Consapevolezza. E’ quella qualità che ha dentro Sofia Goggia. Che ha sempre avuto, anche quando dominava in lungo e in largo nelle categorie giovanili. Quella consapevolezza di essere fra le più competitive, in almeno tre discipline fra l’altro, di essere convinta che prima o poi la vittoria arriverà. Naturale, simpatica, genuina. Stupisce per come sa gestire premiazioni, cerimoniali, confronto con i giornalisti, rapporti con i tifosi. Si trova a suo agio, vive la finish area, la nobilita, la esalta. Appena taglia il traguardo della Corviglia si rende conto di avere al collo la medaglia. E se la gode. Padrona davvero del parterre. Si inchina. Si leva gli sci. Poi cammina a zonzo avanti e indietro. Alza gli occhi al cielo, cerca i suoi tifosi. Prima di salire sul podio per la premiazione, incontra Flavio Roda. «Mi hai fatto perdere dieci anni di vita», dice il presidente. «D’ora in poi te ne faccio acquistare fidati», ribatte Sofia. Una consapevolezza che non straborda mai in supponenza o arroganza. Sorniona, colpisce per come sembra avere tutto sotto controllo. Dalla gestione della gara a tutto quello che succede dopo. D’altronde una stagione, e non è ancora finita, con dieci podi (nove in Coppa del Mondo) fra cui una medaglia mondiale a St.Moritz, ti plasma, rafforza una personalità che comunque è già da campionessa. Ce l’ha dentro nel dna, nelle corde, quella sicurezza e quella autorevolezza. Sofi, dieci perle (per ora) incastonate in una collana di risultati preziosi: ed è solo all’inizio di una carriera già sfavillante.
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La strada verso la medaglia iridata è passata passa attraverso una Corviglia finalmente al sole, da due manche tiratissime sulle onde grigionesi, da un riscatto che dura in totale due minuti, sei secondi e ventinove centesimi. Che liberazione. Dopo dieci giorni difficili e infiniti, pieni di dubbi, punti di domanda, questioni irrisolte. E che riscatto. Dopo un Mondiale deludente, dopo tre gare contraddistinte da errori, sbavature, rischi. E anche che assoluzione. Per cacciarsi di dosso l’immagine della sconfitta, della debacle, degli zero tituli. Urla Sofia. Un urlo liberatorio. Grande, grandissima Sofi…