Che cosa hanno in comune Dominique Gisin, Bjorn Borg, Michael Schumacher, Kjetil André Aamodt, Alberto Tomba, Clément Noël, Henrik Kristoffersen, Deborah Compagnoni e Daniela Ceccarelli? Alcuni il fatto di essere sciatori, altri di essere comunque campioni sportivi, naturalmente. Ma il minimo comune denominatore è che tutti, in un modo o nell’altro, sono passati da un capannone della zona commerciale di Cornuda, nel Trevigiano. Oppure prima da Caerano San Marco dove, a partire dal 1973, c’era la prima sede di Sportmarket. Così, quando entri nei 2.000 metri quadri dell’attuale negozio, potrebbe capitarti di provare l’ultimo modello dello scarpone Hero World Cup e allo stesso tempo parlare della Diadora B.Elite, la mitica scarpa di Bjorn Borg con la suola in gomma. Correva l’anno 1981 e Sergio Gallina, padre di Sportmarket alternava il lavoro di modellista nell’azienda di Caerano San Marco con quello nel negozio di famiglia insieme alla moglie Liliana e al cognato Paolo. E tra le sue creazioni ci fu proprio la B.Elite per il tennista svedese.
«Va bene gli sci, ma per noi le scarpe e gli scarponi hanno un fascino particolare» mi dice Maico Gallina, figlio di Sergio, mentre mi mostra qualche vecchio scarpone da montagna esposto su una mensola accanto alla scala che porta al piano superiore. Scarpe e campioni, visto che nel 1987, all’inaugurazione del nuovo negozio di Caerano, c’era pure un poco conosciuto Alberto Tomba che nel giro di pochi mesi avrebbe cambiato per sempre il mondo dello sci agonistico, insieme a Paoletta Magoni e all’asso dell’arrampicata Manolo. Ma cosa c’entra Michael Schumacher con Cornuda? «Un giorno ho visto entrare in negozio Luca Badoer (pilota e collaudatore originario di Montebelluna, ndr), mi saluta, si sposta e dietro di lui c’era Schumi» dice Maico ricordando quell’incontro. I campioni con Maico hanno un feeling particolare.
Lo capisco mentre con la coda dell’occhio vedo Andrea, suo fratello, come lui e come il fratello più giovane Alberto, maestro di sci, oltre che allenatore. Sta preparando uno scarpone da gara Lange e ha una felpa con scritto Clément Noël supporter. «L’abbiamo fatta noi» dice Maico che Noël l’ha portato da queste parti un paio di anni fa. Come Aamodt, Kristoffersen, Dominique Gisin, Compagnoni e Ceccarelli. E non solo: Jean-Pierre Vidal, Peter Runggaldier, Sabina Panzanini, Giulia Gianesini, Barbara Kleon, Chiara Costazza, Laura Pirovano, Mattia Casse, Anna Veith, Federica Brignone, Kristian Ghedina, Deborah Compagnoni, Denise Karbon, Cristian Deville, Daniela Merighetti, Stefano Gross, Christof Innerhofer. Roba da hall of fame. Ognuno di loro è venuto, anche da lontano, alla premiazione dell’Autodrive Ski Cup, l’intuizione di Maico e di Vittorio Sovilla che ha rivoluzionato il mondo dello sci Senior.
L’anno prossimo si spegneranno le 20 candeline di questo circuito pensato come una piccola Coppa del Mondo per dare soddisfazioni a chi dopo una certa età è rimasto fuori dal giro delle nazionali, con coppe di specialità, anche della velocità, e la novità delle due gare nello stesso giorno, gigante e slalom. Autodrive è strettamente collegata a Sportmarket, si può dire che insieme costituiscano un sistema. La prima non ci sarebbe senza il secondo mentre il negozio ha legato la sua immagine al circuito e non sono pochi gli sci che il nuovo robot Wintersteiger prepara per il circuito, sperando che la stagione possa partire. «Quelli che partecipano alla maggior parte delle gare sono tra i duecento e trecento, ma in totale gli atleti che gravitano attorno all’evento sono un migliaio» dice Maico. Il circuito si chiama Autodrive in omaggio allo storico sci Dynastar. E quello di Maico con Dynastar è un po’ un rapporto speciale. Il primo sci che ha avuto quando gareggiava nel Comitato era proprio della casa di Sallanches e, guarda caso, i due campioni con i quali ha un legame più intenso sono ex della casa di Sallanches, Gisin e Aamodt. E forse è anche per questo che Sportmarket è uno dei quattro Atelier italiani del Gruppo Rossignol, dove è possibile trovare tutta l’attrezzatura agonistica (e non solo) Rossignol, Dynastar e Lange, compresi i tanto agognati attrezzi con la lettera Y, quella della Coppa del Mondo. Proprio all’ingresso degli uffici, su una vetrata che li divide dal negozio, c’è un pettorale in una cornice, con dedica: «È il pettorale della mia ultima gara di Coppa del Mondo, so che lo custodirai con cura, grazie per il sostegno che mi hai sempre dato».
