Di Ronco e quel desiderio di non voler mollare

Jacopo non fa più parte del gruppo sportivo della Forestale

E’ sempre stato un tipo un po’ così. Estroverso, vulcanico, estroso. Un tipo ironico e soprattutto autoironico (che è un valore). Un tipo generoso ma testardo, poco riflessivo, ma a volte davvero disarmante per la sua originalità. Un tipo che per certi versi c’entra poco con le sveglie al buio, con le ricognizioni all’alba, con gli inverni gelidi e infiniti, con la vita monacale dello sportivo. Ecco Jacopo Di Ronco, friulano di Paluzza, ventiquattro anni. Jacopo è un forestale, anche se da questa primavera non fa più parte del gruppo sportivo e adesso è impegnato a fare servizio a Sappada. Di Ronco non ha preso bene la decisione dei vertici dei ‘guerrieri verdi’.

JACOPO NON CI STA –  Ecco cosa ci dice: «Purtroppo è così, se un anno non vai, lo sport e soprattutto lo sci in Italia ti castiga subito. Smettere? Non lo so, io ho ancora tanti stimoli e voglio dimostrare a chi ha deciso di lasciarmi a casa che ha sbagliato. Attenzione, di errori ne ho commessi tanti, non voglio passare per presuntuoso, ma credo di avere talento, di avere il ‘piede’, di avere ancora le carte in regola per mettermi in luce. Come fare? Ci sono varie possibilità, come chiedere l’aspettativa alla Forestale un anno e dedicarmi a gare ed allenamenti a fianco di mio cognato che è allenatore, magari sfruttare di più lo Zoncolan come sede di allenamento, cosa che, sbagliando, non ho fatto in passato. E poi ci sarebbe eventualmente la ‘carta’ dello skicross. Vedremo, intanto mi alleno ancora. Tanta palestra, poi golf ed enduro, mie passioni. Ho sempre voglia di allenarmi, è la mia vita».

DIETRO SOLO A HIRSCHER – E pensare che nel 2008 a Formigal in Spagna Jacopo conquistò la medaglia d’argento ai Mondiali Juniores dietro ad un certo Marcel Hirscher, colui che in lungo ed in largo adesso domina a livello mondiale. «Era il mio sogno lo sci, volevo diventare un campione di quel livello. Poi un po’ la testa matta, poi un po’ la mia schiena che tanto mi ha fatto penare, e via via ho iniziato a perdere opportunità importanti. Rimorsi? Si, eccome. Ad esempio, mi avevano convocato per la Coppa del Mondo a Garmisch ed io non me la sentivo per il mal di sciena. Ero sdraiato sul divano dolorante e dissi ai tecnici azzurri di chiamare un altro ragazzo che poteva avere più chance in quel momento, Ho fatto un errore, lo sci non è un gioco di squadra e ogni lasciata è persa. Dovevo forse stare zitto ed imbottirmi di antidolorifici. Alla fine hanno chiamato Sabo Gross, adesso avete visto che fine ha fatto?». 

KRANJSKA GORA – La prima e unica gara di Coppa del Mondo in Slovenia, sul mitico Podkoren di Kranjska Gora. Era il 9 marzo del 2008, pochi giorni dopo l’argento iridato. Jacopo si era presentato in fretta e furia, a dire la verità anche un po’ in ritardo, nella ‘start area’. Non conosceva nessuno, al punto che, ricordo come fosse oggi, mi scambiò per un allenatore. Non era teso, stressato, troppo pensieroso. Partì a tutta, ma a causa di un paio di errori grossolani non si qualificò per la seconda manche. Lunatico, ingestibile, sbadato, ma geniale. Uno così sarebbe stato personaggio per la sua unicità, uno così avrebbe fatto bene allo sci italiano che necessità di campioni fuori dagli schemi. Purtroppo si è perso per strada, ma una speranza ancora forse c’è…Non mollare Jacopo!

 

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