C’è un circuito di Coppa del Mondo che si corre in inverno e ci sono le stesse tappe che vengono ripetute qualche mese più tardi, in estate. C’è una Coppa del Mondo visibile in televisione e ce n’è una invisibile che programma e organizza lo spettacolo con mesi di anticipo. Se d’inverno va di scena l’agonismo, l’estate è fatta per ispezionare le piste e incontrare i responsabili dei vari comitati. Non è uno scherzo, la Coppa è doppia per davvero perché tra maggio e la prima settimana di settembre tutte le località passano sotto la lente di ingrandimento della Federazione Internazionale Sci. Un mondo nascosto che lavora per creare appeal televisivo, per portare turismo sulle piste da sci e per garantire spettacolo da una parte e sicurezza dell’altra. Ci sono ispezioni e ispezioni, non tutte sono uguali; dipende cosa c’è sul piatto della discussione oppure che cosa ancora non c’è e va costruito. Saremmo potuti andare a Wengen oppure a Garmisch, ma avremmo visto con ogni probabilità solo pratiche d’ufficio e una riunione: quelle sono gare storiche e con una lunga tradizione; lì si sistemano solo i dettagli. Invece abbiamo scelto Courchevel, dove nel 2023 si svolgeranno i Campionati Mondiali e dove si devono costruire impianti e infrastrutture, ma soprattutto la pista delle gare maschili. Sì, col senno di poi possiamo dire di aver seguito una delle ispezioni più belle e interessanti perché siamo andati a scrutare la base di un progetto immenso, vivendo una giornata tra le idee del comitato organizzatore e le richieste della Fis.
A seconda del tipo di ispezione cambiano anche le persone che intervengono. Di solito, quando una località è in calendario da tempo, vengono coinvolti i direttori di gara principali del settore interessato (Markus Waldner per gli uomini e Atle Skårdal per le donne) e i responsabili delle varie discipline, quindi Hannes Trinkl per la velocità uomini, Jean-Philippe Vuillet per quelle femminili, Emmanuel Couder per le tecniche maschili e Markus Mayr per il gigante e lo slalom femminile. E poi ancora uomini del comitato organizzatore, della sicurezza e il responsabile della produzione televisiva, perché è durante queste riunioni che vengono apportate le modifiche di ogni genere, anche solo il posizionamento di una telecamera da una parte piuttosto che da un’altra. Si analizzano i problemi emersi nella passata edizione, si studiano le riprese, oppure le operazioni di soccorso. Lo possiamo chiamare un debriefing che chiude una stagione e ne riapre un’altra, con l’intento di migliorare, limare errori e le imprecisioni del passato. A Courchevel invece si parla di un progetto ancora embrionale, inutile quindi far intervenire registi e produzione televisiva, meglio chiamare ingegneri, direttore delle piste e personale del comune a stretto colloquio con Markus Waldner, Hannes Trinkl ed Emmanuel Couder.
«È un’ispezione del tutto speciale questa – ha spiegato Markus Waldner – Siamo ancora alla fase iniziale del progetto, le costruzioni delle nuove infrastrutture sono appena iniziate. È però giusto che la Fis segua da subito l’avvio dei lavori perché in questo modo possiamo dare consigli e suggerimenti, oppure possiamo modificare un aspetto, preferendone un’altra». Inutile entrare nel merito su quanti parcheggi nasceranno, sul numero di nuovi impianti e su quanto sarà difficile la pista iridata. È curioso e interessante aver scoperto su che cosa punta la Federazione Internazionale. Pensare che a Zurigo ragionino solo sulla spettacolarità della gara è assai sbagliato, anche l’aspetto turistico non viene sottovalutato, specie se bisogna fare enormi investimenti e costruire una pista metà esistente, metà da ricavare in mezzo al bosco. E così come un mantra Markus Waldner ha ripetuto un concetto chiaro: «La pista che si costruisce non deve bloccare una stazione sciistica intera. Devono essere previste zone di deflusso per il pubblico, così come altre aree in cui poter vedere la gara da bordo pista». Perché il problema non nasce nel fine settimana dell’evento o, in caso di Mondiali, nelle due settimane; le questioni escono sempre a seguire, con polemiche che rischiano di bloccare eventuali altri progetti futuri in cantiere. «Le località che fanno certi investimenti devono effettuare lavori mirati. Nel caso di Courchevel, è vero che si costruisce per i Mondiali, ma è anche vero che quelle piste potranno essere utilizzate in futuro per Coppa del Mondo e altre manifestazioni». E se bloccano la stazione? Passato il grande evento rischia di finire tutto all’aria. E così durante la discesa a piedi da Courchevel 1850 a Courchevel 1300, ci si è soffermati in più di una occasione su zone da adibire al pubblico, alla fan zone, oppure al semplice deflusso degli sciatori. E se è diventato fondamentale avere un occhio di riguardo per chi non fa parte del circuito, è altresì importante dare respiro alla pista di gara. Questo significa che le start area (concordate proprio nell’ispezione) devono essere poste in posizioni idonee per il lancio degli atleti, ma allo stesso tempo in zone dove sia possibile far uscire su tracciati secondari tutti gli addetti ai lavori che ruotano intorno la Coppa del Mondo, ma che durante la gara non devono scendere sul pendio preparato. Un esempio? Le aziende, i service man con i materiali, giornalisti che raggiungono la partenza e tanti altri. «Meglio sempre avere una via di fuga, chiediamo questa possibilità – aggiunge Waldner – Altrimenti rischiamo di avere la pista di gara piena di gente che scende da tutte le parti». I dettagli rendono grande un evento, ma per realizzare ciò è necessaria una pianificazione e soprattutto una condivisione tra Co e Fis, cercando di far combaciare le innumerevoli esigenze.