La firma è di Dominique Gisin, campionessa olimpica di discesa a Sochi 2014. «Quella con Dominique è una storia unica. L’anno dopo che è venuta alla premiazione della Autodrive ero in pista a Cortina quando si è infortunata e poi ci siamo incontrati altre volte, anche a casa sua a Engelberg, dove, appena entri, c’è subito la scultura di vetro dell’albero della vita di Marco Varisco che le abbiamo regalato quando è venuta a premiare, messa lì insieme alla medaglia di Sochi. Quell’albero ha un significato particolare, i rami simboleggiano i successi ma anche le difficoltà e le sofferenze di una atleta che ha subìto tanti infortuni e Varisco l’ha fatto anche per Giovanni Paolo II».
Aamodt alle premiazioni c’è stato due volte e mezza. Sì, perché una volta era già all’aeroporto e non ha potuto partire visto che i cieli d’Europa erano bloccati a causa dell’eruzione del vulcano Eyjafjöll, così Maico e il suo staff hanno allestito un collegamento live con l’aeroporto. «La prima volta che è venuto, l’anno del ritiro dalle gare, non ci credeva nessuno che alla fine sarebbe arrivato e abbiamo organizzato un grande evento alla base Nato di Istrana» interviene Maico. Bei ricordi, bagni di folla proprio ora che siamo qui con la mascherina e a distanza di sicurezza. «L’agonismo e lo scialpinismo sono stati la nostra salvezza negli ultimi mesi, ma la situazione è difficilmente sostenibile» aggiunge mentre guardiamo Federico che prepara uno sci sotto la gigantografia di Aamodt, proprio quella utilizzata alla festa alla base di Istrana. Intanto nella saletta accanto, appena oltre le rastrelliere piene degli sci del noleggio, quasi fosse agosto, Andrea sta lavorando su una scarpa da gara. Lo spazio non è troppo grande, ma tutto è ordinato. Su un tavolo c’è un piano e un tablet. È tutto realizzato in Austria, il macchinario e il software. Serve per calcolare alla precisione il canting degli scarponi. Andrea sta lavorando con una lampadina all’interno dello scarpone, un espediente imparato da Stefano Macori, il decano dei boot fitter della casa dell’usignolo. Quella di Andrea per le scarpe è una passione al pari del padre e del fratello.
È riuscito perfino a montare un Lange da Coppa del mondo sul un pattino in linea, con lo chassis in carbonio, realizzato nel Molise, ma di cui Sportmarket ha la commercializzazione in esclusiva. Si chiama Ski Road. «Ne abbiamo fatto uno con il nome di Federica Brignone e uno per il team Vlhova». Naturalmente è più lento di un pattino, ma sull’asfalto ritrovi le sensazioni più simili allo sci e alle pieghe agonistiche; questo Federica e Petra lo sanno. Probabilmente non lo sanno ancora, ma alcuni lo scopriranno, gli atleti del Team Sportmarket, la squadra agonistica griffata dal negozio, o quella di uno dei tanti sci club che si servono qui, dal Drusciè al Nottoli, per fare solo due nomi. Per tutti loro Sportmarket si è sdoppiato. Vittorio Picozzi infatti è l’uomo sul campo, quello che c’è sempre quando serve. Che ha con sé qualche gancio di riserva. Che sa che domani un atleta che gravita attorno al negozio sarà proprio a quella gara, mentre oggi è da un’altra parte. E che avrà bisogno di quell’attrezzo specifico, che gli farà trovare sul posto. Un giorno Maico ha visto una foto della casa di Aamodt con la teca delle Coppe del Mondo. In mezzo a quei trofei ce n’era anche uno a forma di vaso di vetro, inciso. È il trofeo che Marco Varisco ha realizzato per ringraziare il norvegese per la sua presenza alle premiazioni dell’Autodrive Cup. Dopotutto tenere il vaso di Varisco insieme alle coppe più importanti che uno sciatore può vincere è un segno di riconoscenza quanto acquistare e farsi preparare gli scarponi da Sportmarket. È il tributo alla passione smisurata di Maico e del suo staff per lo sci agonistico. Quella passione da cui è nato tutto. E da cui ripartire.