Classe 1985, ha conquistato tre medaglie olimpiche, l’oro in superG e il bronzo in discesa a Sochi 2014, l’argento in gigante a Vancouver 2010. Nel palmares anche due argenti mondiali. Ha vinto tre volte la Coppa del Mondo di specialità, due in superG e una in discesa. Quarantuno podi in Coppa del Mondo, 19 vittorie. La pista preferita? Beh, quella di casa: a Kvitfjell è stato sei volte, tra discesa e superG, il più veloce di tutti. Come se ce l’avessero nel sangue: i norvegesi sorridono sempre. Sono felici e disponibili. Come Kjetil Jansrud. Lo abbiamo incontrato mentre firmava autografi per Level a Soelden. Ecco cosa ci ha detto tra una domanda e un selfie…
Entriamo subito nel vivo, com’è il nuovo sci da gigante?
«Divertente, soprattutto in allenamento: è simile a quello di un tempo. Ed è stato più facile tornare a far curve in gigante per me che ormai sono un velocista».
Potrai vincere di nuovo vincere in gigante?
«La possibilità c’è, ma è molto difficile. Devo fare tanto lavoro per arrivare a due manche perfette. Gli sci sono più veloci, dipenderà anche dalla pista, dove potrò fare maggiore velocità».
In fondo sei nato come gigantista…
«Sì, è vero, ma rispetto a sei anni fa sono cambiate tante cose».
Quando hai capito che la velocità sarebbe stata la tua strada vincente?
«Tutto rapidamente nel 2012, appunto. Ho provato il superG e ho visto che ero molto performante. Da lì ho continuato sino ad arrivare alla discesa».
Back to the origin. Sei nato a Stavanger, che è sul mare. A che età hai iniziato a sciare? Nella tua famiglia c’erano sciatori?
«Vero, sono un uomo di mare, ma quando ero piccolissimo la mia famiglia si è trasferita a Vinstra, a nord di Lillehammer. Ho iniziato con lo sci di fondo, poi a sette anni sono passato alla discesa. Sciavo perché era naturale sciare, ma i miei genitori erano semplici appassionati, nulla più».
Quando hai capito che lo sci sarebbe potuta essere una professione?
«Direi quando ho fatto il primo podio in Coppa del Mondo a ventitré anni».
Lo sciatore di oggi non è solo sci e curva, ma anche social, fans, media, come vivi questo aspetto?
«È un privilegio che abbiamo. Per me è bellissimo, non mi pesa affatto».
Ti abbiamo visto in molte pubblicità norvegesi, l’ultima con i cani, con tanto di parodia… Sei più famoso tu o Svindal? Scherzi a parte com’è il vostro rapporto?
«Dopo quello che ho fatto con i cani io… Aksel è uno dei miei migliori amici, abbiamo vissuto quindici, sedici anni in squadra. Ho perso il conto di quanti giorni abbiamo passato insieme, senza mai litigare una volta».
Quanto spazio ha lo sci alpino in Norvegia, grazie ai tuoi risultati o a quelli di Svindal o Kristoffersen? Sta un po’ prendendo il posto del fondo?
«No, ci mancherebbe. Il fondo in Norvegia è come il calcio in Italia (lui è tifosissimo del Liverpool, ndr). Resta sempre lo sport più popolare, ma noi ‘alpini’ abbiamo molte più attenzioni rispetto al passato».
Già il fondo, lo pratichi ancora?
«Lo faccio solo in discesa… Per salire prendo la seggiovia».
Sei più in giro per il mondo che a casa, qual è la prima cosa che fai quando torni in Norvegia?
«Mangio norvegese, anche se mi piace la cucina italiana o il cibo americano. Amo molto il mio paese, ma non c’è qualcosa in particolare che mi manca. La Norvegia è internazionale da sempre e noi ci abituiamo facilmente quando viaggiamo in giro per il mondo».
Il modo migliore per rilassarti?
«Giocare a golf, anche se poi con gli amici scatta sempre la gara».
Cosa ne pensi del nostro Paese? Non dirmi il cibo…
«Amo l’Italia. Amo tutto, certo anche il cibo, il vino. Quest’estate sono stato a un matrimonio in Toscana e ho visto anche un’altra Italia, non solo le vostre montagne. Una Nazione con tante differenza che la rendono unica».
Domanda finale, Coppa del Mondo o Giochi Olimpici?
«Facile, entrambe».
Articolo tratto da Race ski magazine 146 di novembre 2017. Se vuoi acquistare la copia o abbonarti visita il nostro sito.