Gigante Alta Badia, il commento tecnico

In pochi se lo aspettavano oggi, ma ecco la zampata di Max. E che zampata. Dopo un inizio stagione negativo, arriva pronta la riscossa in Alta Badia. Da sempre la Gran Risa si addice agli azzurri, anche se oggi non sembrava la giornata ideale per i nostri. Neve compatta ma non ghiacciata come nelle ultime edizioni. Una prima manche d’altri tempi, disegnata da papà Kostelic, non nuovo a proporre tracciati insoliti ed insidiosi. Forse non si erano mai visti degli “angoli” così marcati qui in Badia. Il miglior tempo di manche lo fa segnare il solito Ted Ligety, in 1’27’’96, oltre dieci secondi  in più rispetto al miglior tempo della seconda prova. Difficilissimo condurre lo sci e disegnare traiettorie redditizie. In molti non sono riusciti a sciare in profondità, tagliando sul palo e conseguentemente finendo la curva in ritardo. Si vede poca velocità e la continuità d’azione diventa cosa per pochi. Max Blardone parte con il numero 19, fuori dal primo gruppo da tempo immemorabile. La pista è già segnata, ma si vedono comunque traiettorie profonde, tempismi ritrovati e la grinta di sempre. Il sesto tempo di manche non è che un assaggio di ciò che si vedrà nella seconda frazione. Ci pensa l’allenatore della squadra francese a riportare la normalità nel tracciato della seconda manche. Davide Simoncelli, 29° e qualificato per il rotto della cuffia, sfrutta la pista al meglio e fa segnare quello che resterà il miglior parziale. Si rivede anche lui ai massimi livelli sulla pista che più di ogni altra gli ha regalato soddisfazioni. Si va più veloci e le traiettorie di Davide sono pulite ed efficaci, anche se non potevano mancare un paio di sterzate di piede a inizio curva, ormai parte integrante della sua tecnica. Il risultato finale è 10° con una rimonta di ben 19 posizioni. Gara quasi parallela per Giovanni Borsotti, bravo, anche lui in rimonta dalla 28^ alla 12^ piazza. Quando parte Max, la pista è già segnata. Le prime porte vengono interpretate con irruenza e in maniera meno fluida rispetto al muro centrale dove costruisce un vero e proprio capolavoro. Sempre a tempo, paziente nell’impostare l’ingresso curva al momento giusto, veloce, centrale e in spinta in uscita. Un ritmo insostenibile per gli altri, mantenuto anche nel tratto finale. Al traguardo si capisce che per coloro che devono ancora scendere, sarà impresa ardua concludere al comando. Infatti non c’è storia. Tutti dietro, compreso il dominatore del gigante Ted Ligety, alla fine quarto. Giù il cappello.

 

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