Il caso Magoni, ecco le posizioni delle parti

Cosa ha portato alla separazione fra tecnico e atlete?

A conclusione della vicenda che ha portato al licenziamento di Livio Magoni, tecnico bergamasco ancora con un anno di contratto con la FISI e reduce da due stagioni di lavoro alla guida di slalomiste e gigantiste, riteniamo giusto, per chiarezza nei confronti dei lettori e per evitare incomprensioni con le parti in causa, riassumere la vicenda secondo quanto abbiamo ricostruito. Se poi atlete, tecnico in questione, dirigenti federali o chi per loro, voglio intervenire per chiarire meglio il loro punto di vista sulla vicenda, ben venga. La tribuna è aperta. 

MAGONI – Da una parte ecco un tecnico sicuramente preparato, serio, vincente, come Livio Magoni. Con le sue idee, chiare. Magari anche un carattere spigoloso, a volte duro, non semplice da prendere, ma tipico delle persone con forte personalità. Prima di guidare la squadra femminile italiana nelle discipline tecniche, Livio aveva portato, tra le altre esperienze, al salto di qualità definitivo Tina Maze. Vero che la slovena aveva già vinto gare in Coppa del Mondo e medaglie mondiali e olimpiche (non d’oro), ma sotto la guida del tecnico bergamasco, in tre stagioni, è passata dal terzo, al secondo e poi al primo posto nella classifica generale di Coppa, vincendo in tute le specialità anche nella stessa stagione, con il record di punti (2414), due coppe di specialità in totale, i titoli iridiati in gigante a Garmisch-Partenkirchen 2011 e in superG a Schladming 2013 e molto altro ancora. La sua filosofia di lavoro, che voleva trasferire al gruppo italiano, è chiara: si lavora bene, ma anche tanto, perché solo così si costruiscono grandi risultati. Che per Livio sono soprattutto vittorie e medaglie, ma d’oro. Per Livio il capo fa il capo, non il prete confessionale. Giusto o sbagliato che sia, la pensa così. Il lavoro atletico è fondamentale per lui, bisogna lavorare tanto anche sul rinforzamento muscolare. Non sempre è riuscito a farsi seguire. Quest’estate siamo stati invitati da lui al ritiro atletico di Monte Pojeto, nel quale non tutte le ragazze erano presenti, qualcuna giustificata, altra meno, secondo Magoni. E la cosa si è verificata altre volte, anche durante l’allenamento sugli sci. Questo a Livio proprio non è andato giù. Per lui al raduno ci devono essere tutte, sempre, eccezion fatta per infortuni o recuperi, mentre qualche atleta in alcune circostanze preferisce allenarsi da sola. Livio ritiene necessario monitorare il lavoro, utile anche per cementare il gruppo, pur essendo lo sci uno sport individuale. Ricordiamo che Tina Maze (lungi da noi fare paragoni, solo un esempio per capire la filosofia che sta dietro) è quell’atleta che dopo l’oro mondiale in discesa a Vail 2015, e la conferenza stampa successiva, cui è obbligata a partecipare, va a fare tanti giri in slalom, nonostante la stanchezza, in vista della Combinata, che poi andrà a vincere…. Tutto questo nella stessa giornata, gara, conferenza e poi ancora allenamento. Cosa che facevano storicamente anche i Kostelic e sappiamo quanto hanno vinto. Ecco, questa era l’idea di lavoro che Livio avrebbe voluto portare nel gruppo, ma non sempre e non tutte l’hanno seguito. Non facciamo nomi perché non è importante in questa sede. Secondo Livio, però, lavorando in un altro modo si potranno ottenere magari ancora dei podi, qualche buon piazzamento, ma senza un programma concreto e senza la possibilità di studiare un allenamento serio e continuo negli anni, con un atleta di talento, per puntare all’obiettivo grosso, la Coppa del Mondo generale. E Livio, per sua stessa confessione, ci ha detto che nei prossimi mesi avrebbe voluto lavorare su Marta Bassino esattamente come faceva con Tina Maze: nel tal caso, secondo il tecnico di Selvino, avrebbe potuto anche dominare. Vedremo che cosa succederà con altri allenatori. Ammettiamo che l’idea di vedere Livio Magoni all’opera con le ragazze italiane ci intrigava, perché trattasi di un tecnico che ha toccato con mano il lavoro di un’atleta che vince la Coppa del Mondo, cioè il trofeo più grande e prestigioso che si possa conquistare in questo sport, non riferito a una singola gara, ovviamente. Chiaro che le atlete sono diverse, tra di loro, e i paragoni non sempre possono essere efficaci.

