere resta comunque una delle resistenze più umane che la natura opponga a tutto questo.
Ma Vale dice che anche quella si può addomesticare. «Temere lo sbaglio è normale, perché sai perfettamente che cadere non perdona. Quando succede c’è da farsi veramente male, strisci sulla neve e tutto brucia. È come se un fuoco ti avvolgesse completamente. La paura in qualche modo bisogna averla, altrimenti si è dei pazzi. Ma bisogna lavorare per renderla innocua». Ecco perché l’allenamento di Valentina non si ferma alla forza. Alla fisicità. Insiste anche sulla mente, sulla reattività agli stimoli, agli eventi inaspettati. «Quando scendi a quelle velocità non puoi per- metterti di sbagliare. Devi prevenire e non affrontare. Devi saper reagire ancor prima che la sollecitazione ti metta in tensione, perché un secondo dopo è già troppo tardi».
Cuscini propriocettivi, elastici che disturbano, situazioni inaspettate cui opporre resistenza: le invenzioni allenanti del piccolo jet di Verbania e del suo preparatore atletico non si contano. E per lei che da donna si trova ad affrontare un mondo e uno sport così maschile e fisico (con i fratelli valdostani Origone a dettar legge ormai da anni), e dunque deve poter contare su una preparazione assoluta, la tabella di marcia è inarrestabile. «Mi alleno senza soste divincolandomi fra lo sport e il lavoro. Lo sci di velocità non è uno sport olimpico e quindi non può essere considerato professionistico. Ecco perché i corpi militari non sono accessibili – aggiunge – In ogni caso anche da donna vivo benissimo questo ambiente: io non sono fatta per gli sport prettamente femminili. Se non c’è la componente della fatica non mi diverto». E intanto ripensa alle scarpinate in montagna, l’altra sua grande passione, e alla voglia di sentirsi sempre viva: «In genere seguo le mie scalette con precisione. I divertimenti sono calati e con loro gli sgarri di gioventù, ma anche la testa alla fine deve sentirsi appagata», confessa. E quindi ben venga una giornata imprevista, magari proprio fra i monti, anche se i programmi di allenamento non la prevedono.
Tanta passione non è cosa che possa essere costruita a tavolino, ça va sans dire. E infatti non può che essere lo specchio esteriore di un talento naturale. Per Valentina entrare in questo circuito è stato un colpo di fortuna, un caso suggerito dal suo allenatore di sci giusto così, per vedere come sarebbe andata. «E invece fin da subito abbiamo capito che dentro di me c’era un’attitudine vera. Già alla prima gara a Sella Nevea, quando avevo 19 anni, me la sono cavata particolarmente bene. E forse, dato che non sapevo proprio cosa attendermi, quella è stata l’unica volta in cui la discesa si è rivelata una scossa di adrenalina pura». Da allora in poi, prima nel circuito Fis di downhill poi nella categoria Speed One, il top del top, per Vale sono stati solo successi. Coppa del mondo SDH nel 2013, Coppa del mondo S1 nel 2015, 2016, 2017 e 2018. Trentacinque podi con 31 vittorie. Insomma, poco da dire: una fuoriclasse. «Però una cosa un po’ mi spiace. Che quando si pensa al record di chilometro lanciato tutti lo associno immediatamente a Ivan Origone. Certo, lui è un grande campione. Il suo è il tempo assoluto. Ma vi assicuro che es- sere donna e scendere a quasi duecentocinquanta all’ora con gli sci non è cosa da poco. Quindi se vi capita che qualcuno vi parli di primati, non dimenticatevi di me».
Articolo pubblicato su Race ski Magazine 157 di dicembre 2019, a firma di Veronica Balocco.