La sicurezza è sempre un fattore imprescindibile e già in fase di progettazione di una pista bisogna prendere in considerazione delle pendenze e delle compressioni, dei tratti da allargare e dei salti da preparare o lavorare in una certa maniera. E non si perde tempo, da subito si ragiona sugli infortuni e da subito Hannes Trinkl ha provato a disegnare un ipotetico tracciato nella sua testa. Una vera e propria visualizzazione, proprio come gli atleti usano fare poco prima della partenza oppure in altri momenti della giornata, secondo la propria routine. E Trinkl, ex velocista austriaco che ha vinto l’oro in discesa ai Mondiali di Schladming 2001 e conquistato altri 25 podi in Coppa del Mondo, non ha di certo perso l’abitudine. La sua esperienza gli permette di avere già le idee chiare quando ancora la pista non è pronta o addirittura è da realizzare dopo aver disboscato diverse zone.
«Sai, è molto importante avere subito il focus e dare indicazioni agli organizzatori – prosegue il responsabile del circuito maschile – I salti vanno costruiti con particolare attenzione: statistiche ci dicono che l’80% degli infortuni alle ginocchia e alle gambe in generale sono dovuti ad atterraggi assorbiti su una sola gamba. Invece bisogna fare saltare gli atleti e non avere fretta di farli entrare in curva.
Una volta che hanno i due piedi sulla neve, allora possiamo prevedere l’inizio di un nuovo cambio di direzione». Anche l’evacuazione di eventuali feriti va prevista per tempo. E così già in una delle prime ispezioni si cerca di individuare delle aree da adibire a zona di soccorso per l’atterraggio e il decollo degli elicotteri. «Tutte cose che è meglio prevedere già ora, senza dover poi intervenire in un secondo momento».
Piste, sicurezza e spettacolo. Manca ancora la cosa più importante perché senza neve non si fa nulla. Ovviamente si ragiona sugli impianti per la produzione di neve programmata, ma anche qui non basta avere un’asta e un tubo con l’acqua. Per garantire adeguato innevamento, specie se si parte da zero, bisogna orientarsi sulle ultime tecnologie che permettono in caso di emergenza di realizzare una pista in pochissime ore. «Gli esempi a livello mondiale? Sono Val Gardena e Alta Badia – ha detto Emmanuel Couder – Loro sono all’avanguardia e realizzano la pista di gara, secondo le specifiche da noi richieste, in brevissimo tempo».
Sulla posa dell’impianti ci sono altri due aspetti da prendere in considerazione: se la pista è tanto larga è meglio avere aste a destra e a sinistra perché altrimenti i gatti impiegherebbero troppo tempo a spostare e sistemare i mucchi di neve.
Il secondo, riguarda ancora una volta la sicurezza: se i progetti prevedono l’installazione di reti di contenimento all’esterno di un punto delicato, ecco che i cannoni per ovvie ragioni andranno posizionati dal lato opposto. Insomma, tante cose da non sottovalutare, altrettanti dettagli che serviranno a rendere grandi gli eventi.
La Fis ha standard elevati e richiede molto, ma allo stesso tempo non abbandona gli organizzatori: li segue e li sente in modo costante. E soprattutto in estate va in visita in un momento della stagione tranquilla, perché se da una parte bisogna organizzare riunioni operative, dall’altra è necessario creare un team unito e in sintonia, costruendo rapporti che durano nel tempo. «Pubbliche relazioni, passare una giornata insieme, dare consigli e consolidare i rapporti – conclude Waldner – Questo perché poi una volta che siamo in pista, dobbiamo essere una vera squadra, affiatata e tutta sulla stessa linea».
Ecco un altro piccolo segreto. Una giornata per località, una mattinata di lavoro in pista o in ufficio, un pranzo veloce, poi ancora una piccola riunione per tirare le fila e per la valutazione dell’ispezione. Ecco, questi sono i segreti che si nascondono dietro alle due parole ‘semaforo verde’, scritte e sentite in estate e in inverno. Semplicemente per dire: la Fis è stata in pista ed è tutto ok, si può gareggiare. Tutti gli anni è la stessa storia, il giro riparte, un giorno di qua, uno di là. C’è una Coppa del Mondo agonistica in inverno e ce n’è una logistica e organizzativa d’estate. La Fis non si ferma mai.