Infortuni acuti e dolore cronico: le precauzioni del caso

I grandi atleti della Coppa del Mondo hanno già iniziato la stagione, tutti gli altri si apprestano ad affilare le lamine per i primi confronti agonistici. Quante volte parliamo di infortuni e quante volte durante l’estate si parla di ricadute e problemi al legamento crociato anteriore. Il dottor Fabrizio Tencone, traumatologo dello sport di Isokinetic, si sofferma ancora una volta su questo delicato infortunio.

Lo scorso anno abbiamo sviscerato i numeri dell’infortuni al legamento crociato anteriore. Ci sono delle novità in merito?
«A oggi non ci sono informazioni scientifiche diverse, la rottura del LCA rimane uno degli infortuni più gravi e frequenti quando parliamo di sci».

Tanti atleti, anche di alto livello, tornano in pista e poco dopo fanno di nuovo crac. Una situazione inquietante?
«I dati in questo senso sono drammatici, nei ragazzi con meno di vent’anni i numeri sono spaventosi: uno su quattro si rifà male al ginocchio già operato o a quello opposto. Tutti gli sforzi medici e scientifici sono rivolti a diminuire i re-infortuni, dobbiamo cercare di capire perché ci si infortuna di nuovo e come si può prevenire questo aspetto».

Quali possono essere le cause di una ricaduta?
«Possono essere molte, ma di fatto le racchiudiamo in tre grandi capitoli. Il primo riguarda l’età dello sciatore: più è giovane e più alto è il rischio di un nuovo infortunio. È una variabile non modificabile, ma per noi deve rappresentare un segnale di allarme e una maggiore attenzione nel recupero. Poi abbiamo la riabilitazione incompleta e un ritorno sugli sci affrettato, ovvero prima dei cinque mesi dalla ricostruzione del legamento crociato anteriore e senza un adeguato recupero della forza muscolare. La terza causa riguarda tutta una serie di movimenti abituali che sono considerati a rischio: sciata con il ginocchio ‘valgo-dinamico’, rigidità dall’atterraggio dei salti, eccessivi sbilanciamenti antero-posteriori, una scarsa forza a livello di bacino e schiena».

Se l’atleta ha completato il ciclo di riabilitazione e ha rispettato i tempi, a cosa deve fare attenzione?
«A nulla, ma spesso i dati scientifici ci dicono che gli atleti sono rientrati prima, senza completare questa delicata fase. Per questo motivo, il mio consiglio è quello di rispettare tre parametri: completo recupero della forza (coscia uguale all’altra al 100%, ndr), perfette condizioni fisiche di resistenza allo sforzo (fare tanta corsa perché la fatica è nemica dell’infortunio, ndr) e avere già collaudato a secco alcuni movimenti: salti, scatti e cambi di direzione».

Possiamo in qualche modo prevenire gli infortuni?
«In tal senso si può focalizzare l’attenzione sui movimenti sbagliati, correggendoli. Il Test di Analisi del Movimento (MAT), effettuato anche da sciatori di alto livello, permette di individuare alcuni pattern motori a rischio, utili per intervenire all’interno delle tabelle di allenamento».
Alcuni sciatori sono ancora in pista dopo diversi interventi chirurgici, con quali rischi?
«Anche chi ha avuto tante operazioni può tornare in pista ed essere competitivo, ma il rischio di rifarsi male aumenta in modo esponenziale. Chi non si è mai infortunato è esposto meno a questo fattore. Chi si trova spesso fermo ai box ha bisogno di un doppio recupero: medico sportivo e psicologico».

In questo ultimo periodo si parla anche di infiammazioni. Quanto possono essere sottovalutate?
«Spesso questi problemi a tendini, muscoli e cartilagini sono sottovalutati, tanto che da semplici infiammazioni si trasformano in severe, andando a compromettere anche un’intera stagione. Il consiglio più semplice è quello di provare a sopportare un lieve dolore durante l’attività, ma il giorno successivo i fastidi dovranno essere risolti. Se il dolore non sarà recuperato, tenderà ad accumularsi e potrebbe diventare una patologia infiammatoria cronica».

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