Un quadriennio olimpico senza medaglie per il settore della velocità maschile. Diciamo la verità: qui un po’ di metallo ce lo aspettavamo, a differenza delle discipline tecniche in cui partivamo senza reali ambizioni. Due Mondiali fra Vail e Sankt Moritz e i Giochi Olimpici di PyeongChang, iniziano a essere tanti. Ha ragione Dominik Paris quando al termine della discesa ha affermato: «Con un quarto posto non ci prendo neanche un caffè». I jet azzurri sono stati abbattuti senza pietà nella battaglia coreana da norvegesi, svizzeri e austriaci. E questa è senza dubbio una débâcle totale perché non possiamo accontentarci. Siamo capaci non solo di primeggiare in Coppa del Mondo, ma di essere con regolarità un punto di riferimento: abbiamo vinto tutto. E tutto significa anche tre Coppe del Mondo consecutive (due in discesa e una in combinata) con Peter Fill; Dominik Paris ha centrato successi fra cui classiche come Kitzbuehel e Bormio. Insomma, mica poca roba. E allora cosa succede nei grandi eventi?
Ormai non può essere solo un caso. Soffriamo l’approccio alla manifestazione secca di un solo giorno? La diagnosi è superficiale, non basta e distoglie dai problemi autentici. Non giriamoci intorno: quest’anno la squadra ha avuto un’involuzione tecnica. Quello che preoccupa di più per il suo talento immenso è Dominik Paris: primo a Bormio, a podio a Garmisch, ma senza quella continuità di risultati che invece caratterizza i diretti avversari Svindal, Jansrud, Feuz (e mettiamoci anche il vincitore del superG Mayer). Dominik ha sbagliato in curva, quei pezzi veloci che prima disegnava con maestria. Una stagione costellata da troppi errori, un po’ di insicurezza e una scorrevolezza non più così evidente. Ha rinnovato ancora con Nordica, firmando per altri quattro anni e questa scelta per molti tecnici non è stata azzeccata. Paris è il presente ma è anche il futuro perché sarà su di lui che bisognerà scommettere nel prossimo quadriennio che prevede Mondiali ad Aare e Cortina e Olimpiadi a Pechino. Serve mettere in bolla una volta per tutte il gigante della Val d’Ultimo perché sono troppe le occasioni buttate via. Non per incapacità, ma per essere arrivato appena fuori dal podio. Peter Fill ha sbagliato in superG e in discesa ha chiuso sesto. Anche per lui sbavature ed errori di natura tecnica, ma il capitano azzurro è partito anche in un momento in cui era difficile fare risultato.
«Fill ha pagato il numero di partenza e ha fatto un errore – racconta Alberto Ghidoni – L’Olimpiade è la gara più importante è vero, ma è anche un solo episodio, non siamo contenti ma è sbagliato parlare di sconfitta. Fill fino a prova contraria ha vinto tre Coppe del Mondo, non c’è proprio da buttare via tutto. Paris? Quarto, una distrazione lo ha levato dal podio. Contento no, ma è un errore fare drammi eccessivi». Poi c’è il caso di Christof Innerhofer. Un atleta da tutti acclamato, osannato e incitato. Dopo le Olimpiadi di Sochi, dove si è messo al collo due medaglie, non è più riuscito a lasciare il segno. Sprazzi, pezzi, prove, gare a metà. Da troppo tempo non è più l’Inner che abbiamo conosciuto: in curva non sembra più in grado di fare la differenza come un tempo e poi c’è quella difficoltà a far andare lo sci. Poco scorrevole, spesso sullo spigolo, troppo a incidere. Sembra non avere margine di miglioramento da questo punto di vista. E poi problemi nello staff tecnico? Dopo i Giochi sembrava così, con Fill tuttavia a difendere a spada tratta lo staff.
Abbiamo finora parlato dei tre big, ma guardando indietro le cose non vanno meglio perché l’unico che inizia ad affacciarsi è il friulano Emanuele Buzzi: non così lontano dal vertice ma ancora giovane per fare la differenza in velocità. Gli altri? Arrancano nell’anonimato, almeno per ora. E una Olimpiade così lascia delusione e amaro in bocca, bisogna porre rimedio anche se la ricetta esatta non è facile da avere e la risposta non spetta a noi darla. Una cosa è certa: siamo l’Italia e dobbiamo puntare in alto. Sempre, a maggior ragione se possiamo fare affidamento su un tridente di questo calibro. I Mondiali in Svezia sono fra undici mesi. Le Olimpiadi sono appena finite e il tempo per programmare il futuro è poco.
Articolo tratto da Race ski magazine 149, uscito in edicola nel mese di marzo 2017. Se vuoi acquistare una copia arretrata, visita questo link ACQUISTA COPIA