GUTEN TAG – Gigante, una nuova filoSOFIA azzurra

Buongiorno da St. Moritz 2017. La festa a Chalet Italia per la medaglia di bronzo conquistata da Sofia Goggia in gigante ha riconciliato tutti e rasserenato l’ambiente. Ci voleva proprio, anche perché una squadra così forte come quella femminile non poteva chiudere senza podi la rassegna iridata, aspettando magari una bella (e difficile) sorpresa dalle slalomiste. Presenti anche Flavio Roda, n.1 FISI, uno scatenato Massimo Rinaldi con i brindisi, il dt Guadagnini, i tecnici Weiss, Liore e tanti altri membri dello staff, poi Chiara Costazza, Irene Curtoni e tutte le gigantiste tranne Marta Bassino, probabilmente già tornata a casa. La 20enne di Borgo San Dalmazzo è stata l’unica a sbagliare veramente gara in entrambe le manche a St. Moritz, pur data in grande forma dagli ultimi allenamenti, ma il futuro è suo.

Goggia e il ds Rinaldi, che brindisi a Chalet Italia (@Pentaphoto)
Goggia e il ds Rinaldi, che brindisi a Chalet Italia (@Pentaphoto)

GIGANTE – Come sembra poter essere azzurro il futuro del gigante femminile. Magari già il presente, direbbe qualcuno, con sette podi in sette gare di coppa, otto su otto stagionali aggiungendoci anche il Mondiale e di fatto lo è. Ma attenzione ai numeri: dal gennaio 2008 al 17 febbraio 2017, cioè negli ultimi nove anni abbondanti, la squadra femminile italiana ha vinto due ‘soli’ slalom giganti di Coppa del Mondo, con Federica Brignone, tra Soelden 2015 e Kronlpatz 2017. Squadra più forte del mondo? A livello numerico sì, oggi, ma adesso bisogna concretizzare il potenziale per vincere di più tra le porte larghe, con atlete del calibro di Brignone, Goggia, Bassino, ma anche le sorelle Curtoni, Marsaglia, Laura Pirovano, Karoline Pichler che tornerà e le giovani classe ’99 o anche 2000 sulla rampa di lancio. Si può fare perché il potenziale è davvero enorme e la squadra giovane. Già, ma come? Il Presidente ha parlato di tutor. Forse è arrivato proprio il momento di far seguire personalmente, con un allenatore dedicato pur all’interno della squadra, i maggiori talenti femminili (scegliete voi chi…), atlete polivalenti e vincenti in pista, come fanno gli Stati Uniti con Vonn e Shiffrin, l’Austria con Veith o le altre Nazioni con veri e proprio team privati sui quali comunque non crediamo granché. Non ci sono i fondi? Si creano invidie in squadra? L’obiettivo deve essere uno solo: vincere. Per farlo, serve utilizzare al meglio il talento a disposizione e non tutti lo hanno in egual misura e soprattutto ottimizzare il lavoro sugli sci. Il Team Polivalenti, la nuova squadra costruita la scorsa estate, ha funzionato risultati alla mano, ma di fatto le azzurre presenti in quella squadra hanno lavorato in sei (Bassino, Brignone, Goggia, Marsaglia, Elena Curtoni, Nadia Fanchini) solo in rarissime occasioni, per il resto si è ricreato di nuovo un gruppo più numeroso davanti ai tracciati di allenamento. E intanto le concorrenti più forti lavorano spesso da sole o quasi, confrontandosi cronometricamente con compagne e avversarie solo più tardi, in estate. Insomma, non è cambiato granché, anche se i risultati ci sono. Ma le vittorie hanno un altro valore rispetto ai podi. Torniamo per un istante al gigante di ieri: serve un ultimo passo verso l’elite, nonostante la concorrenza tremenda di Worley, Shiffrin e delle infortunate Gut e Brem. Perché l’Italia può fare anche meglio: se Federica Brignone scia nella prima manche come nella seconda, sale sul podio assieme a Sofia; Manuela Moelgg, che sta pensando al dà farsi a fine stagione, non può ritirarsi quando è ancora così competitiva; e Marta Bassino ha sbagliato due gare in tutta l’annata, una qui e una a Semmering, errori che non scalfiscono una stagione splendida coronata da due podi e non è finita. Ergo, tutto bellissimo e si può fare anche di più. Attenzione, nessun fraintendimento: la medaglia di bronzo al collo di Sofia ha una valore immenso, per lei, per la squadra, per l’Italia, perché è sempre difficile da conquistare e valorizza quanto fatto in stagione. Semplicemente, il team femminile ha il potenziale per portare persino due atlete contemporaneamente sul podio Magari a Pyeongchang 2018? Per farlo, come direbbe Tina Maze, manca l’ultimo step… E’ organizzativo? O tecnico? Aspettiamo risposte.

Premiazione ufficiale del gigante donne a Kulm Platz: da sinistra Shiffrin, Worley, Goggia (@Pentaphoto)
Premiazione ufficiale del gigante donne a Kulm Platz: da sinistra Shiffrin, Worley, Goggia (@Pentaphoto)

BRIGNONE&GOGGIA – Fine del romanzo? No, ad altre puntate. Che ci saranno. I giornalisti ci sguazzano su queste rivalità, nessuno escluso, inutile nasconderlo. Del resto in passato hanno sempre portato bene alla causa azzurra. Ma quello che importa è spingere al 110% per superarsi in pista e almeno rispettarsi fuori. I complimenti sinceri di Federica a Sofia dopo il gigante, l’onestà di Goggia che conosce l’amarezza del quarto posto per averlo toccato qui a St. Moritz in discesa (e anche a Schladming 2013 in superG, pur con un’altra storia…), lo sfogo di Federica con i Media («Adesso finalmente scriverete della medaglia e non di str….»), la filosofia di “zia” Moelgg (pare le abbia prese in disparte da buon capitana al grido di “adesso basta litigare”), l’abbraccio sincero sul podio che vi mostriamo qua sotto nelle immagini di Eurosport tra le due campionesse, beh chiudono di fatto il capitolo. Almeno a St.Moritz 2017. La rivalità interna è il sale dello sport. A noi sinceramente piace. Va benissimo e fa benissimo, ne siamo convinti da sempre come Mario Cotelli (almeno su questo punto…), ma come ha recentemente ammesso a un quotidiano nazionale Andrea Massi: «In pista ci sta. A tavola serve invece un clima sereno». E ieri c’era, a Chalet Italia. Anche se fosse per salvare le apparenze, va bene così. Amen.

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Sofia Goggia e Federica Brignone a Chalet Italia (@Pentaphoto)
Sofia Goggia e Federica Brignone a Chalet Italia (@Pentaphoto)

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