SQUADRA – Dall’altra parte, appunto, ecco una squadra ovviamente con caratteri, stili, età ed esigenze distinte. Non è facile lavorare con ragazze con personalità differenti, bisogna essere soprattutto psicologi. Le accuse mosse a Livio Magoni, per quanto ricostruito, sono state quelle di paragoni continui ed eccessivi con Tina Maze, di una gestione sbagliata dei momenti difficili (nel caso di gare andate male, risultati deludenti, e sono arrivati in alcune tappe), di eccessiva enfasi negativa per risultati che non fossero podi o negli immediati paraggi. Secondo qualche atleta, Livio è un tecnico bravo, ma deve lavorare in un team privato per esprimere al massimo il suo potenziale, e non in una squadra numerosa. Come detto, non sempre tutte le ragazze si sono presentate a raduni organizzati da Magoni e Muzzarelli. A volte per infortuni o riposi accordati, a volte per altri motivi che a Magoni non sono andati giù. Noi non giudichiamo, prendiamo atto. Il gruppo è sicuramente in crescita, ha potenzialità enormi, a livello quantitativo è la squadra più forte al mondo in gigante, ma resta il fatto che l’ultima vittoria italiana in Coppa del Mondo nella disciplina risale al gennaio 2008, Denise Karbon a Ofterschwang. In pista ci vanno le atlete e qualcosa di più in questi due anni era lecito attendersi, almeno una vittoria, perché c’è il potenziale per ottenerla. Vero che nelle ultime due annate, quelle con Livio Magoni, gli ultimi quattro giganti sono stati vinti sempre da una inarrivabile Anna Fenninger. Ma forse nei precedenti quattro, sia nel 2013 che nel 2014, era possibile centrare una vittoria che non è arrivata. Perché, non spetta a noi dirlo e non sapremmo nemmeno dirlo. Ognuno avrà le sue responsabilità. A fine stagione sono state ascoltate le ragazze. Un paio non si trovavano assolutamente con Magoni e praticamente non ci parlavano più (ripetiamo, non facciamo nomi perché non è necessario). Qualcun’altra non ci andava più d’accordo dal punto di vista caratteriale, e non avrebbe cambiato idea, ma non aveva nemmeno problemi a essere allenata ancora da lui. Qualcun’altra ancora ha apprezzato e non poco la gestione tecnica, ma è rimasta delusa dalla gestione dei momenti difficili e dei risultati eventualmente negativi. Più del numero che si possa pensare. Nei giorni successivi all’ultima gara di Coppa sono stati ascoltati i pareri di tutti, non solo delle ragazze, come già dettto, ma anche dei tecnici. Le atlete non hanno il potere di ‘cacciare’ direttamente un allenatore, giusto sottolinearlo, ma è chiaro che la loro opinione, se ascoltata, conta, cioè può portare indirettamente anche al licenziamento di un tecnico. Cosa che è avvenuta, con decisione presa dalla FISI (che da parte sua ha imputato a Livio anche un eccessivo rapporto con i media. Un peccato, perché Magoni non svelava segreti, solo il suo programma di lavoro). Ovvio, con le atlete che hanno avuto un ‘peso’ in tutto ciò, anche se non diretto. Fine. 

 

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